Quattro domande a
Le potenzialità dello scalo partenopeo secondo Andrea Renzi
Il Regista e attore di cinema e teatro: “la difficoltà è trasformare in realtà i tanti progetti”
di Emilia Leonetti
Ha una conoscenza estremamente visiva del porto, Andrea Renzi , l’attore e regista di cinema e teatro che incontro per la nostra intervista in una delle tante pause dai suoi impegni. “Posso solo la prossima settimana- mi aveva annunciato al telefono-poi parto. Ho una serie di spettacoli fuori Napoli e probabilmente un film….” L’appuntamento è davanti a un bar del centro.
Nel corso della conversazione più volte Andrea Renzi sottolineerà la bellezza degli spazi e della vista della città che si ha dal porto e dai suoi edifici. Soprattutto emergerà il rammarico per le potenzialità dell’area del waterfront che non hanno ancora trovato una realizzazione. Che pure sembra a portata di mano.
- Andrea Renzi nella sua veste di regista teatrale, di attore che relazione ha con il porto di Napoli? Glielo chiedo perché lo scorso inverno ha partecipato all’ultima serie di “Gomorra” e uno dei set della fiction era nel porto di Napoli.
“Devo precisare che prima della serie “Gomorra” non avevo idea delle potenzialità che ha l’area del porto, di quello che può offrire alla città. Ho studiato per alcuni anni architettura e l’edificio, progettato da Aldo Loris Rossi, la “Casa del Portuale”, mi era noto. Erano però ricordi lontani. Con le riprese dell’ultima serie, di cui, come Lei osservava, alcune sono state girate all’ultimo piano dell’edificio “CULP” abbiamo tutti avuto modo di constatare il valore architettonico della struttura e allo stesso tempo la visione che da essa si ha della città. Una visione unica, di assoluto fascino. E’ anche per queste qualità che il nostro scenografo Carmine Guarino ha adattato gli uffici all’ultimo piano come sede dell’impresa di cui, nella fiction, ero il titolare. Di quel periodo mi sono rimaste impresse le notti passate a provare le scene in condizioni di caldo quasi proibitivo.
Il porto in generale l’ho spesso utilizzato per muovermi in bicicletta. E’ uno spazio non sfruttato e non solo perché potrebbe essere luogo di collegamento con altri spazi della città, ma perché potrebbe diventare, almeno nell’area non legata ai traffici commerciali, una sorta di parco urbano. So che sono in corso una serie di progetti di riqualificazione del waterfront portuale, ma se penso al palazzo dell’Immacolatella Vecchia, non ho chiaro a quale uso sarà destinato. Con il compianto Francesco Durante, diversi anni fa, ci occupammo dello storico edificio, in occasione della sua ricerca sulla letteratura dell’emigrazione italiana e del teatro degli italo-americani dei primi del novecento. Si vagheggiava allora di un museo dell’emigrazione proprio all’Immacolatella. Sono, se posso muovere una critica, progetti di cui da troppi anni si parla senza giungere alla realizzazione. Il punto è che il rapporto con il porto resta, purtroppo, meramente funzionale. Quello che, invece, si intuisce è che potrebbe diventare uno spazio vissuto.”
- Per il suo lavoro viaggia spesso all’estero, incontra culture e spazi anche portuali differenti. In base alla sua esperienza esistono delle differenze tra il nostro porto e altri scali? Quali e perché?
“Il confronto più recente è con Barcellona, una città simile a Napoli, anche dal punto di vista urbanistico. E’, mi dispiace affermarlo, un confronto impietoso. Nel porto di Barcellona ci si reca per fare una passeggiata, per girare in bicicletta, per assistere a delle mostre. C’è una grande porosità tra il tessuto urbano e l’area portuale che è una caratteristica anche della nostra città. Qui, però, non si traduce in integrazione tra le due realtà.
Il porto di Napoli resta chiuso nei confronti della città. Il motivo? Prima di tutto i progetti si arenano con troppa frequenza. A ciò si aggiungono le lentezze burocratiche di cui, spesso, leggiamo. Tornando allo scalo partenopeo: un’altra esperienza diretta è stata quella della prima edizione del Napoli Teatro Festival che si tenne nell’area del molo Angioino, sotto una grande tenda. Fu un momento importante di uso dello spazio portuale come spazio della cultura. Ci saremmo aspettati che l’esperienza si ripetesse per almeno 4-5- anni, invece non avvenne, interrompendo, a mio parere, un’iniziativa che avrebbe potuto aprire il porto alla città e diventare un luogo di teatro non solo per la stagione estiva.“
- Come intellettuale, quali trasformazioni immagina per il nostro porto. In che modo lo scalo partenopeo può diventare uno spazio di connessione tra culture e mondi diversi, oltre a essere un’ importante infrastruttura per lo scambio di merci e di persone?
“Vedo che vi sono dei grandi edifici ex industriali ora dismessi. Come persona di teatro non posso che pensare ad una destinazione legata al mondo del teatro, del cinema. Li immagino facilmente recuperabili a funzioni teatrali, a mostre, eventi culturali, ma anche alla ristorazione e questo per rendere l’area del waterfront fruibile ad un pubblico vasto e variegato. Ciò che immagino, però, è abbastanza ovvio. Per questo nuovamente devo sottolineare che c’è assolutamente necessità di uno scatto da parte dell’Amministrazione, di chi decide per dare corpo a idee, proposte che pure in questi anni sono state avanzate e che, in alcuni casi, attendono solo di essere realizzate.”
- Come cittadino, cosa si aspetta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale?
“Si dovrebbero trasformare delle aree, lì dove possibile anche in un tempo breve, in spazi usufruibilI dai cittadini. In questo “aggettivo” inserisco anche l’edificio in cui abbiamo girato “Gomorra”. Si tratta di iniziare a costruire un puzzle complesso. Per questo quando è partito il Napoli Teatro Festival abbiamo immaginato che una continuità sarebbe stata positiva. Una continuità di eventi può aiutare ad avere una consuetudine, non solo funzionale, con il porto di Napoli. Il fatto poi che il porto sia, spesso, il set di film, fiction, è una spia, un sintomo di una potenzialità tutt’ora inespressa. Forse se si costruisse una pista ciclabile all’interno del porto si darebbe avvio ad una nuova apertura. Potrebbe essere l’inizio di una progressiva integrazione tra lo scalo e la città.”