Le zone economiche speciali per un nuovo sviluppo del Mezzogiorno
di Pietro Spirito, Presidente dell’ Autorità di Sistema Portuale del Tirreno Centrale
Dopo gli ultimi decenni nei quali le misure di intervento per il Mezzogiorno erano state bandite dal vocabolario della politica economica italiana, finalmente si assiste ad una rinnovata attenzione alla questione meridionale. Il 12 agosto scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 91, concernente disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, convertito con legge n. 123 il 3 agosto 2017.
Tra gli interventi previsti, sono state istituite le zone economiche speciali (ZES). Dovremo prendere familiarità con questo termine. Per ZES si intende una zona geograficamente limitata e chiaramente identificata, nella quale le aziende già operative, e quelle che si insedieranno, potranno beneficiare di speciali condizioni per gli investimenti e per lo sviluppo.
Al fine di generare vantaggi competitivi, il legislatore ha deciso che la perimetrazione delle ZES deve includere almeno un’area portuale compresa nella rete transeuropea dei trasporti. I vantaggi si traducono in benefici fiscali ed in semplificazioni amministrative: il credito di imposta viene elevato ad un valore massimo pari 50 milioni di euro per ciascun singolo investimento effettuato nelle ZES, mentre si punta su procedure semplificate ed adempimenti basati su criteri derogatori, fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro della coesione territoriale e il Mezzogiorno.
Entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, saranno fissate le modalità ed i criteri per la istituzione delle ZES. Poi, con successivi provvedimenti di Governo, saranno istituite le singole zone economiche speciali.
Le Regioni Campania e Calabria si sono già candidate ad essere i primi luoghi insediativi per le ZES, avendo approvato provvedimenti di Giunta che definiscono criteri e modalità per la costituzione delle aree nelle quali saranno resi operativi i meccanismi di agevolazione previsti dalla legge approvata di recente. I porti di Napoli, Salerno e Gioia Tauro saranno i baricentri di questa innovazione.
Dopo la crisi economica del 2007, il divario territoriale nel nostro Paese si è dilatato. Solo di recente cominciano ad emergere, in alcune aree del Mezzogiorno, segnali di inversione di tendenza, che vanno incoraggiati e rafforzati. Serve una accelerazione che non può essere data solo dalle forze endogene del mercato. Va rinnovata la cassetta degli attrezzi della politica economica.
Le ZES si sono affermate nel mondo come laboratori per l’attrazione degli investimenti e come incubatori di innovazione, capaci di promuovere lo sviluppo produttivo ed occupazionale. La storia delle ZES ha conosciuto una rapida accelerazione negli ultimi decenni, anche per contrastare la crisi emersa a partire dal 2007. Oggi esistono nel mondo oltre 4.500 zone economiche speciali, istituite in più di 135 Nazioni, che contribuiscono al mantenimento di circa 70 milioni di posti di lavoro. Nella sola Unione Europea esistono formalmente 16 ZES operative, di cui 14 in Polonia.
L’esperienza polacca mostra risultati particolarmente interessanti, raggiunti grazie allo strumento delle ZES: sono stati creati oltre 287.000 nuovi posti di lavoro tra il 2005 ed il 2015, con una attrazione di investimenti pari a 170 miliardi di euro: l’Italia, tra l’altro, è il quinto investitore nelle ZES polacche; nelle aree in cui è stata istituita una ZES, la disoccupazione è inferiore del 2-3%, ed il PIL è più alto del 7-8% rispetto alla media delle altre aree. Proprio per i positivi risultati conseguiti, il governo polacco ha deciso di prorogare gli effetti temporali delle ZES, che dovevano cessare la propria operatività al 2020, portando il tempo sino al 2026.
Nella individuazione del perimetro delle ZES, il Governo italiano ha scelto il criterio in base al quale l’area, anche non territorialmente adiacente, deve presentare un nesso economico-funzionale che comprenda almeno un’area portuale, collegata alla rete transeuropea dei trasporti.
Il legame tra attrazione degli investimenti produttivi ed adeguatezza logistica costituisce una delle chiavi di volta per l’efficacia delle politiche industriali e per il recupero di competitività dei territori. Non contano più solo lavoro e capitali per generare produttività, ma anche competenze e connessioni. Nel paradigma della nuova economia industriale, la logistica svolge un ruolo determinante.
Senza un accesso efficiente ai mercati si determina uno svantaggio competitivo difficilmente colmabile. Accanto a questo elemento, che conta sempre più nella determinazione della produttività totale dei fattori, serve la capacità di far crescere la dimensione delle imprese e di puntare sui settori ad elevato contenuto tecnologico, per modificare la traiettoria di una specializzazione manifatturiera ancora concentrata sui settori maturi.
Con le ZES si apre una nuova stagione per le politiche di sviluppo nel Mezzogiorno. Né incentivi a pioggia, né intervento diretto dello Stato nell’economia. Le forze produttive potranno contare una cornice di maggiore competitività determinata da strumenti di semplificazione, crediti di imposta adeguati per la realizzazione di investimenti, contiguità ad aree già dotate di infrastrutture e di servizi per la logistica.
Quando saranno adottati dal Governo i provvedimenti attuativi del decreto 91, la palla passerà al tessuto economico e sociale del Mezzogiorno, che dovrà dimostrare di essere pronto all’appuntamento dell’innovazione.
Se vogliamo lavorare perché l’Italia superi la grave crisi industriale e sociale dell’ultimo decennio, una delle chiavi attraverso le quali è possibile riaprire la porta dello sviluppo è la attivazione di una nuova politica economica: le zone economiche speciali possono essere uno strumento efficace in questa direzione.