Francesco Guido: Mezzogiorno, obiettivo creare una diffusa cultura d’impresa
Il Direttore di Banca Intesa San Paolo “ZES occasione per l’economia meridionale”
di Emilia Leonetti
Il Direttore per il Mezzogiorno di Banca Intesa San Paolo, Francesco Guido, è un banchiere illuminato. L’ho intervistato nella prestigiosa sede dell’ex Banco di Napoli, ora Banca Intesa san Paolo, a via Toledo. Mi ha ricevuto in una saletta attigua al suo studio e durante la nostra conversazione ha affrontato tematiche legate allo sviluppo del Mezzogiorno e al ruolo che una Banca, di respiro internazionale, come Banca Intesa, deve svolgere per favorire, non solo il credito alle imprese, ma essenzialmente la nascita di una nuova classe imprenditoriale di alta qualità e diffusa. Una frase in particolare mi ha colpito: “ Occorre spezzare il circolo vizioso del “fondo perduto” e del “tasso agevolato” che non ha cambiato le sorti del Mezzogiorno come ci saremmo aspettati”.
- Dott. Francesco Guido, partiamo dallo stato di attuazione della ZES campana e dal ruolo di Intesa San Paolo. In un anno, da quando avete presentato, nella sede di Intesa di Napoli, la ZES agli imprenditori campani, dopo le missioni a Los Angeles, a Dubai e a Milano per illustrare agli imprenditori internazionali il nuovo strumento, cosa è accaduto?
“Abbiamo iniziato ad occuparci delle ZES dal novembre del 2017, quando definimmo l’accordo con l’AdSP del Mar Tirreno Centrale. Nell’accordo abbiamo previsto lo stanziamento di 1 miliardo e 500 milioni di euro da destinare a forme di credito per opere infrastrutturali ed a supporto di ipotesi di investimento di imprenditori nelle aree ZES della Campania, di Taranto e Bari. Da quel momento il nostro impegno non ha riguardato solo l’aspetto finanziario, ma si è allargato ad una serie di attività di accompagnamento: dalla promozione della ZES presso investitori del centro-nord Italia e anche internazionali, ad attività legate all’esame dei progetti di investimento considerandoli non solo sotto l’aspetto finanziario, ma integrando anche finanza straordinaria, agevolata, e tutti i supporti non finanziari che possono dar valore all’investimento da realizzare nelle aree ZES.
Significa che, se il progetto, presentato da un’impresa, ha necessità di essere innovato, di consulenza aziendale o di formazione delle risorse umane, Intesa San Paolo è nelle condizioni di supportare l’azienda. E’ un ragionamento vasto: noi abbiamo due “hub” di innovazione, uno a Napoli con l’Università Federico II e uno a Bari con il Politecnico. In due anni abbiamo organizzato l’incontro tra mille aziende, realizzando 35 workshop sui temi dell’intelligenza artificiale, della cyber security, della manifattura additiva, della stampa in 3D. Tutto questo ricade sulla ZES perché un investimento produttivo che voglia qualificarsi in termini competitivi ha bisogno di entrare in contatto con fornitori che dispongono di quelle tecnologie. Noi siamo in grado di mettere in relazione un imprenditore che investe in area ZES e che voglia creare un processo produttivo avanzato con i fornitori della tecnologia stessa. Il nostro è un supporto a 360 che comprende l’innovazione, che tocca anche la consulenza strategica per perfezionare il progetto di investimento e renderlo coerente con gli standard internazionali. Queste attività le abbiamo fatte confluire in un “desk informativo” a disposizione degli investitori”
- Scusi se la interrompo. Ma vi sono attualmente degli imprenditori interessati a investire nell’area ZES della Campania?
“Abbiamo investimenti in portafoglio per 180 milioni di euro. Dobbiamo considerare che la ZES, l’unica approvata, assieme a quella di Gioia Tauro, è quella della Campania: quella di Taranto è stata approvata 20 giorni fa, quella di Bari è alla firma del Presidente del Consiglio. L’iter normativo, però, non è ancora completato. Il Governo ha approvato il “Decreto semplificazione”, la Regione Campania deve completare il provvedimento per l’IRAP e altri provvedimenti per favorire “l’intermodalità”, nel senso di sostenere il trasporto su gomma dal porto di Napoli agli Interporti. I risultati ci sono. Voglio prendere le distanze da un certo pessimismo. Ho fiducia che le ZES possano rappresentare uno stimolo importante allo sviluppo del Mezzogiorno. Perché il 45% del traffico merci via mare transita attraverso i porti del Sud, ed è l’unica percentuale che è superiore alla rappresentatività del Sud riferito alla popolazione che è il 33% dell’intero Paese”
- Il Governatore Vincenzo De Luca ha, in questi giorni, denunciato il rischio fallimento della ZES. “50 milioni stanziati dal Governo per incentivare gli investitori sono pochi. “ E l’ex Ministro della Coesione Territoriali, Carlo Trigilia ha dichiarato “Le ZES, se non sono inserite in una visione di infrastrutturazione economica e civile del territorio, possono diventare l’ennesimo contenitore vuoto”. Come commenta le affermazioni del Governatore della Campania e di un ex Ministro?
“La misura del credito d’imposta è crescente nel corso dei prossimi anni e l’importo complessivo è ben superiore a 50 milioni. Quindi non può rappresentare un limite. Non credo che il Governo, di fronte a domande di investimento che creino occupazione, si sottragga alla possibilità di concedere un credito d’ imposta. Perché si tratta di avere non minori entrate rispetto a quelle esistenti ma rispetto a quelle potenziali, che possono essere ovviamente compensate dall’innesco di un ciclo produttivo e di reddito favorevole. Su quanto affermato da Carlo Trigilia, devo riconoscere che è vero. Preferisco sposare, però, una visione diversa, per cui il Mezzogiorno non deve ripetere l’errore di attendere che le condizioni ottimali si realizzino. E’ la domanda che crea l’offerta, non viceversa. Se abbiamo tante domande d’investimento, vi è la possibilità che l’attenzione al miglioramento delle infrastrutture necessarie aumenti. Il Mezzogiorno ha necessità urgente di far funzionare al meglio tutto ciò che è disponibile, almeno nello stesso tempo in cui evidenzia ciò che manca, anche se è tanto. Certo le infrastrutture sono indispensabili, il credito è utile, ma sono convinto che l’aspetto principale sia il cambiamento della cultura d’impresa. Mi riferisco ad un approccio coraggioso e sistematico da parte degli imprenditori. La Banca lavora essenzialmente sulla creazione di queste premesse. Dobbiamo aumentare il numero di grandi imprenditori e questo è più importante delle infrastrutture e della quantità del credito. Occorre spezzare il circolo vizioso del “fondo perduto” e del “tasso agevolato” che non ha cambiato le sorti del Mezzogiorno come ci saremmo aspettati. Non ha soprattutto creato una classe imprenditoriale di alta qualità, diffusa. Occorre investire nella formazione di tale cultura. In questo la ZES è un’occasione, perché parte con un respiro internazionale e punta sull’export ”
- Quale politica di sostegno alle imprese meridionali, oltre le ZES, intende portare avanti Banca Intesa? Soprattutto avete analizzato i settori su cui si dovrebbe puntare per accrescere la competitività delle regioni meridionali?
“Il Sud ha un tasso di internazionalizzazione del 26% ( import+export sul PIL) contro il 56% del Centro Nord. In questa differenza c’è grande parte della nostra arretratezza. Il futuro è nelle reti di impresa e nei distretti industriali per rendere compatibile la gestione familiare, una peculiarità del Sud, con l’ingrandimento dell’offerta, per aprirsi ai mercati internazionali. La ZES, in questo senso, potrà svolgere un ruolo propulsivo del livello d’ internazionalizzazione della nostra economia.
Venendo alla sua domanda: assieme alle attività legate alle ZES abbiamo avviato un’ attività sistematica di sviluppo dell’innovazione attraverso i due “hub” di cui le parlavo prima e abbiamo creato con l’Università della Calabria una business school per la specializzazione in Master Business Administration, dedicata ai laureati magistrali nei settori dell’agricoltura e del turismo. Abbiamo ottenuto dalle aziende clienti la disponibilità a offrire stages e assunzioni per chi completerà il corso di specializzazione.
In generale pensiamo che i settori economici su cui puntare siano quelli dell’agroalimentare, del turismo che ha ampi margini ancora di crescita (oggi rappresenta il 13% di quello nazionale), dell’aerospazio, dell’automotiv e infine il settore della moda e della meccatronica. Su questi riteniamo si debba partire per sviluppare un percorso di crescita economica. Abbiamo, infine, varato un progetto che si chiama “Impresa 2022” che ha l’obiettivo di focalizzarsi su un singolo settore economico, per individuare quali saranno tra cinque anni le condizioni necessarie per essere competitivi in termini di dimensione di impresa, di internazionalizzazione, tecnologie abilitanti e formazione dei quadri manageriali. Il primo settore su cui stiamo lavorando (SRM) è quello “lattiero-caseario”.
- Come è cambiato nel tempo il rapporto tra un Istituto di credito, come Intesa San Paolo, le imprese del territorio e le Istituzioni?
“ L’anno scorso Intesa San Paolo ha erogato 8 miliardi di credito a famiglie e a imprese del Mezzogiorno. Abbiamo una forte incidenza sul PIL meridionale. Il rapporto quindi è molto forte. Con le ZES è diventato ancora più attivo perché è nata una significativa sinergia con l’AdSP del Mar Tirreno Centrale. Vorrei ricordare che abbiamo accompagnato a Dubai, lo scorso aprile, i Presidenti delle AdSP di Napoli, Bari e Taranto per incontrare rappresentanti degli Emirati Arabi per parlare di investimenti infrastrutturali nei porti e in generale operatori interessati a investire nel Mezzogiorno.Il 28 e 29 ottobre 2019 li accompagneremo a Pechino per incontrare operatori cinesi. “
- Quali sono a suo parere le condizioni per far sì che questo rinnovato sostegno sortisca gli effetti auspicati ( ruolo delle imprese, ruolo delle Istituzioni)?
“Le attività della PA e delle Regioni sono decisive per dare maggior impulso e spessore alle opportunità di sviluppo che si stanno profilando attraverso il massimo snellimento burocratico e attraverso la trasparenza nelle possibilità di investimento per i potenziali investitori. Attuare le ZES significa confrontarsi in un contesto internazionale e la differenza può farla, non tanto la quantità di agevolazioni fiscali, ma la capacità di fornire assistenza e trasparenza a tutti coloro che intendono investire nel Mezzogiorno.“
- Tornando al sistema portuale campano: quali sono i vantaggi dovuti al fatto di essere tra i principali porti del Mediterraneo? Come andrebbero sviluppati per evitare che si trasformino in chances mancate?
“Per sostenere il sistema portuale campano è necessario, a mio parere, che la Regione investa nella creazione di un’ organizzazione adeguata e professionale, in grado di favorire l’ assistenza richiesta da chi intende investire nel nostro territorio. Al Governo, invece, spettano gli investimenti infrastrutturali: la realizzazione di un sistema di trasporto su ferro, come l’alta velocità Napoli- Bari, Napoli-Reggio Calabria, il collegamento su ferro dal porto di Napoli agli Interporti, moderno e in linea con gli standard europei.”