L’Opinione
Mediterraneo, nuove rotte marittime. Petrolio e Covid-19 cambiano gli equilibri
La portualità va ripensata nell’ottica “6.0”
di Massimo Deandreis*
Nell’ambito del palinsesto della Naples Shipping Week, è stato presentato il Rapporto annuale 2020 “Italian Maritime Economy” di SRM (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo).
La Ricerca, giunta alla settima edizione, contiene analisi e dati relativi al periodo difficile che sta caratterizzando la nostra economia marittima, ormai la sigla Covid-19 è entrata a pieno titolo in tutti i trend, in tutte le statistiche e in tutti i principali fenomeni che stanno verificandosi nel Mediterraneo.
Uno di questi è quello delle trasformazioni delle rotte navali mondiali che si stanno verificando a seguito delle oscillazioni del prezzo del petrolio.
Si pensi che il business dell’energia trasportata via mare è rappresentato da volumi impressionanti: 3,8 miliardi di tonnellate pari a quasi un terzo delle merci trasportate nel mondo. Il 30% di queste transita nel Mediterraneo.
Il Coronavirus sta di fatto cambiando gli equilibri mondiali delle vie del mare: diminuiscono i passaggi per il Canale di Suez e aumentano quelli per il Capo africano di Buona Speranza. Può sembrare poco logico vista la molto maggiore distanza da percorrere, ma questo succede perché, a seguito della diminuzione del prezzo del petrolio le navi hanno comunque un risparmio rispetto al costo del transito di Suez. Un dato su tutti dice che nei primi 5 mesi del 2020 (proprio nel momento del lockdown in Cina ed Europa) il transito delle porta-container attraverso Suez è diminuito del 15%.
Il Mediterraneo sta quindi perdendo la sua centralità sui porti di tutta l’area?
Quello che è certo è che il 2020 ed il 2021 saranno anni difficili per il nostro trasporto via mare per tutti i settori, ma la situazione è destinata ad assestarsi e, seppur non nell’immediato, il Mare Nostrum (con il riprendere dei traffici a regime verso le grandi rotte) avvierà un recupero del traffico “perso”.
Un secondo fenomeno è quello delle blank sailing, vale a dire le navi che avevano la partenza schedulata ma che poi sono state cancellate per mancanza di carichi da movimentare. Anche il Mediterraneo ne ha risentito come tutte le rotte: nel trimestre maggio-luglio 2020 quasi 80 meganavi non sono partite, con ovvie conseguenze sul sistema logistico mondiale.
La riflessione che in questi mesi sta più coinvolgendo gli operatori e gli esperti è quella di un modello logistico che deve cambiare, con le supply chain lunghe che non hanno più gli effetti sperati e quindi con la conseguente necessità di riportare le produzioni in Italia ed in Europa; il discorso è quanto mai complesso perché questo vorrà dire cambiare un sistema che è poggiato su un commercio internazionale mondiale dei container che per i due terzi del totale globale è ancorato saldamente alla Cina.
Il tema che pone il Rapporto di SRM è invece come assumere nuovi comportamenti strategici in relazione a tutto ciò che sta accadendo e non rispondere al singolo fenomeno. Due imperativi su tutti: investire in sostenibilità ed in intermodalità.
Secondo SRM la portualità va ripensata in un’ottica denominata “6.0”. SRM ha definito Porti 6.0 quelle realtà portuali che si caratterizzano per la presenza di alcune direttrici di attività che sono certamente strumentali anche al perseguimento consapevole delle funzioni dei porti moderni e che non possono limitarsi alla massimizzazione dei traffici o al controllo e regolazione dell’esercizio delle attività economiche. Le sei funzioni individuate per identificare un porto 6.0 sono: internazionalizzazione, intermodalità, formazione, innovazione, free zone & marketing territoriale e sostenibilità. Sono funzioni interconnesse e talvolta imprescindibili, ma certo la sostenibilità ne è un imperativo chiave.
Non esiste una descrizione chiara e completa di cosa sia effettivamente un porto verde (cd Green Port). Tuttavia, vi è un’intesa generale sul fatto che una strategia portuale sostenibile o green dovrebbe essere una strategia che soddisfi il futuro sviluppo del porto in armonia con la regione e il sistema naturale. I porti si trovano in una posizione unica e privilegiata nella catena logistica globale per acquisire ed evolvere i loro ruoli, per avviare e consolidare il cambiamento necessario, a loro vantaggio e la prosperità della regione in cui operano.
Sicuramente la pandemia ha fatto sorgere l’esigenza di puntare sulla sostenibilità come “nemica” del virus in quanto se è vero (come è vero) che inquinamento industriale, emissioni di Co2 e ogni forma di danno ambientale favoriscono il nascere di patologie, allora l’imperativo strategico che ci ha voluto trasmettere questo evento è chiaro: investire in logistica ma solo se essa è dotata di parametri sostenibili. Nuove navi ecologiche, nuovi carburanti, utilizzo di energie rinnovabili, stimolo alla nascita di start up marittime che siano rivolte ad analizzare e creare tecnologie sostenibili in ambito portuale, sono solo alcuni spunti da seguire che vanno sommati ad altri.
Molte realtà portuali stanno cercando di stimolare modelli di economia sostenibile e come sempre gli scali del Nord Europa sono in prima fila, ma i porti italiani non stanno a guardare, solo per fare un esempio, lo sviluppo delle autostrade del mare e del ro-ro di per se è una politica verde poiché rivolta e favorire un comparto che toglie veicoli e smog dalla strada (è non è poco); la logistica sostenibile deve diventare un tesoro da sfruttare ma anche una regola da seguire.
Intermodalità è invece una parola che sposa appieno la sostenibilità; il rapporto con il treno (mezzo rapido e sicurissimo) deve essere un altro imperativo strategico da sostenere, cosa che non scopriamo adesso poiché tutti i principali porti mondiali stanno ridefinendo fortemente le strategie in relazione ai rapporti ferro-mare. Anche questo è un aspetto complesso cui il nostro Rapporto ha dato spazio.
Il trasporto marittimo deve così assumere una bandiera che sia blu come il mare perché la blue economy è un driver per lo sviluppo ma a questa occorre il verde se vogliamo che tutto questo sviluppo sia abbinato alla tutela dell’ambiente ed alla crescita economica. In linea con i nuovi cardini delle politiche e delle risorse europee.
*Direttore Generale SRM