In Primo Piano
Potenziamento dell’intermodalità, decollo delle Zone economiche speciali, per rilancio economia meridionale
La visione di Maurizio Manfellotto per il superamento del divario con il Centro-Nord
di Emilia Leonetti
L’intervista al Presidente dell’Unione degli Industriali di Napoli, Maurizio Manfellotto riporta all’attenzione politica e del Governo della Campania e del Mezzogiorno due aspetti: la necessità di rendere attrattivo il territorio con la creazione delle indispensabili infrastrutture materiali e immateriali e la capacità del sistema imprenditoriale di innovare, di creare connessioni con il mondo della ricerca e della formazione.
- Presidente Maurizio Manfellotto, all’atto del suo insediamento, a ottobre 2020, affermò che per rilanciare il Mezzogiorno e raggiungere l’obiettivo della riduzione del gap con il Centro Nord, occorre lavorare su quattro direttrici: investimenti, condizioni di attrattività, fondi strutturali e formazione. In che modo sta operando perché ognuno dei punti si attui? Qual è il ruolo che compete agli industriali?
“Il tema degli investimenti riguarda sia la dimensione pubblica che quella privata. In particolare, anche alla luce del marcato gap infrastrutturale, la ripresa della spesa pubblica in conto capitale è fondamentale per favorire condizioni di competitività del territorio tali da promuovere nuovi insediamenti produttivi. E’ evidente, dunque, come tra investimenti e attrattività del territorio via sia un legame stretto. E’ auspicabile che il riavvio dell’attività economica, a cominciare dalla grande opportunità rappresentata dal Recovery Plan, consenta di percorrere le direzioni di marcia da noi indicate. Lavoriamo in tal senso, anche in raccordo con Confindustria, sensibilizzando le istituzioni preposte, ai vari livelli. Ad esempio, collaborando con la Regione perché il nuovo ciclo di fondi strutturali fornisca risposte positive rispetto a criticità rilevate dalle nostre aziende. Consideriamo un risultato positivo anche la previsione nel Piano di ripresa e resilienza di una forte implementazione degli Its, livello formativo di grande interesse per le imprese, il cui sviluppo da anni abbiamo sollecitato, purtroppo senza riscontri adeguati alle aspettative”.
- La crisi pandemica ha cambiato il nostro modo di vedere il futuro, e soprattutto ha cambiato le priorità della Commissione Europea, che ha indicato la “decarbonizzazione” come obiettivo continentale prioritario, con un traguardo intermedio del 55% al 2030, impegnando ingenti risorse economiche per il raggiungimento di questi risultati mediante il Next Generation UE, il Budget 2021/’27, il Piano Horizon Europe 2030. In che modo l’Unione degli Industriali sta pensando di intervenire su questo tema che riguarda non solo l’efficientamento energetico dei nostri edifici, ma una diversa visione di Napoli e dell’area metropolitana in chiave ambientale?
“Nei prossimi dieci anni dovremo effettivamente cambiare profondamente il modo di produrre energia. Non solo a Napoli ma in tutta la Campania esistono i presupposti per conseguire l’obiettivo al meglio, utilizzando diverse fonti rinnovabili, dall’eolico al fotovoltaico, dall’idrogeno all’energia marina. A Napoli est, in particolare, vi sono condizioni ottimali per la realizzazione di un centro per la produzione di energia rinnovabile di livello europeo. Nella stessa cosiddetta Terra dei Fuochi è possibile realizzare impianti in questo settore. Si tratta di una svolta che potenzialmente può garantire sviluppo e occupazione oltre al miglioramento degli standard di ecosostenibilità. Perché si concretizzi, peraltro, non bastano progetti e risorse economiche, su cui non mancherebbe l’apporto dei privati. Bisogna snellire le procedure, semplificare le norme. Con gli attuali tempi, non si riuscirebbe mai a rispettare le scadenze periodiche fissate dall’Unione Europea per l’erogazione dei fondi del Recovery”.
- Una delle maggiori emergenze del Mezzogiorno e della Campania in particolare è la strutturale carenza di opportunità di lavoro, specialmente qualificato, per le giovani generazioni, frutto non soltanto di una mancata risposta a un’emergenza troppo a lungo rimandata, ma di una carenza di strategie e politiche di sviluppo per un’area che ora presenta i tassi di occupazione peggiori d’Europa. L’impatto negativo di questa evoluzione è duplice: da un lato, induce il depauperamento del capitale umano già formato, dall’altro, ritarda i processi di convergenza dell’Italia verso i più elevati livelli di istruzione europei. Il ruolo dell’industria in questo scenario è fondamentale. Come fare per invertire la rotta? Come determinare politiche di sviluppo capaci di creare nuove opportunità di lavoro e prima di tutto di favorire la nascita e/o la trasformazione di un tessuto produttivo innovativo e competitivo?
“Il rapporto tra debito pubblico e pil si riequilibra solo aumentando il tasso di occupazione meridionale, portandolo almeno a superare il 60%. In tal modo il tasso medio si porterebbe al 70%, il minimo necessario per il riequilibrio. La crescita del Mezzogiorno, a cominciare da quella occupazionale di giovani e donne, insomma, è interesse dell’intero Paese e solo politiche miopi hanno nel recente passato impedito di perseguirla con determinazione. Il primo fattore propulsivo in tal senso è la cantierizzazione di interventi per circa 120-130 miliardi, che può essere effettuata in tempi rapidissimi, se c’è volontà politica. Tra i versanti su cui si può agire ci sono la riqualificazione del territorio, con le necessarie bonifiche ambientali, il risanamento idrogeologico, la riqualificazione delle città, l’impulso all’investimento privato. La manifattura è indispensabile per una politica di sviluppo del territorio. Lo stesso sviluppo della ricerca e dell’innovazione non sono concepibili senza un adeguato sostrato industriale. Naturalmente il modello su cui puntare è quello di un’economia industriale sostenibile, in cui anche la crescita della logistica sia concepita in connessione con quella dell’industria”.
- Quale parte, a suo parere, deve svolgere il sistema portuale campano? Nella sua idea di innovazione, ammodernamento, competitività in chiave industriale del nostro territorio, quale posto occupano i porti di Napoli, Salerno, Castellammare di Stabia? In che modo e a quali condizioni possono contribuire a renderlo attrattivo?
“Innanzitutto parliamo, come Lei giustamente evidenzia, di un sistema portuale, al di là delle specificità dei singoli scali. L’aspetto fondamentale da tenere in considerazione è che questo sistema, oltre che essere proiettato verso le aree di sbocco, si interfaccia con il territorio che ne costituisce il retroterra. Migliorare la portualità significa dunque anche rendere più efficaci i collegamenti con retroporti e interporti, assicurando collegamenti intermodali che non sempre sussistono. Basti pensare alla mancanza di un treno che raccordi il porto napoletano con le strutture di Nola e di Marcianise. Il potenziamento dell’intermodalità, assieme al decollo delle Zone economiche speciali, può contribuire a innestare un processo di rilancio per l’economia dell’intero Mezzogiorno, non solo della Campania. Per sbloccare definitivamente la partita Zes occorre che agli incentivi fiscali si accompagni la semplificazione normativa e amministrativa. Se, accanto a questi interventi, si potenzieranno notevolmente i collegamenti ferroviari, il Sud potrà finalmente ambire davvero al ruolo di gateway per i traffici all’interno del Mediterraneo, e da questo verso il Nord Europa”.
- A questo proposito si è incontrato con il Presidente Andrea Annunziata? Esiste un piano di collaborazione tra AdSP Mar Tirreno Centrale e Unione Industriali? Su quali temi, con quali impegni e con quale tempistica?
“Con il Presidente Annunziata abbiamo avviato subito un tavolo di costruttiva collaborazione. Il Presidente ha mostrato grande disponibilità su entrambi i fronti di interlocuzione che abbiamo concordato. Oltre a quello proprio delle aziende del settore dell’economia portuale, quindi a istanze puntuali espresse dalle nostre associate cui l’Autorità può fornire risposte concrete, mi riferisco a quello più in generale delle ricadute per il territorio e per tutto il sistema produttivo, collegato a interventi infrastrutturali, di logistica e digitalizzazione, in generale di potenziamento dei tre scali”.