Zona Economica Speciale
La Campania è la prima Regione ad aver ottenuto il via libera all’istituzione delle aree ZES e ad aver formalizzato la costituzione del Comitato di Indirizzo nella pienezza dei suoi componenti.
Le Zone economiche speciali, sono aree portuali, retro portuali o piattaforme logistiche in cui le imprese potranno investire con incentivi fiscali definiti dalla legge (credito di imposta per gli investimenti, semplificazioni amministrative, altri benefici che le singole Regioni intendono definire). Il via libera al decreto attuativo del Governo con il quale viene istituita la ZES campana è stato pubblicato nel mese di maggio del 2018, mentre ad ottobre sono arrivate le indicazioni necessaria da parte del Governo per la costituzione compita del Comitato di Indirizzo.
Il provvedimento prevede la possibilità di istituire le Zes nelle otto Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), da realizzarsi intorno ad aree portuali e interportuali che presentino le caratteristiche di snodi di rilevanza strategica.
La durata di una Zes non potrà essere inferiore a 7 anni e superiore a 14, potrà essere prorogata, fino a un massimo di ulteriori 7 anni, su richiesta delle regioni interessate sulla base dei risultati dei monitoraggi. Nel decreto si legge che la Zes può ricomprendere anche aree della medesima regione non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale e comprendano almeno un’area portuale. C’è anche la possibilità di istituire Zes interregionali, qualora una regione priva di sbocchi portuali sia adiacente a una regione dotata almeno di un’area portuale.
Il Decreto-legge 20 giugno 2017 n. 91 convertito in legge 3 agosto 2017 n. 123 ha previsto all’art. 4 la possibilità di istituire nelle regioni meno sviluppate e in transizione, così come individuate nella normativa europea per le politiche di coesione.
Il governo ha approvato a febbraio 2018 il decreto che stabilisce criteri d modalità per la istituzione delle Zes, mentre a maggio, dopo l’approvazione dei piani di sviluppo strategico da parte delle Regioni Campania e Calabria, sono state istituite le prime due zone economiche speciali.
Ad ottobre 2018 è stato completato il Comitato di indirizzo della Zes campana. Quattro i componenti: il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale Pietro Spirito (che svolge la funzione di Presidente del Comitato di Indirizzo), il Presidente di Confindustria Caserta Luigi Traettino, designato dalla Regione Campania, l’Avv. Roberto Rosiello, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio ed il dott. Domenico Bellobuono, in rappresentanza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Il 28 gennaio 2019 si è insediata a Palazzo Santa Lucia, sede della Regione Campania, la cabina di regia regionale per la Zes Campania, alla presenza del governatore Vincenzo De Luca. Durante il vertice è emersa la volontà da parte dell’amministrazione regionale di abolire l’Irap per almeno 3 anni a vantaggio di chi investirà nella Zes campana e di procede alle incentivazioni fiscali.
Il 29 gennaio 2019 è stato approvato al Senato, in prima lettura, il Decreto legge semplificazioni che, tra l’altro, prevede procedure semplificate che chi investe nelle Zone economiche speciali. Il Dl, infatti, dimezza i termini per il rilascio di licenze, concessioni e permessi per le imprese che operano al loro interno. In particolare vengono ridotti di un terzo i tempi per la valutazione di impatto ambientale e in materia edilizia. Agevolati anche gli interventi di urbanizzazione, mentre vengono istituite specifiche aree doganali in regime di sospensione Iva per le merci.
Il decreto ora passa al vaglio della Camera ed entro il 15 febbraio dovrà essere convertito in legge.
Pietro Spirito: il nostro piano per un porto sostenibile. L’impegno per accelerare sulle opere e non solo.
Dai dragaggi, alla ZES, alle connessioni materiali e immateriali, in attesa della semplificazione amministrativa.
di Emilia Leonetti
La prima intervista del nuovo anno è con il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia. Un appuntamento che si ripete ogni anno, perché è l’occasione per verificare i cambiamenti intervenuti, i risultati raggiunti, gli obiettivi cui si tenderà nell’anno appena iniziato. L’ incontro è nel suo studio al primo piano dell’Autorità, il computer alle spalle, sempre acceso, il telefonino che squilla, le carte sparse sulla scrivania. L’intervista conferma il costante impegno per accelerare sui progetti, sulle opere. La volontà di superare gli ostacoli, prevalentemente di natura burocratica, che spesso rappresentano un freno allo sviluppo del sistema portuale, non solo campano. Non manca, nell’intervista, un forte richiamo alle Istituzioni, perché ognuno faccia la propria parte per ridurre il gap che ci separa dai porti del Nord Europa
1.Vorrei iniziare la nostra intervista partendo da alcune recenti dichiarazioni del Vice Ministro alle infrastrutture, Edoardo Rixi. In particolare mi soffermerei su due aspetti: il tema della trasformazione delle Autorità Portuali in Spa ”Di questa soluzione mi piacerebbe parlarne, tranquillamente e in modo franco, con gli stessi presidenti delle Autorità di Sistema. Ho chiesto loro di far pervenire al Ministero le proprie valutazioni al riguardo. Non è ancora arrivato nulla…».Il secondo passaggio riguarda le AdSP “Restando al presente, sono realtà istituzionali decisamente ingessate nello svolgimento della loro attività. Anche dragare un porto appare impresa estremamente complicata. La nostra priorità resta quindi quella di semplificare finalmente i processi burocratici, non certo di trovare le risorse.”
“Sui due punti espressi dal Vice Ministro ho più volte precisato che innanzitutto è urgente introdurre regole in grado di accelerare l’attuazione degli investimenti previsti. L’attuale legge sugli appalti, ad esempio, è una sorta di corsa ad ostacoli che ci impedisce di operare come sarebbe opportuno nell’interesse del sistema portuale e dello sviluppo dell’economia marittima.
Sull’aspetto giuridico delle AdSP, sono stato molto chiaro, in interventi pubblici. Le strade sono due: trasformazione in Enti Pubblici Economici o in SPA. E’ una scelta decisiva per essere al passo con gli altri scali europei, per assicurare la flessibilità che i veloci cambiamenti del settore marittimo richiedono.”
2.Presidente, venendo all’AdsP del Mar Tirreno Centrale. è soddisfatto del lavoro svolto in questi primi due anni ? Mi riferisco, in particolare, alla progettazione e alla realizzazione di opere infrastrutturali?
“Non sono mai soddisfatto del lavoro svolto, perché tendo ad un continuo miglioramento. Penso che si possa, e si debba, fare sempre meglio. E’ inutile passare il tempo a sbrodolarsi in complimenti su quello che facciamo: è solo il nostro dovere.
So che in questi due anni abbiamo messo in campo progetti significativi per gli scali campani, anche se devo precisare, come dovrebbe essere noto, che il porto di Salerno è entrato nell’AdSP solo un anno fa.
Dobbiamo però ora proseguire in maniera più efficace ed incisiva. E’ il tempo di raccogliere i frutti di quello che abbiamo seminato. Mi riferisco anche alla nostra struttura amministrativa: c’è bisogno di una maggiore consapevolezza del nostro ruolo e della necessità di una costante comunicazione interna tra uffici per risolvere più tempestivamente le difficoltà, o semplicemente per conoscere lo stato delle procedure in corso. Non fa parte del mio modo di intendere il lavoro ritenere che quello che non mi compete debba essere un limite al mio impegno”
3.C’è sicuramente un problema di regole. Lei ha più volte denunciato la lentezza delle procedure, l’eccessiva complessità dei passaggi necessari per arrivare alle gare, per non parlare dei ricorsi successivi che spesso bloccano i lavori. Nonostante tutto Lei è animato da una ferma volontà e una forte determinazione. E’ sufficiente?
“Le regole, fin quando ci sono, vanno rispettate. Detto questo, ribadisco che molte di quelle attualmente in vigore sono un freno allo sviluppo. Certo, provo a vincere la lentezza dettata dai lacci e lacciuoli esistenti, ma per raggiungere il risultato la volontà da sola non è sufficiente. I compiti devono essere svolti da più attori per ottenere la realizzazione di nuove infrastrutture, o di nuovi e migliori servizi. Le faccio un esempio: l’attuale codice degli appalti prevede che, se in una gara un concorrente sbaglia a presentare la documentazione richiesta dal bando, interviene il “soccorso istruttorio”. In pratica, si concedono altri quindici giorni per correggere gli errori. Per quale motivo? A cosa serve ?”
4.Di recente Ennio Cascetta ha affermato che il sistema portuale per funzionare non può prescindere da una reale condivisione di strategie e obbiettivi. L’Organismo di Partenariato, introdotto dalla vigente riforma dei porti e il più ristretto, ma sicuramente più agile, Comitato di Gestione assicurano quella condivisione cui ho fatto riferimento?
“Ennio Cascetta faceva certamente riferimento alla Conferenza Nazionale dei Presidenti delle AdSP, un organismo che ha il compito di definire la strategia complessiva della portualità nazionale. Avere una visione di sviluppo del sistema portuale, che poi le singole AdSP devono declinare nei propri territori, definendo le azioni necessarie per dare corpo a quella visione.
A livello locale il ruolo dell’Organismo di Partenariato è quello di coinvolgere tutti gli operatori nei processi decisionali dell’AdSP. Il punto è che, mentre all’inizio la partecipazione è stata ampia, ed anzi esisteva la rincorsa a richiedere la partecipazione da parte di soggetti inizialmente non compresi nell’organismo, via via si è ridotto il numero dei partecipanti. Lo ritengo un errore perché, pur avendo un ruolo consultivo, il tavolo di partenariato può incidere sulle scelte e -soprattutto – può contribuire a rendere migliori le nostre decisioni. Sul Comitato di Gestione non posso che confermare la positività della legge di riforma dei porti del 2016. Aver ridotto il numero dei membri del Comitato ha reso finalmente agili e costruttivi i lavori.”
5. L’Ambasciatore italiano a Singapore, Raffaele Langella, che lei ha incontrato di recente, ha affermato che “per lo sviluppo del nostri scali, non basta la posizione favorevole, occorrono infrastrutture all’avanguardia e servizi al livello con i nostri principali concorrenti mondiali.” E’ d’accordo? Soprattutto, cosa ritiene che il Governo, Assoporti, dovrebbero mettere in campo per ridurre la distanza dai più moderni porti del Nord Europa, per non parlare ovviamente di quelli asiatici?
“Trovo sbagliato addossare ad altri responsabilità che fanno capo a chi guida le Autorità Portuali. Esiste un vezzo, tutto italiano, di giocare allo scaricabarile, sempre e comunque. Noi dobbiamo fare la nostra parte, ed attuare gli investimenti previsti e finanziati, nonostante le mille peripezie che siamo chiamati a superare. Ciò che dobbiamo chiedere con forza al Governo è l’approvazione di norme per la semplificazione delle procedure. Come le dicevo prima, è urgente innanzitutto la rivisitazione del codice sugli appalti. Ed è indispensabile approvare le norme per la semplificazione amministrativa per le aree ZES.”
6.Una delle principali novità di queste ultime settimane è il protocollo siglato con Enel e Caremar per realizzare un impianto di alimentazione elettrica dei traghetti in banchina. Possiamo affermare che siamo il primo porto “green” del Paese? Sul fronte della sostenibilità ambientale noi abbiamo avviato la procedura per la costruzione di un impianto GNL nel porto di Napoli? A che punto è ?
“Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale del sistema portuale campano, abbiamo in corso per lo scalo partenopeo tre progetti: un piano per l’ efficientamento energetico, che è attualmente in fase di prossima gara, e che prevede l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti e l’illuminazione al led negli spazi comuni; grazie al protocollo cui faceva cenno, sarà realizzato entro l’estate del 2019 a Calata Porta Massa un impianto per l’alimentazione elettrica di quattro traghetti Caremar in banchina; per il GNL abbiamo concluso lo studio di fattibilità curata dall’Università Vanvitelli, a seguito di un protocollo siglato un anno e mezzo fa, e siamo in attesa che le aziende interessate presentino ai Ministeri dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture la richiesta di autorizzazione per costruire un deposito GNL nell’area orientale (alla Darsena Petroli).”
7.Una delle parole chiave della riforma del sistema portuale italiano è “intermodalità” Chiama in causa due segmenti indispensabili per dare consistenza alla parola: interscambio tra i nodi del trasporto mare-gomma-ferro e connessione agli Interporti di Nola e Marcianise. A che punto è l’accordo con RFI per costruire nell’area orientale dello scalo partenopeo il nuovo raccordo ferroviario di 750 m. di binari?
“Il mio impegno da due anni a questa parte è riuscire a dotare il porto di Napoli di un raccordo ferroviario competitivo con la “gomma”. Sino a quando trasportare i container su camion sarà estremamente più economico che non utilizzando il trasporto ferroviario, non troveremo nessun operatore disposto ad utilizzare il collegamento nave- ferro. Per questa ragione abbiamo stipulato un accordo con RFI per predisporre lo studio di fattibilità che sarà pronto tra qualche settimana, e che prevede di realizzare binari da 750 metri nell’area orientale (nei pressi della zona ex Corradini). Accanto a questo progetto di medio periodo, abbiamo chiesto alla Regione Campania di prevedere il ferro-bonus regionale, con uno stanziamento di circa due milioni di euro su base annua per sostenere il trasferimento della merce dal porto agli Interporti via ferrovia, utilizzando l’attuale tratta “Napoli-Traccia”, oggi diseconomica per due ragioni: perché i binari corti costringono ad una costosa operazione di doppia manovra, e perché si può percorrere solo in fascia notturna. Siamo ovviamente in attesa di una risposta.”
8.Il progetto della compagnia MSC di effettuare servizi intermodali tra lo scalo e gli interporti è in fase di attuazione?
“No, dipende dall’attivazione del ferro-bonus regionale. A condizioni date della rete ferroviaria, serve un sostegno addizionale della Regione, altrimenti non si determinano condizioni di vantaggio competitivo”.
9.Per la ZES Campania, alla cui costituzione ha contribuito in maniera determinante, siamo ancora in attesa dei decreti governativi per le semplificazioni amministrative (il Comitato di Indirizzo è operativo). Nel frattempo ha incontrato imprenditori campani, del Nord Italia e anche americani durante una sua missione di lavoro a Los Angeles. Qual è la situazione? C’è interesse? Da parte di quali imprese?
“L’interesse c’è. L’ho riscontrato in tutti gli incontri che ho tenuto, ed a cui Lei faceva riferimento. La ZES funziona, però, se – oltre agli incentivi economici ( credito d’imposta, riduzione IRAP…) – sono disponibili ed operative procedure che semplificano e velocizzano le decisioni per chi intende intraprendere un’attività nell’area ZES della Campania. Nell’attuale DL collegato alla finanziaria non è per ora previsto nulla sul tema. Stiamo insistendo perché vengano introdotte norme sulle ZES che tendano a semplificare un impalcato normativo barocco, spesso neanche difficilmente spiegabile.
Noi comunque pubblicheremo a fine gennaio una “call” per chi è interessato a investire nella ZES campana. Nel frattempo ci auguriamo che il Governo provveda alla integrazione necessaria, inserendo nel DL collegato alla finanziaria una norma sulla semplificazione amministrativa. Lo stesso si auguriamo che faccia la Regione, con la norma sulla riduzione dell’Irap e con un incentivo alla intermodalita’ per favorire il ricorso anche ai collegamenti ferroviari tra porto ed Interporti della Campania”.
10.Veniamo, infine, ai porti di Salerno e di Castellammare. Per il primo gli interventi che potenzieranno lo scalo sono il progetto Porta Ovest e il dragaggio. Per il secondo l’ultima novità riguarda Fincantieri, con il nuovo piano industriale che prevede di eliminare l’attuale sistema di varo con scivolo con una piattaforma e, per quanto riguarda il rapporto con il Comune, ritorna l’idea della piazza a mare. Cosa pensa si possa realmente realizzare nei prossimi due anni?
“Per il dragaggio nel porto di Salerno, siamo ormai certi che potrà essere completato tra la fine del 2020 e la primavera del 2021. Sono state ottenute tutte le autorizzazioni necessarie ed abbiamo pubblicato la gara. Per Porta Ovest potremo completare l’opera entro la fine del 2022. Si tratta, è bene ricordarlo, di un’opera complessa, aggravata dalle note vicende fallimentari, procedurali e giudiziarie. Quello che posso affermare è che da parte nostra c’è l’impegno costante per raggiungere il risultato in tempi più stretti possibili. Per Fincantieri si è imboccata la strada giusta. Con il nuovo piano industriale che prevede a Castellammare l’eliminazione dell’attuale scivolo di varo con la costruzione di una nuova piattaforma si incrementerà del 40% la quantità di parti di navi in produzione.
Sulla piazza a mare, e sulla riqualificazione della zona occidentale del porto di Castellammare, molto dipenderà dalla Sovrintendenza, e dalla volontà/possibilità di rimuovere strutture ormai obsolete e inutilizzabili.
Come si può vedere il fronte di azione per la nostra istituzione è di ampio respiro, e su versanti diversi. Tutti i dipendenti dell’Autorità ed il Comitato di Gestione, ne sono certo, continueranno ad esprimere un impegno all’altezza della sfida.”
COMUNICATO STAMPA
Completato il Comitato di Indirizzo della ZES Campania
Con le nomine dell’Avv. Roberto Rosiello e del dott. Domenico Bellobuono, rispettivamente in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, si è completata la formazione del Comitato di Indirizzo della ZES Campania.
Il Presidente Pietro Spirito, congiuntamente al Delegato della Regione Campania, Gianluigi Traettino, ringrazia il Governo per la sensibilità dimostrata nel perfezionamento della governance per la zona economica speciale che comprende i porti di Napoli, Castellamare e Salerno, con un modello di ZES a rete che coinvolge oltre 5.100 ettari di territorio regionale.
“Resta ora da emanare il dpcm sulla semplificazione amministrativa, che costituisce fattore strategico essenziale per il completamento del pacchetto localizzativo della ZES”, ha sottolineato Pietro Spirito, che ha aggiunto: “Sarà fondamentale prevedere la nascita di zone doganali intercluse nei porti meridionali. Tale strumento consentirà di stoccare le merci in regime di sospensione d’IVA, assicurando alle aziende un vantaggio localizzativo di natura logistica davvero rilevante per le attività di import e di export”.
cs del 28-9-2018
Le Zone Economiche Speciali sono per la Campania un’occasione da non perdere, non solo dal punto di vista economico.
È inutile elencare le debolezze antiche che paga il nostro territorio.
Su un dato però, in qualità di rappresentante della giunta regionale della Campania nel Comitato di indirizzo della ZES, vorrei soffermarmi: è il punteggio che la Commissione Europea assegna alla dotazione infrastrutturale di ciascuna regione europea. Esso va da 0 (carenza assoluta) a 100 (livelli di eccellenza) e il punteggio delle nostre regioni meridionali è mediamente inferiore a 24. Le cause di questo risultato sono molteplici, e non sempre dipendono soltanto dalla riduzione degli investimenti.
Processi decisionali farraginosi e regole spesso solo formali, generano oneri impropri che favoriscono le contrapposizioni e la polverizzazione delle competenze e delle responsabilità. Una recente ricerca del Dipartimento per le politiche dello sviluppo ha rivelato che il 42% dei ritardi di consegna delle opere sono dovuti ai «tempi di attraversamento», forma diplomatica per intendere i tempi morti di ordinaria burocrazia (i passaggi da una fase all’altra, da un ufficio all’altro). Percentuale che sale al 60% se si considera la fase che va dalla progettazione all’affidamento dei lavori.
E il dato paradossale è che questo sistema bizantino di garanzia genera l’effetto opposto: Bankitalia, in un’analisi recente, ha rivelato che alla minore qualificazione degli enti appaltanti corrisponde una più bassa produttività delle imprese che si aggiudicano i lavori. In sintesi le aziende meno capaci si muovono agilmente tra le pieghe dell’inefficienza amministrativa.
In questo scenario le Zone Economiche Speciali rappresentano un’opportunità irripetibile: le ZES hanno come obiettivo quello di attrarre investimenti non solo grazie ai crediti d’imposta ma soprattutto ai tempi più snelli per autorizzazioni e procedure.
Con una sburocratizzazione dei processi riusciremo a ridurre sensibilmente i tempi di realizzazione degli investimenti che decidiamo di fare. Perché il tempo, ed è questo il dato culturale che dobbiamo acquisire, è una risorsa fondamentale in un mercato globale che viaggia a una velocità mai vista.
Le Zone Economiche Speciali rappresentano dunque un’occasione di sviluppo economico e culturale senza eguali, e le scelte politiche degli organismi regionali vanno in questa direzione.
*Presidente Confindustria Caserta
La Zona Economica Speciale della Campania: più esportazione, occupazione e innovazione
Di Ennio Forte
Oltre al titolo, le parole chiave delle ZES da attivare sono anche semplificazione e globalizzazione per la ripresa dell’economia del Mezzogiorno attraverso nuovi investimenti attratti dalle ZES come calamite. Nel quadro dell’economia globale assistiamo da un lato al neoprotezionismo USA attraverso l’aumento dei dazi su semilavorati e prodotti di acciaio e alluminio volti a frenare le importazioni dalla Cina, dall’altro ad una risposta delle economie orientali, guidate dalla Cina, basate sulla realizzazione congiunta di investimenti infrastrutturali e industriali per potenziare le esportazioni delle produzioni di massa orientali, oltre a materie prime da reperire alle fonti potenziando le connessioni ferroviarie ai porti, tramite il potenziamento delle reti logistiche che hanno nei porti il vero snodo strategico. E’ infatti proprio l’economia del mare, per i tipici vantaggi di scala, a dettare l’architettura delle filiere industriali sempre più frazionate nell’acquisizione degli input, che danno luogo a reti-valore logistico dove gli input vengono assemblati e/ finissati in processi in continua evoluzione. Il ruolo delle economie orientali è quindi di fornitura di input intermedi per realizzare prodotti finiti, o ancora intermedi ma di livello superiore, fino ai prodotti finiti. In tale gioco a cascata, nelle free zone l’esperienza insegna che è la lavorazione a valore aggiunto (added value)a imporre economie industriali di quasi manufacturing azzerando il vecchio modello della grande industria a concentrazione totale (Ford e Fiat ad esempio) e modelli di industrializzazione primaria. In tale scenario l’abbinamento tra investimenti in reti di trasporto e nodi logistici detta la tabella di marcia. Oltre al tasso di cambio, ai dazi, alla liberalizzazione dei commerci, ecc., è allora la minore incidenza dei costi logistici a determinare le scelte degli investitori. Da un lato esportazioni di massa dall’oriente verso l’occidente, dall’altro le esportazioni di beni tecnologici e di maggiore qualità dall’occidente verso l’oriente. In tale ottica di economia globale il pianeta ha raggiunto traguardi assolutamente impensabili prima, e in così poco tempo, dove il costo del lavoro e il numero di occupati, grazie ai flussi export, hanno avvicinato diverse culture ed economie reali in un benessere diffuso proprio per le migliaia di free zone presenti in tutto il mondo che costituiscono motori dello sviluppo per i tanti paesi entrati in rete. La progettazione e realizzazione delle diverse “vie della seta” puntano al consolidamento delle economie orientali ma anche al potenziamento, ad es., delle ferrovie africane per la migliore connessione delle fonti di materie prime ed energetiche ai porti e l’economia del mare di interesse per l’economia cinese. In definitiva, è il valore logistico a determinare le scelte degli investitori, valore determinato dalle attrazioni in termini di esistenza di filiere di eccellenza, dei vantaggi di costo del lavoro e di insediamento ma, soprattutto, la presenza di attività logistiche a valore, o di magazzino, per le forniture alla grande distribuzione organizzata (GDO) e per il commercio elettronico in forte espansione. I distripark, poli, distretti o parchi logistici, nati in Olanda ma poi presenti in tutto il mondo, vedono nei retro porti, nel senso geografico della prossimità ai porti, una costante presenza di attività di quasi manufacturing , unitamente ad un diverso ruolo degli interporti e delle esistenti aree ASI dove la ZES Campania propone una ripartenza delle attività industriali, dando a ben vedere minore rilievo alle attività a valore logistico piuttosto che a modelli di sviluppo industriale che mostrano nell’attuale fase dell’economia globale minore attrattiva. Naturalmente bisogna essere vigili sulle eventuali “trappole” delle presunte crescite occupazionali (ad esempio i pomodori cinesi o il latte in polvere di bufala indiano nei flussi import che potrebbero danneggiare le nostre storiche eccellenze in tutto il mondo e fiore all’occhiello dei flussi export regionali). Dalle vie cinesi della seta il Mezzogiorno subisce una sorta di accerchiamento dovuto anche al nuovo ruolo dei porti del nord Italia (porti degli archi nord Adriatico e Tirreno) a discapito della portualità meridionale che mostra crisi nella chiusura di Taranto e cali di traffico a Gioia Tauro, ma nuovi successi nei flussi dei rotabili e dei container nei porti di rilevanza regionale gateway). Con l’approvazione del Piano di sviluppo strategico della ZES, arriva uno strumento di sviluppo economico che la Campania e il Mezzogiorno aspettavano da tempo. Finalmente, infatti, si prevedono interventi sui sistemi locali produttivi che tengano conto delle dinamiche globali dell’economia e delle opportunità di crescita derivanti dalla liberalizzazione dei commerci e dall’apertura dei mercati internazionali che hanno visto la partecipazione di “nuovi entranti” nel WTO ed il rafforzamento di paesi che hanno investito nella logistica, in primis la Germania, ma anche l’Italia che orienta le politiche di sviluppo regionale alla globalizzazione dei mercati ed alla attrazione di investimenti basate su opportunità localizzative derivanti da prossimità industriali generate dalle reti di trasporto locali e globali e soprattutto dalle vie del mare. Da qui il ruolo centrale dei porti di Napoli e Salerno e dell’AdS Autorità di Sistema) del Tirreno centrale nelle rinnovate funzioni strategiche, sue per legge. Nel caso delle ZES, come definite dal Legislatore, a differenza di altre esperienze (Polonia), l’innovazione coniuga l’attivazione di aree con funzione di insediamento produttivo agevolato e di vantaggio, che offrono “pacchetti” di incentivi, agevolazioni e semplificazioni amministrative alle imprese con attività presenti nelle cosiddette export processing zone che agevolano l’ esportazione e la ri-esportazione di beni che, in quanto lavorati in loco (container aperti), acquisiscono valore aggiunto in relazione alle attività di trasporto e logistica, che potranno a loro volta attivare altrettante relazioni con la logistica multimodale (air-cargo, intermodalità ferroviaria, interporti gomma-ferro, combinato strada-mare). Tali ultime funzioni sono presenti nei grandi HUB del Nord Europa, dell’Asia e delle Americhe incluse nelle “zone di libero scambio” (free trade zone), che offrono esenzioni parziali o totali sui dazi, all’import o all’export, principalmente per beni che vengono riesportati dopo aver subito lavorazioni intermedie e/o finali in loco. In tali aree non si svolgono attività di “semplice” movimentazione e magazzino merci, ma piuttosto attività logistiche avanzate che si associano al trasporto o al trasbordo di merci all’interno delle “catene globali del valore”, spesso in processi produttivi integrati multi-impresa e multi-ubicazione connessi virtualmente a sistemi web (Industria 4.0) e, fisicamente, a sistemi logistici multimodali innovativi. D’altro canto, gli stessi porti rappresentano i principali snodi di accesso alle reti globali di interscambio commerciale, superando il concetto di semplice transito in rete ma assumendo quello fondamentale di luogo customer-friedly cioè di localizzazione di imprese e facilitazioni di scambi volti sia alla riduzione dei costi di transazione, (es.trasporti e logistiche) ma ancora di più alla creazione di valore. A tal fine, anche nel Mezzogiorno, le “nuove” Autorità portuali, attraverso le ZES, come già visto in esperienze internazionali, potranno contribuire alla migliore integrazione delle supply-chain adottando politiche volte ad espandere il bacino di influenza economica ed estendere la gamma dei servizi offerti consentendo alle imprese più innovative di insediarsi profittevolmente. La recente integrazione della governance dei porti regionali induce verso la specializzazione dei servizi offerti dalle infrastrutture per un migliore livello di servizio, dal punto di vista economico e ambientale, a supporto di un bacino industriale e distributivo che, grazie agli incentivi ZES, potrà ricevere una forte spinta all’internazionalizzazione e innovazione. Gli investimenti aggiuntivi sono certamente attesi nei settori caratterizzati dalle eccellenze presenti nelle filiere definite “4A+Pharma” (Aerospazio, Automotive, Alimentare, Abbigliamento, Farmaceutico), che generano oltre 4 miliardi di euro di valore aggiunto, circa 6 miliardi di euro di esportazioni e che occupano nel complesso circa 70.000 addetti (Svimez, 2017). Ma certamente sono auspicati investimenti in alta tecnologia, sistemi informativi e ICT, biotech, attività ad elevata intensità logistica (4PL), centri di distribuzione europei per l’import-export (EDC), ecc. Di estremo interesse sono inoltre i legami funzionali che possono avviarsi con università e centri di ricerca pubblici e privati per lo sviluppo di progetti di ricerca applicata ai settori a cui appartengono le imprese insediate (Industry 4.0) che potranno sfruttare economie di prossimità relazionale e cognitiva “a rete”e che più facilmente potranno diffondersi spill-over e trasferimento di conoscenze attraverso cooperazione a rete, spin-off locali, distretti tecnologici, ecc. per i quali sono previsti ulteriori incentivi europei, nazionali e regionali. In questo senso dovrebbero avere posizione prioritaria gli investimenti per l’integrazione logistica delle filiere di eccellenza nelle aree produttive del Mezzogiorno per le proposte innovative di processo anche per le imprese di trasporti e logistiche (ma anche della cantieristica e del turismo). Accanto ai molti pregi del Piano ZES Campania, qualche dubbio emerge sul ruolo delle aree portuali necessarie a razionalizzare l’uso delle infrastrutture di trasporto a servizio dei sistemi produttivi locali (come ad esempio gli interporti), in quanto non risulta chiaro se eventuali proposte di investimento (progetti) possano ricevere agevolazioni ai sensi dei regolamenti europei in materia di aiuti di Stato alle imprese. Con l’attuazione della ZES risulteranno utili i nuovi previsti interventi avviati dall’AdS per meglio servire le diverse tipologie di traffico marittimo ed intermodale (nuovi terminal container, terminal ferroviari ad elevata capacità, accessibilità al sistema autostradale, dragaggi, ecc.). Le recenti ulteriori aperture del Governo cinese al commercio internazionale da e verso l’Europa, con massicci investimenti lungo le direttrici terrestri e marittime delle molte “vie della seta”, dove convergono investimenti ferroviari e portuali per la maggiore connettività intermodale, impongono misure di sostegno alla rete logistica del Mezzogiorno d’Italia, ferrovie e porti in primis, che nei porti di transhipment italiani risulta alquanto penalizzata, non disponendo di un sistema logistico-infrastrutturale adeguato alla localizzazione di imprese ed alla connessa attrazione di investimenti. Si rileva piuttosto per l’economia meridionale italiana scarsa attenzione nelle politiche nazionali ed europee volte ad arginare l’emergente rischio di parziale emarginazione connessa alle scelte cinesi e, più in generale, dei flussi mediterranei rispetto alle reti TEN europee ed ai progetti prioritari. Il Mediterraneo occidentale risulta penalizzato da due lati: da un lato la via della seta terrestre, totalmente ferroviaria, che potrebbe indebolire la tradizionale via marittima Estremo Oriente-Suez-Mediterraneo-Nord Europa e dall’altro le concentrazioni oligopolistiche di compagnie di container shipping che con le mega navi da oltre 20.000 container raggiungono direttamente i porti del Northern range bypassano la portualità mediterranea e abbandonano i porti HUB del sud Italia. Il grande successo nei flussi mediterranei è l’affermazione delle “autostrade del mare” (Short Sea Shipping con navi per rotabili e/o passeggeri) che dovrebbe consolidarsi attraverso la c.d. “trasversalità”, ovvero il sostegno ad itinerari trasversali marittimi e terrestri per evitare il “tutto strada”su cui già si muovono alcune iniziative di integrazione plurimodale per il potenziamento delle connessioni trasversali con i terminali marittimi del Sud Mediterraneo. Ad esempio, sul potenziale “corridoio mediterraneo” Algeciras-Napoli-Bari verso la portualità del sud est europeo con proiezioni verso il Mar Nero, il Medio Oriente ed il Nord Africa.
Il Piano ZES Campania evidenzia altresì il rischio “complessità” del sistema normativo e amministrativo-burocratico a livello nazionale e regionale che può rappresentare una minaccia agli obiettivi di successo. Auspichiamo che, data la presenza di più soggetti competenti, oltre quelli deputati alla valutazione delle istruttorie per la concessione dei benefici fiscali nazionali (credito d’imposta, ecc.), la mole dei riferimenti normativi richiamati dal Piano e le procedure da attivare siano in realtà di minore peso in termini di costi e tempi per i richiedenti. Oltre al Comitato di indirizzo presieduto dal Presidente dell’AdS, l’ottimo Pietro Spirito, come previsto dalla legge istitutiva delle ZES, con funzioni di amministrazione della stessa, la Regione Campania prevede infatti la “Cabina di regia” e la “Struttura di missione”, oltre allo “Sportello unico regionale per le attività produttive” con competenze istruttorie alquanto parallele. In ultimo, nella proposta di Piano appare alquanto ridotta la prevista dimensione dell’impatto occupazionale che, nello scenario basso, è stimata intorno ai 16.000 addetti. Considerando l’entità delle risorse presenti ed attivabili, il numero degli agglomerati industriali “interni” coinvolti, il numero delle imprese appartenenti ai settori interessati e la complessiva inclusione di aree “agevolabili” per oltre 5.000 ettari, tale previsione, pari a circa l’uno per cento di occupazione nuova/stabilizzata rispetto ad ora nel previsto periodo di funzionamento della ZES di 14 anni, il dato occupazionale sembra sottostimato negli impatti socioeconomici, mentre la previsione dello scenario alto appare sicuramente più incoraggiante per il futuro dell’economia regionale campana (circa 30.000 occupati) anche nella considerazione delle diverse esperienze ZES mondiali dove si raggiungono livelli occupazionali spesso di centinaia di migliaia di addetti. E ciò per la nostra Campania In Felix sarebbe davvero una svolta storica.
COMUNICATO STAMPA
Delegazione Assoporti a Shangai
Presidente Spirito presenta ZES Campania
Nella tavola rotonda che si è svolta a Shanghai, nell’ambito del Transport Logistic China 2018, Pietro Spirito, Presidente della Autorità del Tirreno Centrale, ha presentato la nascita della Zona Economica Speciale della Regione Campania come una opportunità per attrarre investimenti industriali e logistici coerenti con il progetto One Belt One Road.
“Con la firma del decreto da parte del Governo italiano, avvenuta cinque giorni fa, si pongono le condizioni per costruire un ponte di cooperazione internazionale con l’obiettivo di irrobustire la struttura manifatturiera della Campania nelle aree portuali e retroportuali. Per realizzare questo percorso occorre anche equilibrare la struttura del commercio tra Campania e Cina, che oggi presenta un importo di 1,5 miliardi di euro su base annua rispetto ad un export pari a 121 milioni di euro”, ha dichiarato Pietro Spirito.
Per discutere di questo tema si svolgerà a novembre prossimo una fiera sull’import export cinese. Il console italiano a Shanghai, Stefano Beltrame ha chiesto ad Assoporti di essere il referente organizzativo per tale evento. “Svolgeremo questo ruolo nella convinzione di interpretare l’interesse nazionale per lo sviluppo della portualita’, della logistica e della competitività manifatturiera del nostro Paese” ha dichiarato Zeno D’Agostino, Presidente di Assoporti.
ZES: nasce un nuovo modello di porto
Deandreis: “Finalmente in linea con i porti più avanzati”
Di Emilia Leonetti
Massimo Deandreis è Direttore Generale di SRM (Studi e Ricerche del Mezzogiorno): il centro ricerche collegato al gruppo Intesa Sanpaolo. Uno dei principali think tank italiani, che ha tra i suoi ambiti di ricerca la maritime economy, con particolare attenzione allo stato ed alle prospettive di sviluppo del settore portuale.
SRM affianca e supporta sinergicamente l’Autorità Portuale di Napoli, ora AdSP del Mar Tirreno Centrale nella fondamentale attività di analisi dei mercati e dei flussi di traffico nell’area del Mediterraneo.
Le ragioni dell’intervista sono legate alla nascita della ZES, zona economica speciale, l’ultima significativa novità sul piano dell’attivazione di investimenti in attività produttive nelle aree portuali di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, cui SRM ha fornito contributi importanti nella definizione del “piano strategico” ora all’esame del Governo.
- Massimo Deandreis, partiamo dal piano strategico sulle ZES della Campania, presentato di recente al Governo dopo l’approvazione da parte della Giunta Regionale. Cosa prevede? Quale scenario si apre per l’economia e lo sviluppo anche occupazionale della Regione?
“Iniziamo col dire che le ZES sono un intervento molto importante e, in questa fase, limitate solo all’economia del Mezzogiorno. L’aspettativa, infatti, è favorire un effetto occupazionale significativo. Il concetto stesso di ZES richiama un modello portuale innovativo, moderno, più simile ai modelli portuali efficienti di altre parti dell’Europa e del Mediterraneo. Siti in cui il porto non è solo un luogo dove le merci arrivano e partono e dove ci si deve occupare dell’efficienza del carico e scarico, ma è un polo di sviluppo e innovazione. Nei modelli portuali avanzati, il porto è un hub di sviluppo dove la funzione primaria di passaggio di merci e persone si inserisce in un territorio dove si insediano attività produttive collegate direttamente o indirettamente all’attività portuale, ma anche attività di ricerca, incubatori oppure addirittura Università. Non posso non sottolineare che un nostro partner, la Kuhne Logistics University specializzata in economia dei trasporti e della logistica della Germania, ha la sua sede in prossimità del porto di Amburgo, segno di una sinergia fondamentale che deve esserci tra mondo della ricerca e mondo dei trasporti marittimi. Siccome in Italia i porti sono stati concepiti negli anni passati come un luogo di partenza e arrivo di merci e persone, aver dato vita alle ZES significa aver affermato un cambio di paradigma.
Le ZES prevedono nell’ambito di un territorio delimitato delle agevolazioni burocratiche e fiscali per le aziende che si insediano e anche per società di servizi e del terziario, un concetto diverso e più ampio di quello delle Zone Franche. L’idea è avere un pacchetto di vantaggi che non è tutta nell’area portuale ma che si estende anche su altri spazi purché connessi al porto. Una scelta che abbiamo condiviso perché i porti, come quelli di Napoli e Salerno, non hanno spazi enormi alle spalle e quindi comprendere nell’area ZES una pluralità di punti dà la possibilità di espandere il raggio di azione e di pianificare meglio gli interventi di sviluppo. La sfida è importante anche perché entriamo in un panorama competitivo dove già molti porti dell’area MED hanno le Zone Economiche Speciali e dobbiamo almeno essere al loro pari”.
- La interrompo perché prima di esaminare le sfide che ci attendono, vorrei soffermarmi sulle differenze tra “Free zone” e “ ZES” a cui lei faceva riferimento e a cui vi siete in qualche modo ispirati.
“La differenza è sulla dimensione dell’area alle spalle di un porto ed anche sul piano fiscale. Le faccio un esempio: negli Emirati Arabi, la free zone di Dubai e Abu Dhabi prevedono che le imprese abbiano vantaggi fiscali e doganali. Nel senso che è possibile importare merci all’interno della free zone per sottoporle a ulteriori cicli di lavorazioni e poi riesportare le stesse merci senza applicare dazi doganali. E’ un concetto più esteso e in Europa sono tendenzialmente vietate per evitare la concorrenza sleale. In Italia qualcosa di simile c’è a Trieste ma solo perché di origine storica risalente a prima della nascita dell’Unione Europea.”
- Tornando allo scenario. SRM ha lavorato al piano strategico, con l’auspicio che il Governo lo approvi. Quale scenario si apre per la Campania?
“Il nostro impegno è ora di collaborare insieme ai nostri partner bancari, nel favorire le relazioni con imprese che potrebbero essere interessate a investire. E’ un’attività di marketing territoriale che porteremo avanti insieme all’AdSP, per rendere note le opportunità di fare investimenti vantaggiosi nella ZES Campana. Come gruppo bancario noi siamo presenti di fatto in ogni parte del mondo ed in Italia con il Banco di Napoli copriamo tutto il Sud per cui ci preoccuperemo di aiutare anche le altre Autorità di Sistema delle regioni meridionali. E’ nel nostro interesse riuscire a promuovere l’utilizzo di uno strumento innovativo di politica industriale e logistica.”
- A novembre 2017, l’AdSP ha firmato un accordo con il Banco di Napoli. L’accordo, come è precisato nel documento, “deve consentire una relazione di lungo periodo e di stretta collaborazione con le ADSP per sostenere le imprese che attorno ai sistemi portuali realizzeranno lavori di riqualificazione e potenziamento, nuovi insediamenti con nuovi posti di lavoro, crescita dei sistemi logistici a beneficio dei settori economici circostanti. L’obiettivo è sostenere la mission delle nuove ADSP del Mezzogiorno perché garantiscano al sistema manifatturiero del Meridione nuove e potenziate capacità di intercettare flussi commerciali internazionali, ampliando così i mercati di sbocco dei prodotti e delle eccellenze territoriali” Quali sono i passi da compiere per attuare quanto previsto?
“Il Banco di Napoli ha messo a disposizione un plafond di 1 miliardo e mezzo di euro per sostenere imprenditori pronti a investire nelle ZES. Ci muoveremo tenendo conto che il piano strategico prevede lo sviluppo di settori che SRM ha sempre analizzato come eccellenze come l’energy, il farmaceutico, e poi le 4A: automotive, aerospazio, agroalimentare e abbigliamento. I settori sono quelli sui quali punteremo per attrarre nuovi investimenti produttivi o per espandere realtà già esistenti che mostreranno interesse, in questa fase, a sviluppare l’ attività, sfruttando vantaggi fiscali, e che siano soprattutto orientate all’export che possano quindi interagire con l’area portuale. Perché altro obiettivo del piano strategico della ZES è rafforzare la portualità come perno di un sistema logistico che faccia tutt’uno con industria e commercio. Per svolgere questa attività noi, come le dicevo, definiremo incontri con imprenditori partendo dalla nostra rete. Abbiamo già tenuto diversi meeting alla presenza di colleghi della nostra divisione “Corporate” che sono quelli cui fa riferimento una importante rete di imprese, nel mondo, di grandi dimensioni. Abbiamo fornito loro elementi utili perché informino i loro clienti circa l’opportunità di investire nell’area ZES.”
- Il Banco di Napoli mette a disposizione, lo ha ribadito Lei prima, un plafond di un 1,5 miliardi di euro perché ritiene che le ZES possano diventare autentiche aree di eccellenza e motori di sviluppo sostenibile dell’economia del Mezzogiorno. Quali sono le condizioni perché ciò avvenga?
“Noi crediamo molto nel ruolo che i porti hanno come motori dello sviluppo del Mezzogiorno e del Paese. Il plafond è la dimostrazione che puntiamo sui porti della Campania e di tutto il Mezzogiorno. L’AdSP del Mar Tirreno Centrale è stata la prima a siglare l’accordo con il Banco di Napoli e questo è motivo di grande soddisfazione.”
- In che modo l’istituzione della ZES potrà favorire anche lo sviluppo dell’imprenditoria locale?
“Per rispondere alla sua domanda devo fare una premessa: Le ZES hanno caratteristiche non assimilabili alle free zone. Giusto per fare un esempio il porto di Tangeri, è dotato di un’area retroportuale immensa che ha consentito, grazie all’accordo con il Governo francese, di trasferire buona parte della produzione della casa automobilistica “Renault” a Tangeri che in quel sito produce le Dacia. Le ZES, invece, non sono concentrate in un’unica zona ma consentono con un’operazione a macchia di leopardo, di insediare nuove attività e/o di sviluppare quelle già esistenti. La ZES è potenzialmente conveniente anche per operatori già localizzati nell’area e che possono approfittare dei vantaggi fiscali e burocratici previsti per ampliare capannoni o attività. In teoria si delinea un quadro equilibrato tra parte dell’ economia locale e parte dell’economia estera che deve arrivare. L’attrazione è un pezzo del lavoro, l’ altro pezzo è far capire a chi è insidiato il vantaggio di investire o espandere l’attività. Tale compito compete, principalmente, alle Istituzioni locali. Il plafond che abbiamo previsto è per chiunque faccia investimenti seri e credibili. La nostra parte l’abbiamo fatta sia come SRM, dando un sostegno in termini di definizione di scenari economici e marittimi, sia come Gruppo Bancario prevedendo un supporto economico per chi voglia investire.”
- Quale ruolo svolgeranno gli Interporti di Nola e Marcianise ? Le faccio questa domanda perché al tema delle ZES è collegato lo sviluppo di una rete intermodale di trasporto e l’esistenza di un sistema logistico per lo stoccaggio e la movimentazione della merce. Che ruolo dunque avranno gli Interporti?
“Gli Interporti sono presenti nel piano strategico come area ZES. Il primo passo sarà migliorare le connessioni tra porti e interporti, creando i collegamenti ferroviari. Gli interporti avranno poi un ruolo importante come aree di smistamento e di stoccaggio della merce non solo nella fase in cui le aree portuali si satureranno, ma in generale in tutte le attività di logistica di cui gli Interporti dovranno farsi carico. E dovranno anche avere un ruolo importante nella fase di marketing territoriale cercando di catalizzare investimenti. Tutti dobbiamo lavorare in tal senso.”
- Lei è a capo di uno dei principali centri di ricerca nazionali sul settore marittimo. In base alle vostre analisi, da qui ai prossimi dieci anni, quale peso avranno i porti di Napoli e di Salerno nell’economia meridionale, a quali condizioni, alla realizzazione di quali interventi infrastrutturali? Quanto peso avrà nel successo la governance dei porti?
“La visione sul Mediterraneo ce l’abbiamo da tempo ed è stata alla base della proposta che ha portato alla nascita delle ZES. Esse sono nate perché, per tempo, si è visto cosa accadeva pensando a come attrezzarsi. Con la Cina che cresce, con il raddoppio di Suez ed altri fenomeni come il gigantismo navale il Mediterraneo ha assunto un ruolo centrale. Punto chiave è capire in che modo l’Italia che si trova al centro del grande traffico, possa intercettare le merci e diventarne base logistica per lo smistamento in uscita e in entrata verso l’Europa. I porti del nord già sono collegati con il cuore dell’Europa, mentre quelli del Sud possono servire tutta l’economia fino alla pianura Padana. La logica è questa e avviene se si crea massa critica. Per questo più insediamenti produttivi vi sono meglio sarà per il territorio. E’ un circolo virtuoso che si deve attivare. Le ZES sono il primo robusto mattone del processo. Le infrastrutture sono importanti soprattutto quelle ferroviarie. L’intermodalità è l’elemento che favorisce il sistema perché la connessione fornisce flessibilità, indispensabile per il successo dei sistemi portuali. Anche la governance dei porti è importante. Oggi i principali Presidenti dei porti sono persone competenti, che conoscono il sistema portuale e dei trasporti ed hanno una visione condivisa sul tipo di sviluppo. Il punto chiave però resta per me la flessibilità e la duttilità rispetto ad uno scenario in cui, l’Italia si trova in una posizione geografica favorevole anzi unica”.
Pietro Spirito: gli impegni per l’anno 2018
ZES, logistica, waterfront: la road map del Presidente
Di Emilia Leonetti
- Partiamo dalle ZES. I decreti attuativi sono stati approvati? Cosa prevedono?
“I decreti attuativi sono in corso di formalizzazione perché dopo i pareri positivi dei Ministeri competenti e dopo la Conferenza Stato-Regioni, il primo decreto è ora all’esame del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Una volta espresso il parere favorevole, sarà firmato dal Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Il decreto riguarda i criteri e le modalità di attuazione delle ZES. A valle, le Regioni potranno presentare i loro progetti di ZES, corredati da un piano strategico che definisce gli obbiettivi di ciascuna zona. Un secondo decreto, che non è deciso in questa fase, dovrà essere emanato dal Ministero della Coesione, riguarderà le semplificazioni amministrative. Quando la Regione Campania avrà presentato la domanda, dovrà intervenire sempre un decreto del Presidente del Consiglio per l’istituzione della singola zona economica speciale.”
- Sull’attuazione della ZES di Napoli e Salerno si incentra una parte dello sviluppo non solo dei porti ma anche del sistema produttivo della Campania. Quale strategia ha messo a punto d’intesa con l’Assessore alle Attività Produttive della Regione?
“Nell’elaborare il piano strategico che sarà formalizzato dalla Regione Campania, abbiamo individuato un insieme integrato di azioni che devono riguardare i porti di Napoli e Salerno, e le aree retroportuali, quelle in stretto raccordo e collegamento con la portualità. In particolare sul versante di Napoli gli interporti di Nola e Marcianise, oltre che la zona orientale della città; sul versante di Salerno, l’area di Battipaglia e l’Agro Nocerino-Sarnese, oltre al consorzio ASI di Salerno nella parte ancora disponibile, alle spalle del porto. L’obiettivo è attrarre investimenti produttivi nel settore manifatturiero, che abbiano le seguenti caratteristiche: vocazionalmente orientati di più all’export, con capacità di generare occupazione, perché la Campania ha bisogno di creare lavoro, e che siano fondati sull’innovazione tecnologica e di processo.”
- Di recente Lei ha partecipato ad una missione di lavoro in Cina. Oltre all’ interessante visita all’ area ZES di Shenzen, quali risultati potrà portare per il sistema portuale campano?
“La ZES di Shenzen è tra le più interessanti nel mondo, perché ha avviato un lungo processo di trasformazione. Nel 1979 Shenzen era un piccolo villaggio di pescatori di 60.000 abitanti. Oggi è una metropoli di 12 milioni di abitanti, è il terzo porto del mondo. Ha in particolare orientato il suo sviluppo verso l’innovazione tecnologica, quindi sulla capacità di attrarre e generare uno sviluppo endogeno dei territori. Ad esempio prendiamo il caso di un’azienda multinazionale, la ZTE, che ha il 25% del suo personale dedicato al settore ricerca e sviluppo e che fattura 80 miliardi di euro nel mondo. Tale impresa ha cominciato ad operare anche in Italia con un fatturato, per il momento, di 60 milioni di euro, che crescerà perché hanno dato vita allo sviluppo della tecnologia 5G nella telefonia mobile, che il Governo Italiano metterà a gara nei prossimi anni. La ZTE parteciperà portando le innovazioni già realizzate, che ammoderneranno l’uso in Italia di nuove tecnologie rendendole più flessibili e moderne. Il senso della nostra visita a Shenzen è che la ZES non solo genera sviluppo ma soprattutto innovazione, capacità di guardare al futuro, di aprirsi ai settori nei quali le competenze, le intelligenze e la ricerca sono al centro del motore di crescita. Sono progetti, mi preme precisarlo, di lungo periodo. A Shenzen hanno iniziato nel 1979. Le ZES sono un enzima nuovo sul quale bisogna lavorare. Le forze economiche, sociali, istituzionali dovranno lavorare insieme, e avere la capacità di guardare al futuro. La ZES dà la possibilità di rompere un meccanismo di incrostazioni legato al passato ”
- Uno dei temi della riforma è lo sviluppo della logistica. Che richiama la necessità di relazioni con gli Interporti di Nola e Marcianise e la creazione del un efficiente collegamento su ferro e gomma. Come pensa di muoversi? Sul piano delle relazioni e su quello delle opere infrastrutturali?
“Stiamo lavorando con gli operatori portuali di Napoli perché già in presenza delle attuali infrastrutture ferroviarie si possa sviluppare intermodalità, mediante un collegamento tra porto e interporti. Non è semplice, però c’è ora la concreta volontà del secondo armatore al mondo, MSC, di iniziare a effettuare servizi intermodali nel corso del 2018 tra lo scalo napoletano e gli interporti di Nola e Marcianise. Questo nel breve periodo. Noi, però, stiamo lavorando con RFI per progettare e poi realizzare il nuovo raccordo ferroviario a levante, all’altezza della Nuova Darsena di Levante, anche perché lì sarà concentrato lo sviluppo delle attività commerciali. Il raccordo ferroviario, questa è la novità, avrà una lunghezza di binario di 750 metri, secondo lo standard europeo. L’attuale raccordo, oltre a essere ubicato nell’area di ponente non coerente con lo sviluppo dei traffici commerciali, ha una lunghezza di 350 metri, insufficienti e non competitivi con le dimensioni del mercato. Bisogna ragionare in una duplice dimensione: del servizio con le infrastrutture attuali e dello sviluppo con l’adeguamento infrastrutturale per fornire servizi nella prospettiva della crescita dei traffici che si genereranno nel nostro scalo nei prossimi anni. Ritornando sulla sua domanda relativa alle relazioni: noi abbiamo fatto comprendere agli operatori, nel caso specifico al più importante operatore, che il porto di Napoli non può avere sviluppo se non si usa l’intermodalità. ”
- Master Plan. Lei ha più volte richiamato la necessità di passare da una pianificazione “ingessata” come quella rappresentata dai piani regolatori, in attesa ancora oggi di approvazione, ad una più agile. Il master plan del sistema campano sostituirà il piano regolatore? Quali saranno le principali novità del master plan, le modalità e i tempi di approvazione?
“A Napoli vige un piano regolatore del 1958 che corrisponde ad un porto antico. Nella nuova riforma, quella ultima approvata a dicembre dal Governo, si prevede che si debba fare un documento di pianificazione strategica dell’AdSP. Per arrivare al documento abbiamo deciso di far precedere questo passaggio dall’approvazione di master plan per ogni singolo porto. Il primo master plan, cha porteremo all’approvazione a gennaio 2018 nel Comitato di Gestione, riguarda lo scalo partenopeo. Abbiamo elaborato il piano nel corso del 2017 e lo abbiamo già presentato all’Organismo di Partenariato. Aspettiamo per la metà di gennaio le osservazioni che saranno presentate dai componenti l’OdP per poi sottoporlo al CG. Lo stesso faremo per i porti di Salerno e di Castellammare di Stabia. Conclusa la fase dei master plan, consolideremo il documento di pianificazione strategica di sistema, che sarà l’elemento in base al quale provvederemo, con le singole Amministrazioni Comunali, a rivedere i piani regolatori. Devo però sottolineare che il master plan decide dove allocare le infrastrutture esistenti, in modo da superare l’attuale confusione e dare chiare indicazioni al mercato sulle dislocazioni delle funzioni nel perimetro portuale. L’obiettivo è un porto ordinato. Sulle nuove infrastrutture, invece, dovremo convenire con le Amministrazioni delle tre città i piani regolatori che disciplineranno la costruzione delle nuove banchine ”
- In una recente intervista lei ha parlato, riferendosi ai porti, di riforma della riforma. Quali sono i punti da ripensare e perché?
“ Le riforme sono un work in progress. I porti poi sono una realtà molto dinamica e, se vogliono stare nel mercato dove la competizione è globale, devono poter contare su aggiustamenti progressivi, come d’altronde prevede la stessa riforma, con l’istituzione del coordinamento delle AdSP, un organismo che punta a creare cooperazione tra le varie AdSP. Stiamo per questo definendo anche accordi di cooperazione tra AdSP. Noi abbiamo di recente siglato un accordo con l’AdSP dell’Adriatico Meridionale perché siamo convinti che le nostre realtà debbano essere collegate. Grazie agli investimenti sulla rete ferroviaria ( alta velocità Napoli-Bari) lo saranno ancora di più. Lo stesso è avvenuto tra Civitavecchia e Ancona perché l’altro collegamento trasversale riguarda le due città del Tirreno e dell’Adriatico. Noi stiamo sperimentando una modalità che nel tempo sarà sempre più importante: quella di non limitarsi agli attuali perimetri delle AdSP, ma di coordinarci tra Autorità di sistema. Tanto è vero che, come le dicevo, è già previsto un Coordinamento nazionale dei Presidente presieduto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti”
- Venendo alle opere da realizzare per ammodernare i porti di Napoli, Salerno e Castellammare, in un anno di lavoro cosa è riuscito ad avviare e cosa si attende per l’anno che è appena iniziato?
“A Napoli avevamo un grande arretrato di opere bloccate e di cantieri fermi. Abbiamo di recente firmato sette contratti per altrettanti cantieri. Bisognava far ripartire la macchina degli investimenti. Si tratta ora di controllare che le imprese aggiudicatrici degli appalti facciano il loro dovere. Il 2018 sarà un anno di cantieri che si aprono e che dovranno iniziare a chiudersi. Noi dobbiamo riuscire a vedere il frutto del nostro lavoro progressivamente nel tempo. Continueremo, poi, a Napoli e a Salerno a ragionare su ciò che dovremo fare. Firmeremo altri contratti, ci saranno altre gare, altri cantieri. Una volta che la macchina degli investimenti è partita dobbiamo fare in modo che il processo prosegua. In particolare vogliamo che il 2018 sia l’anno delle manutenzioni. Dovremo fare in modo che le parti comuni dei porti siano più efficienti ( strade, illuminazione, video sorveglianza).
Sul Beverello siamo in attesa della lettera di finanziamento per la realizzazione della parte a terra e della nuova Stazione Marittima. Noi abbiamo fatto tutto ciò che era di nostra competenza. Appena arriverà, ai primi di gennaio, la lettera di finanziamento pubblicheremo la gara per l’affidamento dei lavori. Sul Molo San Vincenzo, invece, completeremo i lavori della passeggiata. Poi ho già preannunciato al Sindaco de Magistris e alla Marina Militare che presenteremo un calendario di eventi. Faremo in modo che gli eventi saranno condivisi dalla Marina Militare. Avremo quindi non un’apertura stabile, ma periodicamente renderemo il molo fruibile per i cittadini.”
- La comunità portuale che ruolo ha nel processo di efficientamento del sistema portuale. Vede delle differenze tra i tre porti a questo proposito?
“Le comunità portuali dei tre porti si devono sentire una comunità sola. Devono fare anche loro uno sforzo, come stiamo facendo noi, per essere un sistema, tanto è vero che l’Organismo di Partenariato li vede già assieme partecipi. Questo significa che dovranno modificare la logica indirizzata al singolo scalo in una comprensiva dei tre porti del sistema campano. Noi li stimoleremo ad avere una visione più ampia, perché si possa competere con il mondo, e non tra vicini. La comunità unica dovrà investire per lo sviluppo ammodernando le banchine. Il pubblico deve garantire le infrastrutture comuni, il privato deve efficientare e migliorare le aree in concessione.”
- Il rapporto con le Istituzioni. In più occasioni Lei si è espresso positivamente. In che modo si è manifestato questo clima di collaborazione e quali cambiamenti potrà produrre sul porto di Napoli, ma anche di Castellammare e di Salerno?
“Noi siamo partiti da una situazione transitoria, con un autonomia finanziaria e organizzativa garantita al porto di Salerno per l’intero 2017. Nasciamo nel 2018 a pieno titolo come Autorità di sistema. Siamo nella composizione strutturale prevista dalla legge di riforma, e questo è stato possibile perché le Istituzioni nel loro insieme hanno compreso il vantaggio e la validità di diventare un sistema. Questo sta accadendo anche per gli aeroporti dove è in corso un processo in cui l’aeroporto di Capodichino sarà assieme a Pontecagnano. Nascerà una piattaforma aeroportuale della Campania. Le infrastrutture, questo sta emergendo, sono al servizio non di un singolo punto ma di un territorio ampio. I porti e gli aeroporti guarderanno all’insieme della regione Campania. Il valore aggiunto è dato così dalla unità di un sistema più esteso.”
- Presidente, un ultima domanda la vorrei riservare alla struttura dell’AdSP. Quali saranno nel 2018 i cambiamenti in termini organizzativi, di definizione dei compiti e obbiettivi, di valorizzazione dei lavoratori dell’AdSP? In che modo Salerno e Napoli si integreranno?
“Abbiamo tenuto un primo incontro dei dipendenti dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale a Castellammare di Stabia a metà dicembre 2017, ed abbiamo avviato un percorso che ci condurrà alla nuova organizzazione. Il Comitato di Gestione ha approvato la nuova pianta organica che abbiamo ora presentato al Ministero che dovrà approvarla. A gennaio lavoreremo per definire la nostra organizzazione. La macro struttura è stata decisa, la micro la decideremo nel corso del mese di gennaio, con i passaggi necessari con i sindacati e poi nuovamente con il CG. Ci siamo preparati nel corso del 2017. Ora definiremo nel dettaglio i compiti di ognuno in un’ottica, però, di sistema.”
Ministro De Vincenti: porto di Napoli con la Zes hub di sviluppo per il Sud
“Con la Zes il porto di Napoli ha l’occasione per diventare l’hub di sviluppo dell’intero Mezzogiorno”. Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, è intervenuto alla presentazione del volume “Napoli Porto, la nuova città”, edito a cura dell’Autorità di Sistema portuale del Mar Tirreno Centrale, e che si è tenuta nella sede della Fondazione per il Sud. Il libro “nasce per ricucire il rapporto del porto con la città di Napoli, favorendo un’operazione anche culturale, quando siamo alla vigilia della realizzazione di importanti progetti per una definitiva rinascita di un porto centrale nell’economia del Mediterraneo”, ha spiegato Pietro Spirito, presidente dell’Adsp. De Vincenti ha annunciato che il Ministero dell’Economia ha approvato il concerto per la concessione della “Zona economica speciale” all’area portuale partenopea, e che il provvedimento la prossima settimana passerà all’esame della Conferenza Unificata Stato-Regioni e poi della Corte dei Conti per la definitiva approvazione, giunta ormai in dirittura d’arrivo. Alla presentazione del volume era presente anche Massimo Deandreis, amministratore delegato di SRM Banco di Napoli, l’istituto del gruppo Intesa SanPaolo che ha già predisposto i piani per finanziare i piani di sviluppo infrastrutturali e dei servizi, che godranno di particolari agevolazioni fiscali grazie all’istituzione della Zes.
Per il ministro De Vincenti, la Zes è solo un primo strumento che deve essere seguito da una serie di interventi di semplificazione procedurale e normativa: sul piano doganale – ha sottolineato il ministro – è stato fatto molto (l’Italia è diventata la prima per i tempi delle operazioni di pre-clearing, di sdoganamento in mare), occorre ora proseguire per ridurre i tempi delle altre operazioni legate al carico e scarico delle merci nei porti. La Zes e gli investimenti infrastrutturali nei porti – ha ricordato ancora De Vincenti – si inseriscono nei piani di sviluppo del Patto per il Sud, che prevedono un rilancio del ruolo dei porti del Mezzogiorno nel Mediterraneo: “C’è ancora molto da fare, ma non dobbiamo dimenticare che non partiamo da zero: l’Italia è il primo paese in Europa per il commercio marittimo e oltre la metà di questo traffico si svolge proprio dai porti del Mezzogiorno: su Taranto abbiamo investito molto, Evergreen forse oggi si pente di aver abbandonato l’Italia, perché la nuova darsena orientale è una delle infrastrutture più moderne e competitive oggi in Europa”, ha sottolineato.
Il volume che è stato presentato anche con il contributo di Anna Maria Carloni, deputata della Commissione Trasporti, è stato curato da Piero Antonio Toma e contiene una serie di saggi di 16 autori, protagonisti della vita sociale, culturale ed economica di Napoli, della Campania e del Mezzogiorno. Gli autori indagano i vari aspetti del rapporto della città di Napoli con il suo porto, con l’obiettivo di “rammendare” – come ha sottolineato la Carloni – un tessuto che, in alcuni periodi, ha portato una scrittrice come Anna Maria Ortese a scrivere che “Il mare non bagna Napoli” e che oggi, invece, con i progetti di sviluppo e l’enorme impatto che può avere il ridisegno architettonico del waterfront portuale e la nuova sistemazione dell’area di Piazza Municipio con il completamento della stazione metropolitana, può definitivamente rilanciare il ruolo della città partenopea.
Approfondimenti in pillole.
Il Presidente di Assoagenti: al di là dei dati di traffico, l’impegno dell’AdSP è determinante
Una volta realizzate le precondizioni, la competitività del sistema va garantito dalle imprese
di E.L.
1.Presidente dell’Associazione Assoagenti, Stefano Sorrentini, come valuta i risultati di crescita nel settore del traffico container, delle merci varie e dei crocieristi? Quali prospettive e soprattutto a quali condizioni potremo mantenere il positivo trend?
“I risultati di crescita nel settore del traffico container, delle merci varie e del traffico crocieristico diffusi recentemente, sono confortanti e confermano il consolidamento del trend positivo iniziato nello scorso anno, in particolare di alcuni comparti trainanti, che registrano incrementi a doppia cifra rispetto al 2017.
Se a tutto ciò aggiungiamo i segnali incoraggianti provenienti anche da altri settori, come ad esempio il costante progresso della cantieristica e la definitiva ripresa della nautica da diporto, il quadro di insieme appare confortante. Si comincia, quindi, a ragionare non più in termini di inversione di tendenza o previsioni di sviluppo, quanto di entità della crescita. Tali progressi ci dicono che, dopo anni di precarietà e scarsa efficienza, il nostro sistema portuale comincia ad acquisire i risultati delle azioni congiunte e delle sinergie tra operatori e Autorità, proiettandoci oggi, a due anni dall’avvio della riforma delle Autorità portuali, in una dimensione nella quale Napoli rappresenta un modello di buon governo e di applicazione corretta della nuova normativa. Le prospettive indicano un ulteriore miglioramento; tuttavia, per supportare e consolidare la crescita, ci sarà ancora molto da migliorare: efficienza, produttività e competitività dello scalo sono a mio avviso gli aspetti sui quali, nel breve periodo, dovranno essere concentrati gli sforzi degli operatori.”
2.A suo parere l’AdSP del Mar Tirreno Centrale dovrebbe fare di più per sostenere la crescita del sistema portuale campano? In che modo? In quali ambiti?
“Ritengo che un primo stimolo concreto alla crescita sia rappresentato dalla promozione delle zone economiche speciali, opportunità straordinaria per la comunità locale e per il porto di Napoli, rivolta in modo particolare a tutte quelle aziende che hanno deciso di crescere, o per incentivare ed accelerare tale scelta; a mio parere siamo di fronte ad un’occasione unica, il cui valore è dimostrato dall’esperienza dei paesi nei quali le Zes sono già attive e dai risultati prodotti. Devo rilevare con soddisfazione che l’AdSP si sta impegnando in modo particolarmente attivo su questo tema. Il completamento delle opere di dragaggio e la realizzazione in tempi brevi degli investimenti strutturali programmati, sono poi – a mio avviso – gli elementi che consentiranno di sostenere la crescita e supportare le aziende. Ritengo, inoltre, che – nel medio periodo – l’attenzione dell’Autorità di sistema si debba concentrare su alcuni temi specifici, quali la verifica e la razionalizzazione delle concessioni, l’armonizzazione dei canoni e la semplificazione burocratica: temi, peraltro, già in agenda e oggetto di confronto con gli operatori. Infine, vedrei con molto favore una politica dell’AdSP rivolta alla realizzazione di incentivi legati alla produttività e l’avvio di un’analisi di fattibilità per la riduzione delle tasse portuali; tali iniziative potrebbero determinare un valore aggiunto e una forte spinta allo sviluppo competitivo degli scali campani.”
3.Quale ruolo ha il cluster marittimo in questo processo di efficientamento del sistema e di raggiungimento degli obiettivi?
“Ritengo che il comparto marittimo abbia un ruolo determinante nel funzionamento e nel successo della realtà portuale campana; credo, infatti, che dopo aver definitivamente superato le criticità evidenziate da anni dagli operatori, (mi riferisco soprattutto alla provvisorietà della governance portuale locale) che peraltro ha rappresentato un alibi per un periodo troppo lungo, sia finalmente venuto il momento di ripensare alcuni processi produttivi ormai obsoleti e cambiare il modo tradizionale di fare impresa. L’obiettivo di fondo deve essere costituito dal recupero del deficit competitivo nei confronti degli altri sistemi portuali; una volta realizzate le pre-condizioni costituite dagli interventi pubblici, il gap può essere recuperato solo mediante il miglioramento dell’efficienza, della produttività e della competitività economica delle imprese. In questo contesto, osservo che molte aziende si sono già attivate con successo; l’auspicio è che questa tendenza si espanda al più presto a tutti i principali operatori economici, ribaltando la logica e i modelli dominanti fino a qualche anno fa e con evidenti possibilità di maggiori ricadute positive in termini di sviluppo.”
Mario Mattioli presenta i risultati dell’ultima assemblea di Confitarma
Sulla “Blue Ecomony”, anticipa degli aspetti del progetto: coinvolgerà tutti gli attori del sistema portuale e della logistica
di Emilia Leonetti
Mario Mattioli, Presidente di Confitarma, è uno degli armatori di spicco del nostro Paese, Presidente della holding della famiglia Cafiero-Mattioli, la società Ca.Fi.Ma.. L’ho incontrato nel suo ufficio di Napoli, alla Riviera di Chiaia, dove con disponibilità e cortesia, tratti evidenti del suo carattere, ha raccontato le principali novità che sono emerse all’ultima assemblea di Confitarma soffermandosi su alcune tematiche centrali per il settore marittimo e della logistica: dal tema della riconversione delle navi e degli scali sulla linea della “blue economoy”, alle condizioni per la crescita del sistema portuale del Mezzogiorno, al ruolo degli operatori e dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale. Un’intervista che offre una panoramica del settore e delle sue potenzialità.
1) Presidente Mario Mattioli, alcune settimane fa, la sua confederazione ha tenuto un’importante assemblea. Quali sono i risultati sul piano politico e su quello delle proposte? Quali azioni, a seguito dell’assemblea, metterete in campo nei confronti del Governo?
“Il risultato politico è stata l’attenzione dei Ministro delle Infrastrutture e l’impegno che si è assunto con noi di convocare, quanto prima, un tavolo di lavoro comune sulla semplificazione burocratica e sulle procedure. È una prima risposta ad una delle tre richieste poste dalla nostra Assemblea: il mantenimento del Registro Navale che ha prodotto in 20 anni un aumento del tonnellaggio del nostro armamento del 100%, da 8 a 16 milioni di stazza, e che registra oggi un occupazione pari a 50mila marittimi, di cui 38mila italiani e comunitari, la semplificazione di norme e procedure burocratiche, armonizzandole con quelle degli altri Paesi Europei; la creazione di un Ministero del Mare”.
2) Su quest’ultimo punto Lei nella sua relazione ha evidenziato il valore e il peso del cluster marittimo per l’economia del Paese. Rappresenta, per citare solo uno dei dati, il 2% del PIL. Una “governance dedicata” ha detto “sarebbe indispensabile per accentuarne il ruolo di volano di sviluppo”. Può chiarire a cosa pensa, in cosa dovrebbe consistere e con quali poteri?
“Dovrebbe essere un Ministero competente nel campo dei trasporti e della logistica, capace di predisporre un piano di sviluppo del settore marittimo e del sistema logistico dell’intero Paese. Attualmente assistiamo ad una frammentazione delle competenze suddivise tra diversi Ministeri: Infrastrutture, Difesa, Economia, Lavoro, Salute. Siamo all’assurdo: nel settore della sanità marittima vigono leggi risalenti al 1895.
Si tratta di concentrare in un’unica cabina di regia tutti gli aspetti legati allo shipping allargati alla logistica, come avviene già in altri Paesi europei. In Francia, ad esempio, la scelta è stata di dar vita ad un Segretariato del Mare alle dirette dipendenze del Primo Ministro. Si potrebbe anche scegliere questa strada. L’importante è che si concentrino le competenze e si diventi efficienti.”
3) Uno dei temi su cui Confitarma è impegnata, è quello della Blue Economy. Per questo sta lavorando ad un progetto che unisca le diverse componenti industriali del mare: da Assiterminal, ad Assologistica, da Assonave, ad Ucina. Può anticiparci alcuni punti qualificanti del progetto? La strategia che definirete avrà come obiettivo la riduzione dell’inquinamento o altri aspetti ambientali?
“Su questo punto devo precisare che abbiamo già raggiunto con Confindustria l’accordo di creare una sezione “Blue Economy” a cui partecipano tutte le associazioni del settore marittimo e della logistica. L’obiettivo è sviluppare un settore fondamentale non solo per una crescita “sostenibile” ma anche per le ricadute sull’economia del nostro Paese. Il dato del peso sul Pil al 2% non tiene conto della valorizzazione delle merci finite, prodotte dalle merci alla rinfusa, secche e petrolifere, trasportate dal nostro sistema logistico. Se lo conteggiassimo, il nostro contributo supererebbe il 10-12% del Pil nazionale. Per raggiungere questi livelli bisognerebbe però intervenire, ammodernando non solo la nostra flotta, ma anche le infrastrutture, a cominciare da quelle dei nostri porti.
E’ l’intera catena che va migliorata, tenendo conto anche delle esigenze ambientali. Noi armatori stiamo iniziando ad utilizzare fonti energetiche con “zero emissioni”, e navi sempre più green. In ogni caso, nel 2020 scatterà un limite di zolfo nel combustibile marino dello 0,5%. Contestualmente stiamo valutando strumenti alternativi, come lo “scrubber”, che brucia lo zolfo presente nel carburante senza emettere nell’aria alcuna sostanza tossica, o l’utilizzo di GNL.
Manca la rete di distribuzione del GNL per rifornire le navi alimentate da tale nuovo carburante. Vi sono già unità da crociera e, da qualche giorno, anche un traghetto della società Caronte di Messina, che funzionano a GNL. Il problema è il rifornimento e su questo chiediamo l’impegno delle AdSP affinché adeguino i porti con i nuovi impianti e, soprattutto, in tempi ragionevoli. Altri Paesi come Francia e Spagna sono già dotati di questa nuova rete di approvvigionamento.”
4) Quale ruolo può svolgere Confitarma per sostenere la realizzazione delle ZES?
“Il tema è la collaborazione. Mi spiego. Sulla definizione e sulla conseguente strategia da seguire per la realizzazione della ZES campana, ma anche su quella delle atre regioni coinvolte, non c’è stato alcun coinvolgimento della mia, come di altre associazioni. A mio parere sulla ZES si sarebbe dovuto creare un coordinamento di tutti i soggetti interessati per lavorare tutti insieme al raggiungimento dell’obiettivo. Mi rammarico che ciò non sia avvenuto e ritengo che questo rappresenti una debolezza del sistema. Detto questo faremo di tutto per sostenerne l’entrata in funzione. Non posso però non ricordare che Confitarma non è stata mai chiamata, e questo per ribadire che non si fa sistema.”
5) Via della seta: il Presidente di Assoporti in un’intervista a” Porti Campani in Rete” ha affermato che i porti del centro-sud devono diventare piattaforme verso i paesi dell’Africa. E’ d’accordo? Cosa manca ai porti del sud per sviluppare, sul piano dei traffici e della logistica, le attività verso i Paesi africani?
“In un recente incontro, Ennio Cascetta ha ricordato che l’interscambio dei porti italiano è per l’80% intra Mediterraneo, solo il 3 % con la Cina. Sicuramente c’è una forte dipendenza con il Nord Africa, questo è il primo dato. Dall’altro punto di vista, ragionando sul perché l’Italia è vista come parte terminale della “Via della seta”, occorre considerare la vicinanza dei porti del Nord all’Europa. Tra i porti del nord, ritengo che Genova abbia qualche chance in più rispetto ai porti dell’alto Adriatico per l’incremento dei traffici. E’ chiaro che il nord est è il terminale “ferroviario” per la Via della seta. Il punto critico, per me, sono le opere infrastrutturali che dobbiamo costruire per conservare e rafforzare la competitività dei nostri porti.
Il vero tema è: l’Italia sarà in grado di sciogliere i nodi legati all’ammodernamento infrastrutturale indispensabile per connettere i nostri porti all’Europa? Le nostre aziende produttive situate soprattutto nel nord Italia, acquistano merci alla rinfuse o semilavorati per le loro lavorazioni all’estero. Le importano facendole transitare anche per i porti di Rotterdam, Amburgo e Anversa. Quindi, non sdoganano la loro merce negli scali italiani, e determinano, secondo dati calcolati da Confindustria, un gap della “logistica” di circa 40-50 miliardi di euro, perché all’interno della UE sulle merci si paga il dazio una volta sola, nello scalo di arrivo e di sdoganamento (non in Italia). In più, per diritto di ispezione, spostiamo i controlli nei punti più impervi, spesso alla frontiera. La merce che serve alle nostre imprese non entra dagli scali italiani ma da quelli del Nord Europa perché i nostri porti sono meno efficienti. Aggiungo che le imprese hanno bisogno di tempi certi di arrivo delle merci nelle fabbriche per le lavorazioni a ciclo continuo. E’ fondamentale la rapidità e la certezza dei tempi di sdoganamento e di uscita della merce dai porti di arrivo. Noi su questo non siamo competitivi. Per esempio a Rotterdam un contenitore deve essere controllato dalla Dogana entro tre ore dallo sbarco, qui in Italia sosta anche 6-7 giorni”.
6) Presidente una parte significativa degli Armatori del nostro Paese è di origine campana, se non napoletana. Lei stesso è napoletano e ha la sede della sua società a Napoli. Non ritiene che sia un settore dell’economia che, nonostante il peso e i numeri, influisca poco sulla crescita delle regioni del Meridione? Da cosa dipende?
“Sì concordo. L’anello debole nell’area meridionale è la difficoltà di riuscire a fare sistema e squadra, consolidando anche la formazione. Nonostante vi siano diversi Istituti nautici, il tipo di formazione che viene impartita è poco collegata con quello che richiede il settore dello shipping: dalla conoscenza delle lingue ad un insegnamento che tenga conto delle competenze necessarie. Non si è riusciti a creare un valido percorso post diploma ITS (Istituto Tecnico Superiore). L’Accademia di Genova, al contrario, organizza corsi biennali strettamente legati al fabbisogno del settore marittimo con cui c’è un continuo interscambio, come avviene a Gaeta, a Trieste, a Catania e Cagliari. In Campania si fa molta formazione rivolta a tutte le qualifiche di bordo, dal training di base ai moduli più sofisticati per ufficiali, ma tutta a carico dei privati (società armatoriali o singoli marittimi). E’ per me motivo di orgoglio aver contribuito all’apertura a Castel Volturno di un centro di alta formazione che ha formato l’anno scorso circa 15.000 marittimi provenienti da 88 nazioni. Con questo centro, assieme a Confitarma, siamo partner della Regione Campania che ha finanziato corsi IFTS per ufficiali di macchina: speriamo di renderli permanenti e trasformarli in ITS. In quella sede abbiamo anche aperto un istituto nautico privato, che porterà i primi diplomati l’anno prossimo. Abbiamo potuto notare quanto faccia bene ai ragazzi impegnati nel ciclo scolastico superiore stare a contatto, ogni giorno, con chi già lavora nel settore.”
7) Come Presidente di Confitarma e esponente di spicco dell’armamento napoletano, oltre che nazionale, come valuta i porti del sistema campano?
“Esprimo un giudizio più che positivo. I progetti ci sono, e sono convinto che saranno portati a termine. Quello che osservo, come dicevo prima, è la mancanza di un impegno comune. Dipende da noi del cluster marittimo superare la visione particolare per guardare all’interesse dell’intera comunità portuale. Dipende, però, anche dall’Autorità di Sistema spingere tutti noi a una maggiore collaborazione, potenziando l’attività di coordinamento e consultazione.”
Umberto De Gregorio: gli effetti positivi della governance dell’AdSP tra due anni.
Il Presidente EAV esprime il suo punto di vista sui cambiamenti in corso
di Emilia Leonetti
Con l’intervista al Presidente della società di trasporto regionale, EAV, diamo avvio alla rubrica “Quattro domande a…”. Rubrica di opinioni e di approfondimento su tematiche collegate al settore portuale e del trasporto che coinvolgerà esponenti di spicco della città e della regione. Umberto De Gregorio, Presidente dell’EAV, inaugura questa finestra sul sistema portuale “visto” dall’esterno.
1) Presidente De Gregorio, dal suo osservatorio, come valuta il sistema portuale campano. A due anni dall’avvio della riforma che ha ridotto le Autorità Portuali da 25 a 15, che ha dato vita ai sistemi portuali e che punta sulla interconnessione tra i diversi sistemi di trasporto?
“Per risponderle faccio un parallelo con EAV. Sembra che il Presidente Pietro Spirito abbia messo in moto una serie di azioni che dovrebbero rivoluzionare i servizi forniti dal porto alla città. Probabilmente gli effetti positivi si avvertiranno in un periodo non breve. Come è accaduto per EAV, dove siamo stati e siamo ancora impegnati in interventi di natura strutturale, che hanno richiesto e richiedono tempo, e dove per questo il servizio non è ancora percepito dagli utenti come significativamente migliore. Così immagino che sia per il porto e per il sistema portuale campano. Il giudizio dunque, sulla riforma e sui processi che la nuova governance ha attivato, è positivo.”
2) Quali sono i punti di contatto tra EAV e l’Ente di governo del territorio portuale?
“Il primo punto di contatto è che l’Autorità portuale, come EAV, è strettamente influenzata da una serie di fattori esterni. Nominare un Presidente o un Ad non è di per sé sufficiente a garantire il cambiamento. Il ruolo che ha un Presidente è anche quello di riuscire a superare tutto ciò che ostacola il cambiamento. Mi riferisco ai rapporti con i sindacati, al rapporto con la politica che deve essere di forte collaborazione ma di assoluta indipendenza, al rapporto con gli altri Enti che spesso sono lenti, burocratici. La direzione, a mio parere, deve essere di grande collaborazione, coniugata con una costante pressione per lo snellimento delle procedure, indispensabile per accelerare i tempi. Intendo dire che a noi spetta evidenziare le contraddizioni che esistono e che impediscono il cambiamento.”
3) Restando sul tema dello “snellimento” delle procedure. Siamo in attesa dell’approvazione da parte del Governo del Decreto sullo snellimento delle procedure amministrative per le aree “ZES”. Augurandoci che l’iter di avvio della ZES Campania si concluda al più presto, cosa pensa dello strumento? Lo ritiene sufficiente per rafforzare il tessuto economico-produttivo della Campania?
“Sento parlare di ZES da molti anni, quando si parla da molto tempo di un argomento tendo ad essere un po’ diffidente. Il rischio che rappresenti un modo per non affrontare i nodi infrastrutturali esiste. Per scongiurare questo rischio occorrerebbe sburocratizzare al massimo le procedure, cosa che mi sembra non ancora compiuta. Penso, poi, che le agevolazioni fiscali debbano essere finanziate e che debbano essere sufficienti per l’intera area ZES. Quella della Campania è estesa e comprende anche aree interne, per cui il rischio è creare una disomogeneità di trattamento.”
4) Venendo al rapporto porto-città, ritiene che abbiamo imboccato la strada giusta per l’integrazione?
“Ritengo che il porto sia ancora un po’ dispersivo. Eav ha installato una navetta per il collegamento tra Porta Massa e Beverello per dare risposta a esigenze di spostamento all’interno dello scalo. C’è ancora un grande lavoro da fare e in questo processo di integrazione il progetto del Beverello è fondamentale ed è una grande opportunità per Napoli. La zona del Beverello con Piazza Municipio, a lavori terminati della Linea 1 della Metropolitana, rappresenterà il maggior punto di interesse turistico e di traffico passeggeri per tutto il Mezzogiorno. E’ obiettivo strategico . Tutti noi dobbiamo smettere di fare polemiche fini a se stesse: sono uno dei mali della città, soprattutto quando la polemica non è in grado di proporre una soluzione alternativa. Collaboriamo tutti con il nuovo progetto portato avanti dal Presidente Spirito.”
Raffaele Langella: il modello “Singapore” , spunti per il sistema portuale campano
L’Ambasciatore anticipa alcuni degli scopi della missione di lavoro fissata per fine novembre
di Emilia Leonetti
- Ambasciatore, Lei ricopre l’incarico dal 1 agosto 2017, e ha avuto modo, credo, in oltre un anno di attività, di conoscere la Città-Stato di Singapore. Una Città-Stato grande come la Regione Campania se consideriamo il numero dei suoi abitanti, 5 milioni e 600 mila ( dati 2017). Un’economia, però, che a differenza della nostra cresce costantemente (oltre il 2% annuo) e in cui la disoccupazione è al 2,1%. Se, poi, consideriamo il porto, Singapore ha movimentato, nel 2017, oltre 30 milioni di contenitori in teu. Pur considerando le differenze “politiche” e “economiche”, quali sono i fattori che potrebbero essere utili ad uno sviluppo del sistema portuale campano, e più in generale della sua economia?
Posto che si tratta di due modelli non sovrapponibili, è evidente che uno studio accurato del sistema portuale singaporiano può fornire spunti interessanti anche per le strutture italiane, e campane in particolare. Il porto di Napoli gode di una posizione privilegiata, che la rende uno dei terminali naturali della c.d. “via della seta marittima”, il progetto infrastrutturale di ampio respiro avviato dalla Cina per incrementare i flussi commerciali tra Occidente e Oriente. Per fare ciò occorrono ovviamente attrezzature all’avanguardia e infrastrutture. Faccio un esempio quasi banale, ma la cosa che più mi ha impressionato visitando il porto di Singapore è il grado di automazione. Molte delle operazioni di carico e scarico, nonché di trasporto, sono eseguite senza bisogno dell’intervento umano, e questo permette di gestire in contemporanea un numero elevatissimo di operazioni. E ciò non ha conseguenze negative sui livelli occupazionali: il numero di tecnici specializzati richiesti per gestire una tale mole di operazioni è infatti molto alto. Un altro fattore di grossa attrattiva del porto di Singapore è costituito dalla cosiddette “Zone di libero scambio”, piccole aree a regime speciale all’interno del porto dove i prodotti possono essere stoccati, assemblati e rivenduti senza dover pagare dazi o imposte.
- Quali sono le azioni che dovremmo costruire per giungere, se non ad un’integrazione, almeno ad una più stretta collaborazione tra le aree portuali di Singapore e dei porti dell’AdSP?
L’integrazione avviene innanzitutto con l’intensificazione dei rapporti commerciali. Sono in ogni caso essenziali le prese di contatto “dirette”, come la missione del “Propeller Club” che si terrà a Singapore a fine novembre. Gli studi di sistemi portuali stranieri, ma ormai a noi sempre più vicini come quelli asiatici, sono fondamentali. Per fare ciò è necessario un continuo scambio di expertise, che può essere raggiunto solo incontrandosi periodicamente e costruendo una consuetudine che, al momento, non sempre esiste. Da parte di Singapore, del resto, questa consapevolezza c’è già da tempo: non per niente l’Autorità portuale della Città-Stato ha investito molto in due porti nostrani, Genova e Venezia.
- Il sistema portuale campano su cui l’AdSP del Mar Tirreno Centrale ha competenza, parla sulle sue banchine “cinese”. Nel senso che, nel settore del traffico container, circa l’65% della merce che arriva proviene dalla Cina. Senza voler pensare di interferire, ma volendo puntare ad un riequilibrio anche minimo tra import ed export, cosa, a suo parere, si dovrebbe fare a livello governativo, di Regione Campania e di AdSP?
Il nostro export verso l’Asia è in crescita. Come sappiamo bene, la capacità delle nostre imprese di avere successo sui mercati esteri è uno dei fattori trainanti della nostra economia. Con la firma dell’accordo di libero scambio con alcuni importanti Paesi asiatici, che prevedono tutele importanti per i nostri prodotti agroalimentari (abbattimento delle barriere non tariffarie e riconoscimento delle denominazione di origine, per fare due esempi), la situazione per i nostri esportatori è destinata a migliorare ulteriormente.
- Veniamo ora alla missione di lavoro organizzata dal Propeller club di Napoli per la fine di novembre. Alla missione prenderanno parte, oltre ad una significativa rappresentanza del cluster marittimo, il Presidente Pietro Spirito, il Direttore di SRM, Banca Intesa San Paolo. Quale contributo fornirà alla missione? Soprattutto quali sono i contenuti e gli obiettivi?
Come dicevo, è importante tessere una fitta rete di relazioni a tutti i livelli con i più importanti porti asiatici, per presentarci come partner credibili e cogliere a pieno le future opportunità di business. Da questo punto voglio sottolineare l’importanza di pubblicazioni come l’annuale rapporto sulla “Maritime Economy” di SRM, nel diffondere la consapevolezza dell’importanza dei traffici marittimi quale motore per la crescita. Nell’ultima edizione di quello studio un ampio approfondimento era dedicato proprio a Singapore: la missione del Propeller Club deve essere vista in ideale continuazione, sul versante del business, della missione di studio condotta da SRM la scorsa primavera. Dal canto nostro, come Ambasciata, abbiamo aiutato a stilare per la missione del Propeller un’agenda ricca di incontri con importanti interlocutori locali, sia del mondo istituzionale che degli affari, da cui sono certo scaturiranno numerose opportunità di collaborazione.
- Quali sono a suo parere i risultati che il sistema portuale campano e il nostro territorio possono, ragionevolmente, attendersi dagli incontri che si terranno dal 19 al 23 novembre?
Innanzitutto presentare un’immagine aggiornata del sistema portuale campano e delle opportunità che esso presenta. Vi sono state numerose riforme, negli ultimi anni, a livello sia nazionale che locale per rendere i nostri porti destinazioni commerciali sempre più attrattive. Sarà importante fare il punto dei progressi ottenuti e renderli noti a chi, dall’altra parte del mondo, spesso ha una visione parziale o non del tutto aggiornata del nostro sistema di infrastrutture marittime. Infine, credo sia importante sottolineare come la missione che si recherà a Singapore sia rappresentativa di diverse realtà italiane di spicco. Questo è fondamentale per dare un’idea di unità e di compattezza del “Sistema Paese”, che ha la sua forza nell’unità e nella cooperazione tra i diversi attori.
- Ambasciatore, ci siamo conosciuti in occasione della presentazione della ZES Campania, promossa dal Banco di Napoli, nello scorso mese di giugno. Esistono differenze “strategiche”, “fiscali”, “ normative” e “burocratiche”, tra le ZES italiane e le ZES asiatiche?
Vi sono numerose differenze, dal punto di vista tecnico e del contesto. Basti pensare che in Cina le ZES si collocano in prossimita’ di alcune delle città più ricche del Paese. Credo in ogni caso che da noi le ZES siano un eccellente strumento per promuovere maggiori investimenti al Sud e favorire il consolidamento di un sistema produttivo efficace sul territorio.
- Lei è napoletano, per lavoro ha avuto la possibilità di conoscere luoghi, persone, sistemi più avanzati. In questo momento vive e lavora in un Paese fortemente orientato all’innovazione ed estremamente competitivo sul piano della struttura industriale, della dotazione infrastrutturale, del sistema finanziario/bancario, per non parlare della gestione amministrativa efficiente e trasparente, cosa suggerirebbe per rafforzare l’economia del Mezzogiorno ? Ritiene le ZES uno strumento sufficiente o pensa che dovremmo individuare altri strumenti?
Si tratta di un argomento delicato e complesso, su cui sono stati scritti decine di volumi e che è difficile affrontare in uno spazio limitato. Credo che il modello Singapore, anche se può fornire alcune indicazioni utili, non debba però trarre in inganno: esso affonda le sue radici in un contesto culturale completamente diverso, quello asiatico, e costituisce un “esperimento sociale” unico, che ha funzionato anche per la limitatezza del territorio e della popolazione coinvolti. Non credo quindi che le sue ricette siano tout court trasferibili al nostro Paese. Sicuramente l’ambizione di Singapore a porsi come “hub” logistico e tecnologico per un mercato molto più ampio, quello del Sud Est asiatico, è qualcosa che può funzionare anche da noi. I porti Italiani devono essere la principale porta d’accesso all’Europa per i grandi flussi di merci provenienti dall’Asia. Per fare ciò non basta la posizione favorevole, ma occorrono infrastrutture all’avanguardia e servizi al livello con i nostri principali concorrenti mondiali. Siamo certamente sulla buona strada, ma chissà che questa visita a Singapore non fornisca spunti ulteriori…
Vito Grassi: i miei obiettivi per la Campania e il Mezzogiorno
Innovazione per le imprese e efficienza PA: le direttrici da seguire.
di Emilia Leonetti
- Presidente Vito Grassi, Lei ha dichiarato che “Napoli, Il Mezzogiorno, l’ Europa hanno bisogno di una politica industriale che metta al centro la competitività delle aziende. Vanno create le condizioni per il rilancio dell’impresa manifatturiera, tenendo conto dell’intera catena del valore, incluse le fasi precedenti e successive al processo produttivo.” A quali condizioni fa riferimento? In che modo la politica industriale deve mettere al centro la competitività delle aziende?
Le nostre imprese devono stare al passo con l’innovazione. E’ un impegno che coinvolge tutti. Le imprese, ma anche le istituzioni che devono favorire questa direzione di marcia, continuando ad esempio ad attuare misure di politica industriale come Impresa 4.0. E, con le imprese e le istituzioni, deve dialogare sempre di più il mondo dell’università e della ricerca. Una delle condizioni di crescita della competitività del sistema territoriale è la realizzazione di una collaborazione proficua, che agevoli il trasferimento tecnologico verso il mondo delle pmi. Solo così trasformeremo la rivoluzione digitale in atto da possibile rischio in straordinaria opportunità. Ai nostri governanti, inoltre, a ogni livello, spetta il compito di realizzare o completare infrastrutture e servizi ormai indispensabili perché le nostre imprese possano competere ad armi pari sui mercati internazionali: dalle reti logistiche e dei trasporti a quelle tecnologiche ed energetiche.
- Il territorio campano e, in generale del Mezzogiorno, deve diventare attraente ma deve essere anche capace di esprimere realtà imprenditoriali orientate all’innovazione. Quale ruolo devono rispettivamente svolgere le Istituzioni ed il mondo dell’imprenditoria meridionale?
Le istituzioni, oltre a sviluppare politiche e proporre strumenti di politica industriale, come Impresa 4.0, devono rimuovere ostacoli che frenano la crescita delle imprese. L’efficienza delle amministrazioni pubbliche è un fattore che incide notevolmente, in certi casi è addirittura decisivo, per il buon esito di progetti e iniziative aziendali. Oltre ai danni per lo sviluppo dell’economia, la mala burocrazia crea le condizioni per la diffusione pervasiva di pratiche corruttive. Ma anche il mondo delle imprese deve fare la sua parte, e mi sembra lo stia facendo. L’esempio più evidente sono i Digital Innovation Hub, con i quali stiamo cercando di diffondere la cultura digitale indispensabile per i nuovi modelli produttivi proposti dall’evoluzione tecnologica.
- Un cambio di passo è avvenuto. La ZES della Campania è ora una realtà. L’imprenditoria locale ha, a suo parere, le competenze, la dimensione, la capacità innovativa per concorrere?
La Zes dovrebbe rendere attrattivo il territorio per insediamenti di notevole portata, grazie a un credito d’imposta fruibile fino a un tetto di 50 milioni di euro. E’ auspicabile che tale possibilità determini un incremento considerevole degli Ide nella nostra regione. Ma accanto agli investimenti diretti esteri e a iniziative promosse da aziende italiane di altre aree, la Zona economica speciale potrà dare impulso all’impresa locale. Il nostro tessuto produttivo esprime sicuramente competenze molto qualificate e progettualità di prim’ordine. La Zes, agevolando la crescita di filiere, dovrebbe promuovere anche la crescita di piccole imprese ad alto tasso di innovazione, incluse le startup. Non dimentichiamo che la Campania è tra le prime regioni italiane per numero di imprese innovative.
- In una intervista rilasciata a “Porti Campani in rete”, Il Direttore di SRM, Massimo Deandreis, ha precisato che “la ZES è potenzialmente conveniente anche per operatori già localizzati nell’area e che possono approfittare dei vantaggi fiscali e burocratici previsti per ampliare capannoni o attività. In teoria si delinea un quadro equilibrato tra parte dell’ economia locale e parte dell’economia estera che deve arrivare. L’attrazione è un pezzo del lavoro, l’ altro pezzo è far capire a chi è insidiato il vantaggio di investire o espandere l’attività”. In che modo l’Associazione degli Industriali di cui Lei è a capo si muoverà per favorire la partecipazione delle imprese campane nell’area ZES?
Nella governance della Zes campana è presente una nostra rappresentanza. Anche attraverso questo importante tramite, cercheremo di sviluppare strategie dirette a sensibilizzare le imprese sulle opportunità presenti nella Zona speciale. Naturalmente, a livello associativo, regionale e provinciale, non mancheranno momenti di approfondimento e iniziative specifiche per ottimizzare questa importante chance di sviluppo, non appena i suoi vantaggi saranno concretamente fruibili dalle imprese. La ZES potrà essere un ottimo banco di prova per il partenariato pubblico-privato, che promuoviamo da tempo, e che le misure di semplificazione burocratica inserite nella legge, potranno agevolmente testare.
- Vorrei soffermarmi sulla strategia che l’Unione Industriali Napoli deve delineare per favorire un sostenuto sviluppo dell’economia e dell’occupazione in Campania. Quali sono i principali settori su cui intende indirizzare la strategia di sviluppo e perché?
Pensiamo che si debbano promuovere politica e strumenti trasversali più che settori. Determinare i presupposti per una maggiore competitività, ad ogni livello. Alcune evoluzioni richiedono una svolta anche nella cultura imprenditoriale, che puntiamo a favorire. Mi riferisco ad esempio alle aggregazioni, che possono consolidare le preesistenze qualificate in ambiti come automotive, ferroviario, aerospazio, meccanica, agroalimentare, sistema moda, cantieristica, servizi innovativi. Dobbiamo, più in generale, operare perché ogni potenzialità latente trovi modo di esprimersi appieno. Dal turismo e dall’industria culturale a settori come il sanitario, che possono trovare nell’impresa privata un contributo importante alla razionalizzazione e all’efficientamento.
Intendiamo puntare sulle persone, sui loro talenti. Proprio per questo ci impegneremo con forza per una formazione più al passo con le esigenze poste dai nuovi modelli di impresa. Mettere al centro il capitale umano significa promuovere una società inclusiva, una crescita sostenibile, responsabile, fondata sulla collaborazione e la condivisione. Come è sottolineato nel nostro programma, i motori del possibile cambiamento sono gli imprenditori, ma anche tutti i loro collaboratori.
- Napoli Est e Bagnoli. In che modo l’Unione degli Industriali intende intervenire nella discussione sul destino delle aree? Pensa che debba avere un ruolo? O ritiene di dover lasciare al Governo e alle Istituzioni locali, il compito di individuare la destinazione d’uso?
Le opzioni prioritarie per lo sviluppo di queste due grandi aree sono già in buona parte delineate. Le difficoltà nascono piuttosto dai tempi di attuazione del processo di riconversione e rigenerazione urbana. A ovest penso ad esempio agli effetti indiretti di vicende giudiziarie, al sequestro dei suoli. Nell’area orientale scontiamo l’assenza di un piano energetico nazionale che individui una soluzione per la rilocalizzazione degli impianti petroliferi. La nostra azione di pressing verso le istituzioni a ogni livello sarà diretta ad accelerare l’avvio di percorsi, anche temporaneamente parziali, tracciati nel solco di una pianificazione strategica i cui contorni, come dicevo, sono già ampiamente definibili. Turismo, ricerca, industria leggera e innovativa, green economy, impresa del tempo libero, industria culturale. Sono questi, a grandi linee, gli orizzonti prospettici per la nuova Napoli, che include a ovest l’intera area dei Campi Flegrei, mentre a est può e deve estendersi sino all’area vesuviana dei grandi giacimenti archeologici.
- Uno dei temi che periodicamente ritorna è quello del ruolo delle banche per sostenere le imprese virtuose. Per la ZES sappiamo che Banca Intesa San Paolo ha stanziato un plafond di 1 miliardo e 500 milioni. Ma al di fuori del caso ZES, come pensa si debba lavorare per favorire il credito alle imprese?
Da tempo l’Unione Industriali Napoli opera su questo versante. Abbiamo definito convenzioni, creato sportelli, assistito le piccole imprese nella loro interlocuzione con gli istituti di credito. Con le banche ci accomuna l’interesse non solo alla sopravvivenza, ma al consolidamento e all’espansione del tessuto produttivo. L’impegno è, dunque, congiunto e si indirizza, da un lato, a ottenere valutazioni sempre più improntate alla progettualità delle iniziative piuttosto che esclusivamente alla prestazione di garanzie, dall’altro, a diffondere una sempre maggiore cultura finanziaria presso le nostre imprese, soprattutto su nuovi strumenti complementari al credito bancario.
- Altro nodo della questione impresa/innovazione è la ricerca. Ritiene che in Campania e nel Mezzogiorno vi siano centri di ricerca in grado di coadiuvare le imprese che intendono investire nello sviluppo tecnologico e nell’innovazione dei processi e dei prodotti?
Non solo ci credo, ma sono impegnato sia come imprenditore che come Presidente di Unione Industriali e Confindustria Campania a portare avanti iniziative congiunte. Lo dimostra, in primo luogo, il nostro Campania Digital Innovation Hub, che tra l’altro ha aderito al Centro di Competenza promosso dall’Università Federico II.
- Presidente Grassi vorrei chiudere la nostra intervista tornando su un richiamo da Lei fatto alcuni giorni fa alle Istituzioni locali. Perché ha ritenuto indispensabile invitare Comune e Regione ad un rapporto istituzionale improntato alla collaborazione? Soprattutto come pensa di agire “politicamente” per favorire la collaborazione e il dialogo tra il Governo della Città e quello della Regione Campania?
Oggi viviamo nel pieno di quella che definisco una vera e proprio sfida per lo sviluppo. Ci riguarda e ci rende responsabili, come classe dirigente, del destino delle prossime generazioni. In tale scenario, le divisioni politiche non devono incidere sulla capacità di fare sistema per promuovere tutto insieme il nostro amato territorio, alla stregua di quanto avviene in Lombardia. In questo senso, vedere tutti i governatori meridionali, allo stesso tavolo, rivendicare con orgoglio quanto è stato negato negli anni passati, è stata un’ottima iniezione di fiducia.
Un dialogo costruttivo potrà porre le basi per la crescita innanzitutto infrastrutturale dell’intero territorio del Mezzogiorno.
Sono convinto che il Governatore De Luca e il Sindaco de Magistris troveranno modalità di confronto che consentano di cogliere l’obiettivo di fondo, il benessere del territorio e della sua popolazione.
Il mondo dell’impresa ha un solo modo per fare politica: portare all’attenzione istituzionale idee e progetti, segnalando, laddove necessario, criticità e nodi da sbrogliare. Continueremo con sempre maggiore impegno a operare in questa direzione.
Le zone economiche speciali per un nuovo sviluppo del Mezzogiorno
di Pietro Spirito, Presidente dell’ Autorità di Sistema Portuale del Tirreno Centrale
Dopo gli ultimi decenni nei quali le misure di intervento per il Mezzogiorno erano state bandite dal vocabolario della politica economica italiana, finalmente si assiste ad una rinnovata attenzione alla questione meridionale. Il 12 agosto scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 91, concernente disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, convertito con legge n. 123 il 3 agosto 2017.
Tra gli interventi previsti, sono state istituite le zone economiche speciali (ZES). Dovremo prendere familiarità con questo termine. Per ZES si intende una zona geograficamente limitata e chiaramente identificata, nella quale le aziende già operative, e quelle che si insedieranno, potranno beneficiare di speciali condizioni per gli investimenti e per lo sviluppo.
Al fine di generare vantaggi competitivi, il legislatore ha deciso che la perimetrazione delle ZES deve includere almeno un’area portuale compresa nella rete transeuropea dei trasporti. I vantaggi si traducono in benefici fiscali ed in semplificazioni amministrative: il credito di imposta viene elevato ad un valore massimo pari 50 milioni di euro per ciascun singolo investimento effettuato nelle ZES, mentre si punta su procedure semplificate ed adempimenti basati su criteri derogatori, fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro della coesione territoriale e il Mezzogiorno.
Entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, saranno fissate le modalità ed i criteri per la istituzione delle ZES. Poi, con successivi provvedimenti di Governo, saranno istituite le singole zone economiche speciali.
Le Regioni Campania e Calabria si sono già candidate ad essere i primi luoghi insediativi per le ZES, avendo approvato provvedimenti di Giunta che definiscono criteri e modalità per la costituzione delle aree nelle quali saranno resi operativi i meccanismi di agevolazione previsti dalla legge approvata di recente. I porti di Napoli, Salerno e Gioia Tauro saranno i baricentri di questa innovazione.
Dopo la crisi economica del 2007, il divario territoriale nel nostro Paese si è dilatato. Solo di recente cominciano ad emergere, in alcune aree del Mezzogiorno, segnali di inversione di tendenza, che vanno incoraggiati e rafforzati. Serve una accelerazione che non può essere data solo dalle forze endogene del mercato. Va rinnovata la cassetta degli attrezzi della politica economica.
Le ZES si sono affermate nel mondo come laboratori per l’attrazione degli investimenti e come incubatori di innovazione, capaci di promuovere lo sviluppo produttivo ed occupazionale. La storia delle ZES ha conosciuto una rapida accelerazione negli ultimi decenni, anche per contrastare la crisi emersa a partire dal 2007. Oggi esistono nel mondo oltre 4.500 zone economiche speciali, istituite in più di 135 Nazioni, che contribuiscono al mantenimento di circa 70 milioni di posti di lavoro. Nella sola Unione Europea esistono formalmente 16 ZES operative, di cui 14 in Polonia.
L’esperienza polacca mostra risultati particolarmente interessanti, raggiunti grazie allo strumento delle ZES: sono stati creati oltre 287.000 nuovi posti di lavoro tra il 2005 ed il 2015, con una attrazione di investimenti pari a 170 miliardi di euro: l’Italia, tra l’altro, è il quinto investitore nelle ZES polacche; nelle aree in cui è stata istituita una ZES, la disoccupazione è inferiore del 2-3%, ed il PIL è più alto del 7-8% rispetto alla media delle altre aree. Proprio per i positivi risultati conseguiti, il governo polacco ha deciso di prorogare gli effetti temporali delle ZES, che dovevano cessare la propria operatività al 2020, portando il tempo sino al 2026.
Nella individuazione del perimetro delle ZES, il Governo italiano ha scelto il criterio in base al quale l’area, anche non territorialmente adiacente, deve presentare un nesso economico-funzionale che comprenda almeno un’area portuale, collegata alla rete transeuropea dei trasporti.
Il legame tra attrazione degli investimenti produttivi ed adeguatezza logistica costituisce una delle chiavi di volta per l’efficacia delle politiche industriali e per il recupero di competitività dei territori. Non contano più solo lavoro e capitali per generare produttività, ma anche competenze e connessioni. Nel paradigma della nuova economia industriale, la logistica svolge un ruolo determinante.
Senza un accesso efficiente ai mercati si determina uno svantaggio competitivo difficilmente colmabile. Accanto a questo elemento, che conta sempre più nella determinazione della produttività totale dei fattori, serve la capacità di far crescere la dimensione delle imprese e di puntare sui settori ad elevato contenuto tecnologico, per modificare la traiettoria di una specializzazione manifatturiera ancora concentrata sui settori maturi.
Con le ZES si apre una nuova stagione per le politiche di sviluppo nel Mezzogiorno. Né incentivi a pioggia, né intervento diretto dello Stato nell’economia. Le forze produttive potranno contare una cornice di maggiore competitività determinata da strumenti di semplificazione, crediti di imposta adeguati per la realizzazione di investimenti, contiguità ad aree già dotate di infrastrutture e di servizi per la logistica.
Quando saranno adottati dal Governo i provvedimenti attuativi del decreto 91, la palla passerà al tessuto economico e sociale del Mezzogiorno, che dovrà dimostrare di essere pronto all’appuntamento dell’innovazione.
Se vogliamo lavorare perché l’Italia superi la grave crisi industriale e sociale dell’ultimo decennio, una delle chiavi attraverso le quali è possibile riaprire la porta dello sviluppo è la attivazione di una nuova politica economica: le zone economiche speciali possono essere uno strumento efficace in questa direzione.