Quattro domande a…
Rosanna Purchia : rompere le barriere tra il porto e la città
Lo scalo napoletano secondo la Sovrintendente del Teatro San Carlo
di Emilia Leonetti
- Sovrintendete Rosanna Purchia, qual è la sua conoscenza del porto di Napoli?
“In quanto Sovrintendente del San Carlo la mia conoscenza del porto nasce innanzitutto da rapporti di natura istituzionale. Con il Presidente Pietro Spirito abbiamo sempre collaborato ai fini della valorizzazione del porto, inteso come bene comune appartenente alla comunità e al territorio di appartenenza ma anche ai cittadini “del mondo”. Penso, infatti, alle azioni intraprese insieme nell’ottica dell’accoglienza, come quella riservata ai croceristi e, ancora, quella messa in campo per la convenzione stipulata nell’ambito di Vigliena (sede dei Laboratori di scenografia siti nella periferia industriale di San Giovanni a Teduccio). Con il progetto “Crocieristi all’Opera”, ad esempio, figuranti in costume e personale dedicato hanno accolto i turisti provenienti dal porto, dando loro informazioni sulle attività in programmazione e invitandoli a scoprire il nostro Lirico, eccellenza artistica della città e palcoscenico internazionale, con una storia di quasi tre secoli di vita e una memoria ricca e stratificata nel tempo. Altra preziosa occasione, si è rivelata quella di Porto Aperto, con un concerto straordinario del Coro del San Carlo alla Stazione Marittima, che ha eseguito i brani più famosi dal grande repertorio operistico. Questo perché, non solo in qualità di Sovrintendente ma come cittadina napoletana credo che il porto non debba essere né entità a sé stante né città a sé stante. IL PORTO È NAPOLI.”
- Nel tempo la sua idea del porto è cambiata. Soprattutto secondo Lei il porto è la città?
“Tutte le città europee, da Liverpool a Barcellona, alla nostra Genova, hanno rotto le barriere tra il mare e la città e una città aperta come Napoli non può essere da meno. Il porto purtroppo non viene solo percepito come una realtà a parte e non inclusiva ma addirittura, in alcune sue parti, come una zona non sicura. Mi auguro che Pietro Spirito, che pure lavora alacremente in questa direzione, seppure tra le difficoltà e le lunghezze burocratiche proprie del terzo porto più grande d’Italia, riesca a raggiungere questo importante e atteso risultato.”
- Lei è a capo di una delle principali istituzioni culturali di Napoli. In che modo il porto può essere uno spazio di connessione tra culture e mondi diversi, oltre a essere un’importante infrastruttura per lo scambio di merci e di persone?
“Bisogna non solo abbattere le barriere architettoniche – anche il cantiere di Piazza Municipio non aiuta in tal senso – ma anche saper riempire di una costante attività artistica e culturale gli spazi straordinari, contenitori di valore e tuttavia ancora poco sfruttati nel loro immenso potenziale. “
- Come cittadino, oltre che come intellettuale di spicco della nostra città, cosa si aspetta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale?
“Mi aspetto e mi auguro che si ribalti l’immagine attuale del porto e che venga riconsegnato alla città e ai turisti che arrivano con pacchetti preconfezionati che li portano dritti in costiera. Penso sia più che mai necessario sviluppare insieme dei progetti capaci di convogliare questi flussi verso il patrimonio culturale di Napoli.”