La Zona Economica Speciale della Campania: più esportazione, occupazione e innovazione

La Zona Economica Speciale della Campania: più esportazione, occupazione e innovazione

Di Ennio Forte

Oltre al titolo, le parole chiave delle ZES da attivare sono anche semplificazione e globalizzazione per la ripresa dell’economia del Mezzogiorno attraverso nuovi investimenti attratti dalle ZES come  calamite. Nel quadro dell’economia globale assistiamo da un lato al neoprotezionismo USA attraverso l’aumento dei dazi su semilavorati e prodotti di acciaio e alluminio volti a frenare le importazioni dalla Cina, dall’altro ad una risposta delle economie orientali, guidate dalla Cina, basate  sulla realizzazione congiunta di investimenti infrastrutturali e industriali per potenziare le esportazioni delle produzioni di massa orientali, oltre a materie prime da reperire alle fonti potenziando le connessioni ferroviarie ai porti, tramite il potenziamento delle reti logistiche che hanno nei porti il vero snodo strategico. E’ infatti proprio l’economia del mare,  per i tipici vantaggi di scala, a dettare l’architettura delle filiere industriali sempre più frazionate nell’acquisizione degli input, che danno luogo a reti-valore logistico dove gli input vengono assemblati e/ finissati in processi in continua evoluzione. Il ruolo delle economie orientali è quindi di fornitura di input intermedi per realizzare prodotti finiti, o ancora  intermedi ma di livello superiore, fino ai prodotti finiti. In tale gioco a cascata, nelle free zone l’esperienza insegna che è la lavorazione a valore aggiunto (added value)a imporre economie industriali di quasi manufacturing azzerando il vecchio modello della grande industria a concentrazione totale (Ford e Fiat ad esempio) e modelli di industrializzazione primaria. In tale scenario l’abbinamento tra investimenti in reti di trasporto e nodi logistici detta la tabella di marcia. Oltre al tasso di cambio, ai dazi, alla liberalizzazione dei commerci, ecc., è allora la minore incidenza dei costi logistici a determinare le scelte degli investitori. Da un lato esportazioni di massa dall’oriente verso l’occidente, dall’altro le esportazioni di beni tecnologici e di maggiore qualità dall’occidente verso l’oriente. In tale ottica di economia globale il pianeta ha raggiunto traguardi assolutamente impensabili prima, e in così poco tempo, dove il costo del lavoro e il numero di occupati, grazie ai flussi export, hanno avvicinato diverse culture ed economie reali in un benessere diffuso proprio per le migliaia di free zone presenti in tutto il mondo che costituiscono motori dello sviluppo per i tanti paesi entrati in rete. La progettazione e realizzazione delle diverse “vie della seta” puntano al consolidamento delle economie orientali ma anche al potenziamento, ad es., delle ferrovie africane per la migliore connessione delle fonti di materie prime ed energetiche ai porti e l’economia del mare di interesse per l’economia cinese. In definitiva, è il valore logistico a determinare le scelte degli investitori, valore determinato dalle attrazioni in termini di esistenza di filiere di eccellenza, dei vantaggi di costo del lavoro e di insediamento ma, soprattutto, la presenza di attività logistiche a valore, o di magazzino, per le forniture alla grande distribuzione organizzata (GDO) e per il commercio elettronico in forte espansione. I distripark, poli, distretti o parchi logistici, nati in Olanda ma poi presenti in tutto il mondo, vedono nei retro porti,  nel senso geografico della prossimità ai porti, una costante presenza di attività di quasi manufacturing , unitamente ad un diverso ruolo degli interporti e delle esistenti aree ASI dove la ZES Campania propone una ripartenza delle attività industriali, dando a ben vedere minore rilievo alle attività a valore logistico piuttosto che a modelli di sviluppo industriale che mostrano nell’attuale fase dell’economia globale minore attrattiva. Naturalmente bisogna essere vigili sulle eventuali “trappole” delle presunte crescite occupazionali (ad esempio i pomodori cinesi o il latte in polvere di bufala indiano nei flussi import che potrebbero danneggiare le nostre storiche eccellenze in tutto il mondo e fiore all’occhiello dei flussi export regionali). Dalle vie cinesi della seta il Mezzogiorno subisce una sorta di accerchiamento dovuto anche al nuovo ruolo dei porti del nord Italia (porti degli archi nord Adriatico e Tirreno) a discapito della portualità meridionale che mostra crisi nella chiusura di Taranto e cali di traffico a Gioia Tauro, ma nuovi successi nei flussi dei rotabili e dei container nei porti di rilevanza regionale gateway). Con l’approvazione del Piano di sviluppo strategico della ZES, arriva uno strumento di sviluppo economico che la Campania e il Mezzogiorno aspettavano da tempo. Finalmente, infatti, si prevedono interventi sui sistemi locali produttivi che tengano conto delle dinamiche globali dell’economia e delle opportunità di crescita derivanti dalla liberalizzazione dei commerci e dall’apertura dei mercati internazionali  che hanno visto la partecipazione di “nuovi entranti” nel WTO ed il rafforzamento di paesi che hanno investito nella logistica, in primis la Germania, ma anche l’Italia che orienta le politiche di sviluppo regionale alla globalizzazione dei mercati ed alla attrazione di investimenti basate su opportunità localizzative derivanti da prossimità industriali generate dalle reti di trasporto locali e globali e soprattutto dalle vie del mare. Da qui il ruolo centrale dei porti di Napoli e Salerno e dell’AdS Autorità di Sistema) del Tirreno centrale nelle rinnovate funzioni strategiche, sue per legge. Nel caso delle ZES, come definite dal Legislatore, a differenza di altre esperienze (Polonia), l’innovazione coniuga l’attivazione di aree con funzione di insediamento produttivo agevolato e di vantaggio, che offrono “pacchetti” di incentivi, agevolazioni e semplificazioni amministrative alle imprese con attività presenti nelle cosiddette export processing zone che agevolano l’ esportazione e la ri-esportazione di beni che, in quanto lavorati in loco (container aperti), acquisiscono valore aggiunto in relazione alle attività di trasporto e  logistica, che potranno a loro volta attivare altrettante relazioni con la logistica multimodale (air-cargo, intermodalità ferroviaria, interporti gomma-ferro, combinato strada-mare). Tali ultime funzioni sono presenti nei grandi HUB del Nord Europa, dell’Asia e delle Americhe incluse nelle “zone di libero scambio” (free trade zone), che offrono esenzioni parziali o totali sui dazi, all’import o all’export, principalmente per beni che vengono riesportati dopo aver subito lavorazioni intermedie e/o finali in loco.  In tali aree non si svolgono attività di “semplice”  movimentazione e magazzino merci, ma piuttosto attività logistiche avanzate che si associano al trasporto o al trasbordo di merci all’interno delle “catene globali del valore”, spesso in processi produttivi integrati multi-impresa e multi-ubicazione connessi virtualmente a sistemi web (Industria 4.0) e, fisicamente, a sistemi logistici multimodali innovativi. D’altro canto, gli stessi porti rappresentano i principali  snodi di accesso alle reti globali di interscambio commerciale, superando il concetto di semplice transito in rete ma assumendo quello fondamentale di luogo customer-friedly cioè di localizzazione di imprese  e facilitazioni di scambi volti sia alla riduzione dei costi di transazione, (es.trasporti e logistiche) ma ancora di più alla creazione di valore. A tal fine, anche nel Mezzogiorno, le “nuove” Autorità portuali, attraverso le ZES, come già visto in esperienze internazionali, potranno contribuire alla migliore integrazione  delle supply-chain adottando politiche volte ad espandere il bacino di influenza economica ed estendere la gamma dei servizi offerti consentendo alle imprese più innovative di insediarsi profittevolmente. La recente integrazione della governance dei porti regionali induce verso la specializzazione dei servizi offerti dalle infrastrutture per un migliore livello di servizio, dal punto di vista economico e ambientale, a supporto di un bacino industriale e distributivo che, grazie agli incentivi ZES, potrà ricevere una forte spinta all’internazionalizzazione e innovazione. Gli investimenti aggiuntivi sono certamente attesi nei settori caratterizzati dalle eccellenze presenti nelle filiere definite “4A+Pharma” (Aerospazio, Automotive, Alimentare, Abbigliamento, Farmaceutico), che generano oltre 4 miliardi di euro di valore aggiunto, circa 6 miliardi di euro di esportazioni e che occupano nel complesso circa 70.000 addetti (Svimez, 2017). Ma certamente sono auspicati investimenti in alta tecnologia, sistemi informativi e ICT, biotech, attività ad elevata intensità logistica (4PL), centri di distribuzione europei per l’import-export (EDC), ecc. Di estremo interesse sono inoltre i legami funzionali che possono avviarsi con università e centri di ricerca pubblici e privati per lo sviluppo di progetti di ricerca applicata ai settori a cui appartengono le imprese insediate (Industry 4.0) che potranno sfruttare economie di prossimità relazionale e cognitiva “a rete”e che più facilmente potranno diffondersi spill-over e trasferimento di conoscenze attraverso cooperazione a rete, spin-off locali, distretti tecnologici, ecc. per i quali sono previsti ulteriori incentivi europei, nazionali e regionali. In questo senso dovrebbero avere posizione prioritaria gli investimenti per l’integrazione logistica delle filiere di eccellenza nelle aree produttive del Mezzogiorno per le proposte innovative di processo anche per le imprese di trasporti e  logistiche (ma anche della cantieristica e del turismo). Accanto ai molti pregi del Piano ZES Campania, qualche dubbio emerge sul ruolo delle aree  portuali necessarie a razionalizzare l’uso delle infrastrutture di trasporto a servizio dei sistemi produttivi locali (come ad esempio gli interporti), in quanto non risulta chiaro se eventuali proposte di investimento (progetti) possano ricevere agevolazioni ai sensi dei regolamenti europei in materia di aiuti di Stato alle imprese. Con l’attuazione della ZES risulteranno utili i nuovi previsti interventi avviati dall’AdS per meglio servire le diverse tipologie di traffico marittimo ed intermodale (nuovi terminal container, terminal ferroviari ad elevata capacità, accessibilità al sistema autostradale, dragaggi, ecc.). Le recenti ulteriori aperture del Governo cinese al commercio internazionale da e verso l’Europa, con massicci investimenti lungo le direttrici terrestri e marittime delle molte  “vie della seta”, dove convergono investimenti ferroviari e portuali per la maggiore connettività intermodale, impongono misure di sostegno alla rete logistica del Mezzogiorno d’Italia, ferrovie e porti in primis, che nei porti di transhipment italiani risulta alquanto penalizzata, non disponendo di un sistema logistico-infrastrutturale adeguato alla localizzazione di imprese ed alla connessa attrazione di investimenti. Si rileva piuttosto per l’economia meridionale italiana scarsa attenzione nelle politiche nazionali ed europee volte ad arginare l’emergente rischio di parziale emarginazione connessa alle scelte cinesi e, più in generale, dei flussi mediterranei rispetto alle reti TEN europee ed ai progetti prioritari. Il Mediterraneo occidentale risulta penalizzato da due lati: da un lato la via della seta terrestre, totalmente ferroviaria, che potrebbe indebolire la tradizionale via marittima Estremo Oriente-Suez-Mediterraneo-Nord Europa e dall’altro le concentrazioni oligopolistiche di compagnie di container shipping che con le mega navi da oltre 20.000 container raggiungono direttamente i porti del Northern range bypassano la portualità mediterranea e abbandonano i porti HUB del sud Italia. Il grande successo nei flussi mediterranei è l’affermazione delle “autostrade del mare” (Short Sea Shipping con navi per rotabili e/o passeggeri) che dovrebbe consolidarsi attraverso la c.d. “trasversalità”, ovvero il sostegno ad itinerari trasversali marittimi e terrestri per evitare il “tutto strada”su cui  già si muovono alcune iniziative di integrazione plurimodale per il potenziamento delle connessioni trasversali con i terminali marittimi del Sud Mediterraneo. Ad esempio, sul potenziale “corridoio mediterraneo” Algeciras-Napoli-Bari verso la portualità del sud est europeo con proiezioni verso il Mar Nero, il Medio Oriente ed il Nord Africa.

Il Piano ZES Campania evidenzia altresì il rischio “complessità” del sistema normativo e amministrativo-burocratico a livello nazionale e regionale che può rappresentare una minaccia agli obiettivi di successo. Auspichiamo che, data la presenza di più soggetti competenti, oltre quelli deputati alla valutazione delle istruttorie per la concessione dei benefici fiscali nazionali (credito d’imposta, ecc.), la mole dei riferimenti normativi richiamati dal Piano e le procedure da attivare siano in realtà di minore peso in termini di costi e tempi per i richiedenti. Oltre al Comitato di indirizzo presieduto dal Presidente dell’AdS, l’ottimo Pietro Spirito, come previsto dalla legge istitutiva delle ZES, con funzioni di amministrazione della stessa, la Regione Campania prevede infatti la “Cabina di regia” e la “Struttura di missione”, oltre allo “Sportello unico regionale per le attività produttive” con  competenze istruttorie alquanto parallele. In ultimo, nella proposta di Piano appare alquanto ridotta la prevista dimensione dell’impatto occupazionale che, nello scenario basso, è stimata intorno ai 16.000 addetti. Considerando l’entità delle risorse presenti ed attivabili, il numero degli agglomerati industriali “interni” coinvolti, il numero delle imprese appartenenti ai settori interessati e la complessiva inclusione di aree “agevolabili” per oltre 5.000 ettari, tale previsione, pari a circa l’uno per cento di occupazione nuova/stabilizzata rispetto ad ora nel previsto periodo di funzionamento della ZES di 14 anni, il dato occupazionale sembra sottostimato negli impatti socioeconomici, mentre la previsione dello scenario alto appare sicuramente più incoraggiante per il futuro dell’economia regionale campana (circa 30.000 occupati) anche nella considerazione delle diverse esperienze ZES mondiali dove si raggiungono livelli occupazionali spesso di centinaia di migliaia di addetti. E ciò per la nostra Campania In Felix sarebbe davvero una svolta storica.


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