Francesco Nerli: una amicizia nata tra porti e ferrovie
Il confronto sui temi portuali, il merito di averli imposti all’attenzione nazionale
Pietro Spirito*
Ho conosciuto Francesco Nerli quando eravamo tutti più giovani. Francesco era allora Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, ed io ero dirigente delle Ferrovie dello Stato. La prima volta ci siamo visti per ragionare sulle modalità con le quali raccordare in modo più efficiente il porto con la rete ferroviaria, superando una interferenza con la viabilità cittadina che rendeva più difficile l’utilizzo del trasporto ferroviario merci.
Dopo aver studiato tecnicamente – assieme ai miei collaboratori – la proposta più convincente, ci rivedemmo con Francesco Nerli, che fu soddisfatto della soluzione. Ovviamente ci vollero anni per condurla in porto, ma alla fine questo risultato è stato raggiunto, per la comune testardaggine con la quale ci impegnammo.
Ci piacemmo reciprocamente: un toscanaccio ed un napoletano trovano terreno comune nella lingua pungente e nella franchezza nell’esprimere le proprie convinzioni. Era tifoso della Fiorentina, come io del Napoli: il solco del calcio ci divideva profondamente. Ma altre passioni ci accomunavano al tempo, la mia per le ferrovie, la sua per i porti. Cominciai così ad imparare da Francesco i ragionamenti sulle innovazioni introdotte grazie alla sua legge di riforma dei porti italiani.
Non sempre eravamo d’accordo, ma questo rendeva le nostre discussioni più interessanti, nel reciproco rispetto verso posizioni a volte contrapposte. Sin da allora non mi convinceva l’assetto totalmente pubblicistico della portualità, perché intanto alle ferrovie stavamo sperimentando la forma della società per azioni in mano pubblica, che mi sembrava l’abito giuridico più adatto: ancor di più questa configurazione mi convince oggi, dopo la mia esperienza quadriennale nei porti campani.
Ma torniamo al filo dei ricordi. Ci siamo poi visti diverse volte nel porto di Napoli, dove Francesco era diventato Presidente. Il pretesto era sempre legato a questioni di carattere ferroviario. All’epoca ero amministratore delegato di Serfer, la società del Gruppo Ferrovie che controllava anche Ferport Napoli, soggetto gestore delle manovre nel porto di Napoli.
Si fecero più fitti i nostri dialoghi sulle materie portuali, anche perché intanto ero diventato componente per Ferrovie dello Stato del Comitato portuale nell’Autorità di Genova, sotto la presidenza di quel galantuomo di Giovanni Novi, poi perseguitato ingiustamente come è capitato anche a Francesco Nerli.
Erano anche gli anni della Presidenza di Assoporti, compito che Francesco ha svolto in maniera del tutto egregia, riuscendo a collocare la portualità italiana al centro della discussione nazionale, cosa che poi non si è mai più verificata. In quel ruolo venivano esaltate le sue doti migliori: una grande intelligenza politica accoppiata all’amore viscerale per il mondo del mare, e per la sua comunità di donne e di uomini.
Quando sono diventato Presidente della Adsp del Mar Tirreno Centrale, il mio primo pensiero è stato quello di far tornare a Napoli in una occasione ufficiale ed istituzionale Francesco Nerli. Volevo che avesse una rivincita plateale, evidente, rispetto ad un porto al quale aveva dato tanto, per riceverne, alla fine, un ingiusto calcio negli stinchi. Per questa ragione abbiamo organizzato un dibattito che si è svolto nella Stazione Marittima. Francesco era felice come una Pasqua.
Mi venne a trovare svariate volte, negli anni successivi. In un caso si fermò a dormire da me. Durante la cena il mio bulldog inglese (una femmina di nome Zara) continuava a mordergli le scarpe. E Francesco, con santa pazienza, allargava le labbra per un sorriso ad ogni assalto canino. Era la stessa pazienza con la quale faceva finta di non vedere le persone che facevano di tutto per evitarlo quando veniva a Napoli.
E’ un destino comune alle persone scomode, che lavorano nella convinzione delle proprie opinioni e nel filo conduttore dell’interesse generale. Francesco ha pagato questo suo modo d’essere con il prezzo più alto. Dieci anni d’inferno, di isolamento, di rabbia interiore.
L’ho visto per l’ultima volta nella camera ardente allestita a Roma. Era provato dalla sofferenza, ma aveva mantenuto i suoi tratti distintivi: le sue grandi mani risaltavano nella figura composta. Era assieme a Franco Mariani, l’amico di una vita. Poi è passato a salutarlo anche il Comandante Generale delle Capitanerie, l’Ammiraglio Giovanni Pettorino, che, trattenendosi con la famiglia, ha sottolineato quanto erano stati intensi i contatti istituzionali, in una diversità di opinioni che non ha fatto mai venire meno il rispetto reciproco. Sarebbero state parole che Nerli avrebbe sottoscritto.
Arrivederci, Francesco.
*Presidente AdSP Mar Tirreno Centrale