Lockdown rallentato scambi commerciale per chiusura comparto industriale
Investire nelle infrastrutture e nella sana imprenditoria. Evitare sperpero risorse pubbliche
di Giuseppe Amoruso*
I porti, per la natura profondamente interconnessa e globalizzata dello shipping, sono stati coinvolti sin da quando l’emergenza sanitaria è scoppiata in Cina: già nelle prime settimane di epidemia, i principali scali internazionali hanno dovuto fare i conti non solo con una sensibile riduzione di traffico, ma anche con la necessità di implementare processi e metodi che fossero in grado di garantire contemporaneamente l’operatività del porto e la sicurezza dei lavoratori e degli operatori.
Ed è proprio ciò che abbiamo fatto in seno alla nostra azienda, dove abbiamo messo la tutela della salute del lavoratore come priorità aziendale, continuando a servire il paese attraverso stringenti procedure sanitarie che ci hanno consentito di continuare a svolgere la nostra attività ritenuta, a ben ragione, strategica per l’Italia.
Inevitabilmente il lockdown imposto dal governo per fronteggiare la pandemia, con la chiusura del comparto industriale (“non alimentare”), unitamente alla pari misure prese nel resto del globo, ha generato un rallentamento degli scambi commerciali, dove alla perdita dei volumi si è contrapposta un sensibile aumento delle merci in stock nei nostri magazzini, dovuti ad ordinativi già spediti ed arrivati e che non si sono potuti evadere.
Pertanto in questo periodo di emergenza tutti gli attori, pubblici e privati, sono chiamati ad implementare gli sforzi indirizzati allo scopo di alleviare le difficoltà di lavoratori e aziende e per sostenere il sistema produttivo nel suo complesso.
È necessario, in particolare, porre in essere fattive iniziative, con l’adozione di conseguenti provvedimenti formali, utili a riconoscere sostegno alle imprese, che si sono trovate in queste settimane a dover far fronte:
- alla chiusura delle attività produttive con incrementi notevoli dei costi di custodia delle merci;
- a costi addizionali per ottemperare alle misure di sicurezza e sicurezza sanitaria per il personale;
- a una flessione dei traffici e degli ordinativi;
- alla salvaguardia dei livelli occupazionali.
La storia ci aiuta a capire come risollevarci dalla peggiore crisi economica/finanziaria affrontata dal sistema economico mondiale: la prima e la seconda guerra mondiale hanno comportato pesanti perdite di reddito, ma molto concentrate in termini temporali, la crisi del 2008 e l’austerità ad essa associata hanno causato perdite più contenute in termini assoluti, ma costanti nel tempo.
Soprattutto la crisi del 2008, con una doppia caduta, la prima dovuta alla crisi finanziaria, la seconda, a partire dal 2012, causato dalle politiche recessive messe in atto da Monti col plauso unanime di UE e Bce, ci insegna come sia necessario che il paese Italia adotti politiche che vadano nella direzione del reale sostegno alle imprese, al tessuto produttivo e manifatturiero italiano, sul quale esso stesso si regge.
Ci vogliono aiuti concreti di natura economica-finanziaria, che al momento il governo non è riuscito ad emanare ed i pochi ed insufficienti sussidi garantiti (DL Cura Italia e DL Liquidità), tutt’oggi si scontrano con la palude burocratica italiana che rende inattuabili le politiche di sostegno emanate.
Recuperare il terreno perduto sarà difficile considerando che questa crisi andrà ad accelerare il processo di deglobalizzazione già in atto, con le politiche protezionistiche e di salvaguardia che USA ed Europa hanno predisposto per tutelare le proprie economie contro le mire espansionistiche dei paesi emergenti, capitanati dalla Cina.
Questo fenomeno sarà ancora più acuito nel post-crisi poiché ogni paese salvaguarderà le proprie produzioni industriali (divenute col calo dei consumi sovra-produzioni) facendo leva sulla capacità di assorbimento interno prima di aprirsi al mercato internazionale.
Sono fiducioso per natura e credo che i porti, il porto di Salerno, il nostro terminal saprà ricoprire un ruolo importante nel rilancio del sistema economico, ed auspico che il governo sappia indirizzare opportunamente le sue risorse al nostro comparto che genera un PIL diretto al paese di circa tre punti percentuali, e contribuisce allo stesso modo al successo dell’indotto industriale, che rendiamo competitivo sui mercati internazionali attraverso in nostri servizi logistici.
Tuttavia, vorrei evitare di assistere allo sperpero di risorse pubbliche per salvare carrozzoni politici come Alitalia, che torniamo a nazionalizzare con una spesa di 3 miliardi, dopo aver pompato nelle sue casse 6.4 miliardi in dieci anni, e Tirrenia che con i soldi pubblici fa concorrenza ai privati che, per assurdo, con le loro tasse finanziano direttamente un loro concorrente.
Vorrei che questi soldi vengano spesi in infrastrutture, in ammodernamento del paese, vorrei che in buona parte vengano affidate alla Autorità di Sistema Portuale che, attraverso un necessario snellimento burocratico, devono avere l’obbligo di investirli nei loro porti per migliorare l’infrastruttura e rendere i porti adeguati allo standard del naviglio moderno che sta tagliando fuori l’Italia dalle più importanti rotte economiche.
Noi siamo pronti a sostenere il Paese, ma vorremmo che il Paese si senta a pronto a sostenere noi imprenditori che con costanza, dedizione ed un pizzico di follia continuiamo a generare economia, occupazione e legami internazionali.
* General Manager società “Amoruso Giuseppe spa”