Approfondimenti in pillole
FILT-CGIL: maggiore ascolto, più attenzione ai temi del lavoro e dell’occupazione
Amedeo D’Alessio espone il suo manifesto sul ruolo del sindacato nei porti campani
di E.L.
Si preannuncia per i porti campani, ma non solo, un inizio di autunno “caldo” sul piano del lavoro: dagli organici delle imprese, all’organizzazione del lavoro, alla formazione dei lavoratori e alla loro riqualificazione. Soprattutto, come emerge dall’intervista al Segretario Generale del FILT-CGIL della Campania, Amedeo D’Alessio, sono due gli aspetti su cui il sindacato intende puntare in maniera risolutiva: l’approvazione del contratto collettivo nazionale e il Piano dell’Organico del lavoro, approvato dall’AdSP del Mar Tirreno Centrale, ma i cui contenuti, secondo la FILT-CGIL, vanno riconsiderati dando maggiore spazio e attenzione alle richieste dei sindacati.
- Lei rappresenta il mondo del lavoro in seno all’O.D.P. In questi anni come sono mutate le relazioni sindacali e in che modo la presenza nell’organismo consultivo incide sul lavoro nei tre porti del sistema campano?
“Il tavolo di partenariato, che raccoglie i principali attori della comunità portuale per un regolare confronto sui temi di pianificazione strategica, programmazione degli interventi e miglioramento della performance del porto, è un organo consultivo derivante dal Regolamento europeo sul partenariato sociale.
Tuttavia ritengo che il Sindacato abbia il diritto di esercitare il proprio ruolo, così come avveniva negli abrogati Comitati Portuali, anche nell’Organismo di Partenariato, soprattutto sui temi del lavoro e dell’occupazione. Il tavolo resta, comunque, un luogo di riflessione e di discussione all’interno del quale vengono affrontate le problematiche che riguardano il lavoro nei tre porti. Va valorizzato, di contro, il ruolo delle Commissioni Consultive chiamate ad esprimere parere su questioni per noi centrali ma dalle quali si misura l’efficienza e la competitività di un porto come l’organizzazione del lavoro in porto, gli organici delle imprese, l’avviamento della manodopera e la formazione professionale dei lavoratori portuali. Uno dei punti per noi assolutamente negativi della riforma del 2017 è che non è stata ancora pienamente applicata, tanto è vero che è stata al centro delle nostre rivendicazioni in occasione degli scioperi nazionali.
I porti nel corso degli ultimi anni hanno subito grandi trasformazioni, penso al tema del gigantismo navale, piuttosto che al tema dell’automazione dei processi e delle operazioni portuali. Ciò ha inciso e inciderà profondamente sui modelli organizzativi del lavoro. Rispetto a questi cambiamenti abbiamo il compito di interpretarli, se non di anticiparli, per porre rimedio agli effetti sull’occupazione determinati dai cambiamenti. Devo per questo ribadire che nei porti vi sarebbe bisogno di potenziare i controlli da parte dell’AdSP del MTC nei confronti delle imprese, soprattutto sul piano della sicurezza. A questo proposito abbiamo più volte lamentato la carenza di organico all’interno dell’AdSP e chiesto, senza esito, una non più rinviabile organizzazione del lavoro efficace ed efficiente, attraverso innanzitutto la formazione e la riqualificazione dei suoi dipendenti.
Una delle novità più importanti del cd. “correttivo porti” riguarda il Piano dell’Organico del Lavoro Portuale delle imprese ex art.16-17 e 18 legge 84/94 -di cui abbiamo chiesto una modifica, non ancora avvenuta. Al contrario l’Autorità l’ha approvato per gli anni 2019-2021 senza un nostro coinvolgimento, cui si aggiunge il Piano di intervento per il lavoro portuale.
Si tratta, come recita la legge, di elementi strategici che il Presidente deve adottare; quindi, il Piano non può essere solo una fotografia dell’esistente ma uno strumento di prospettiva, attraverso il quale verificare gli esuberi nelle imprese, le carenze di organico e definire le modalità per il superamento delle criticità in una prospettiva, come dicevo, di medio termine con un’attenzione particolare alla formazione in un’ottica di riqualificazione, riconversione e conseguente ricollocazione dei lavoratori portuali.
Il Piano è stato un elemento di divisione tra noi e l’Autorità di Sistema Portuale perché l’AdSP non ha colto le occasioni che il “correttivo porti” offre con la previsione del piano organico mentre del Piano di intervento per il lavoro portuale non vi è ancora traccia. Soprattutto devo dire che il Piano, nel merito, non ha risposto allo spirito della norma. L’aver inserito nel Piano alcuni riferimenti ad istruttorie in corso su richieste di autoproduzione ( ricordo che per questo c’è stato uno sciopero nazionale lo scorso 11 maggio), oppure il riferire descrizioni articolate sulle difficoltà che sta vivendo la CULP di Napoli in contrapposizione al modello di Salerno, indicano, infatti, la mancanza di una visione di prospettiva che, invece, come precisavo prima, dovrebbe essere alla base del Piano.
Il legislatore ha dato alle Autorità lo strumento per mettere in sicurezza il lavoro nei porti, grazie al quale può intervenire per assicurare il rispetto del lavoro nelle imprese. L’AdSP deve quindi esercitare più efficacemente il ruolo di regolatore, affermando sempre più il suo stato di soggetto terzo con compiti di governo, di coordinamento e di programmazione dell’interesse pubblico, respingendo, nell’interesse generale, ogni tentativo da parte di soggetti terzi di destrutturazione e deregolamentazione del mondo portuale.”
- Quali sono le novità nella fornitura di manodopera temporanea? In questi mesi abbiamo assistito a diversi scioperi dovuti al tentativo di alcune imprese di non far ricorso alla CULP. Cosa sta accadendo? Per quale ragioni a Salerno la CULP è riuscita a creare un rapporto proficuo con le imprese del porto e a Napoli no?
“E’ in atto in tutti in porti un forte attacco al lavoro portuale. I sindacati sono impegnati in particolare su due temi cruciali: il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei porti e a contrastare il processo di deregolamentazione del lavoro portuale. Gli effetti negativi di questo clima sono già visibili come il ricorso da parte delle imprese portuali e dei vettori marittimi all’autoproduzione. In particolare i vettori marittimi fanno sempre più ricorso ai “marittimi” per le operazioni portuali. Questo avviene in violazione della norma che prevede l’autoproduzione solo nei casi in cui il personale sia espressamente formato per operazioni portuali. Senza considerare che è oltremodo pericoloso perché le operazioni portuali sono complesse e richiedono una specifica formazione. Le maggior compagnie stanno cercando di affermare dei processi lavorativi che escludano la manodopera temporanea, sfruttando personale di bordo. Questo tentativo è stato portato avanti nel porto di Napoli, come Lei ricordava, da Grandi Navi Veloci. Per questo a marzo abbiamo promosso uno sciopero che ha visto la partecipazione dei lavoratori non solo dei porti campani ma di tutti i porti italiani per testimoniare la vicinanza alla CULP di Napoli.
Su questo è forse il caso di richiamare, tra le altre, le funzioni di vigilanza e controllo dell’Ente e degli Organismi deputati che non può esaurirsi alle fasi consuntive, ma devono essere anche di previsione e gestione.
Gli articoli 17 rimangono per noi elementi di grande importanza per la funzionalità dei porti, così come avviene in tutti i porti del mondo; sono gli strumenti a garanzia della flessibilità che, nonostante le evoluzioni in corso, saranno sempre centrali nelle organizzazioni del lavoro.
Sulla seconda questione devo dire che non c’è competizione tra Napoli e Salerno e che soprattutto non esiste un diverso modello di lavoro nei due porti. Il modello di prestazione del lavoro temporaneo nei porti è unico ed è disciplinato dall’art. 17 della legge 84/94.
Non siamo d’accordo e anzi dobbiamo dire che è in crisi sia la CULP di Napoli e sia la Compagnia Flavio Gioia di Salerno. Entrambe, nel rispetto di quanto previsto dal comma 15 bis dell’art. 17 della riforma portuale, hanno avanzato la richiesta di destinare il 15% delle entrate dell’Autorità, per sostenere interventi e misure volte ad attenuare le crisi aziendali.
Secondo noi questa crisi della CULP non è dovuta all’andamento generale del mercato ma ad una visione distorta del sistema tariffario adottato nel porto di Napoli, dove i vertici dell’AdSP ritengono che l’unico soggetto di prestazione di lavoro temporaneo sia contemporaneamente un “servizio di interesse generale” e un elemento in grado di agire autonomamente (sul piano tariffario) verso le imprese. Aggiungo che manca una puntuale applicazione delle regole pur contenute nella legge 84/94 ed emerge un ruolo sempre più marginale delle AdSP che hanno rinunciato a svolgere compiti di vigilanza, di mediazione, di governance dei processi, anche di crisi industriale, affidati alle stesse dalla legge.
L’obiettivo primario di un’Autorità Portuale, di un Presidente di un’Autorità Portuale non sono soltanto i traffici, ma il perseguimento dell’interesse generale, in un’ ottica di sistema, puntando a mantenere e a creare nuova occupazione. Per far questo, è necessario che l’AdSP svolga appieno i suoi compiti di vigilanza, controllo e mediazione.
È del tutto anomalo che nei porti governati dall’AdSP del MTC aumentino i traffici ma a ciò non corrisponde l’aumento dell’ occupazione.”
- In che modo il suo sindacato contribuisce alla crescita dell’occupazione nei porti del sistema portuale campano? Soprattutto ritiene che il sindacato debba riconsiderare il modo di rappresentare il lavoro portuale e di interpretare le relazioni sindacali con l’Autorità Portuale ma anche con le imprese?
“Noi chiediamo, prima di tutto, che l’impianto della legge 84/94 aggiornata con la legge di riforma del 2017 venga attuata e che le Autorità si riapproprino di quell’ autorevolezza necessaria per governare i porti e per svolgere il ruolo di terzietà, proprio di un Ente Pubblico non economico, nella sede più opportuna ovvero la Conferenza nazionale delle AdSP e in una visione di sistema rispetto agli investimenti, ai processi organizzativi e lavorativi presenti nelle aree portuali.
Noi possiamo essere a fianco delle imprese e dell’Autorità soltanto se sapremo coniugare gli interessi pubblici e privati ma soprattutto del lavoro.
Il mondo della portualità, che per l’Italia è una grande opportunità, anche per la sua posizione baricentrica nel Mediterraneo, impone una riflessione da parte del Sindacato su come affrontare le nuove sfide anche legate all’innovazione e ai processi di automazione.
Non ci spaventano le sfide che abbiamo davanti. Abbiamo la capacità di analisi sufficiente a capire su quali strategie impegnare il nostro diritto/dovere di rappresentanza, ma non saremo tolleranti con nessuno se permanesse il concetto della “pubblicizzazione dei debiti e la privatizzazione dei profitti”; in tal caso si rischia di tornare a stagioni di perenni conflitti, anziché preservare un sistema che nel corso egli anni ha garantito una pace sociale.
I capisaldi sono il contratto collettivo nazionale, su cui siamo impegnati perché scaduto, il Piano dell’Organico del lavoro, il Piano di intervento per il lavoro portuale, tra le positive novità del “correttivo porti”, e l’applicazione di tutte le norme che regolano il mercato del lavoro nei porti.
E’ chiaro che le norme da sole non bastano.
C’è la necessità di avere una AdSP autorevole che vigili sul rispetto delle norme e sull’applicazione dei contratti e la condivisione di tutto il “cluster portuale”.”