Approfondimenti in pillole
Le ZES daranno risultati se diventeranno attrattori di nuova industria
Il Presidente SVIMEZ sottolinea il rischio “omologazione” Sud/Nord presente nel Decreto “semplificazione”
di Emilia Leonetti
- Presidente Giannola, nell’ultima relazione SVIMEZ sullo stato del Mezzogiorno, in riferimento all’istituzione delle ZES si osserva “ la complessità dei sistemi normativi e ammnistrativo burocratico…rappresentano una minaccia all’operatività e al successo della ZES”. Può chiarire quest’affermazione. Soprattutto ora che il decreto legge sulla semplificazione amministrativa è stato approvato, che il Comitato di indirizzo è operativo così come la Cabina di Regia, non ritiene eccessivamente pessimistica quest’ analisi?
“L’affermazione era per stimolare e accelerare l’approvazione del Decreto. Ora che è stato approvato, il panorama si presenta più favorevole; il problema è quindi rendere la ZES un attrattore di iniziative e puntare ad una loro capacità che favorisca la industrializzazione delle aree. Il vero obbiettivo è rendere questi porti e retroporti un asset determinante per il rilancio dello sviluppo. Nel frattempo alcune cose sono cambiate, non in meglio: penso al fatto che si estende anche al Nord Italia la normativa “speciale”. Laddove prima era prevista solo la semplificazione amministrativa, ora c’è una omologazione delle “aree speciali” del Nord a quelle del Sud. Tutto ciò potrebbe avere senso se emergesse da un’esigenza strategica nazionale, al momento a dir poco vaga e che, a questo punto, dovrebbe essere messa rapidamente in campo. Al momento, quindi, è da rilevare che mentre si sottolinea l’importanza di rilanciare la logistica nelle aree meridionali, si procede poi su linee non proprio coerenti all’ obiettivo dichiarato del rilancio dei porti del Sud Italia. Questo per riaffermare e non per negare l’ esigenza di una strategia nazionale e per dire che sarebbe bene esplicitarla in dettaglio chiarendo con precisione e rigore obiettivi e compiti dei vari partecipanti al Sistema. Tanto più che è da osservare che l’eventuale concessione, oggi in discussione, di maggiori funzioni alle Regioni Veneto, Lombardia, Emilia Romagna (e, ben presto, a Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Liguria) ridimensiona fortemente la possibilità stessa di puntare ad una strategia nazionale e prospetta seri impedimenti all’ efficacia dello strumento ZES nel Mezzogiorno. E’ infatti del tutto evidente (si consideri solo il ruolo della così detta “fiscalità di sviluppo” contemplata nella legge 42/2009) che proprio il sedicente regionalismo a geometria variabile, garantirebbe a quei territori un formidabile potere di attrazione rispetto ad aree del Sud molto più deboli.”
- Strettamente collegato all’attuazione delle ZES, è il tema dello sviluppo dei porti del SUD Italia. Anche su questo aspetto il rapporto SVIMEZ sottolinea la debolezza della politica nazionale ed europea verso il Mezzogiorno nell’ambito del sistema logistico nazionale. La mancanza di “un adeguamento della struttura industriale e logistica alla rivoluzione digitale ” rischia di allargare il divario competitivo tra l’economia meridionale. Quale politica, dunque, per dare centralità ai porti del sud Italia? Quanto del successo dipende dal Governo e quanto dalle AdSP dei porti del Mezzogiorno.
“Ovviamente c’è una forte esigenza di promuovere una stretta collaborazione tra i vari attori condizionandoli ad assolvere dei ruoli complementari definiti a valle di una visione condivisa. Perciò, se non c’è un impulso centrale, le Autorità Portuali rischiano di fare attività volontaristica scontando notevoli handicap. Credo che l’istituzione delle ZES debba fare i conti con questo rischio e muoversi nella direzione che meglio consenta loro di poter svolgere un ruolo fondamentale per garantire la crescita della portualità del Mezzogiorno per molteplici aspetti: il primo è quello di contribuire significativamente a dare contenuti a una scelta Euro Mediterranea del Paese nel suo complesso. Di qui l’urgenza di attrezzare i porti del sud in modo adeguato: il loro upgrading strutturale elimina il principale ostacolo a competere con i porti del Nord Europa. Senza questa capacità di competere per acquisire una quota rilevante del traffico nel bacino del Mediterraneo, il vantaggio delle ZES si depotenzia drasticamente. Per competere oltre a soddisfare il bisogno di infrastrutture c’è bisogno che il Governo persegua attivamente la visione Euro Mediterranea. In aggiunta, va esplicitato e messo effettivamente a frutto il grande vantaggio teorico che avrebbe il Mezzogiorno sotto un altro aspetto di estrema rilevanza. Dovrebbe infatti essere ben comprensibile che, sviluppare i porti del Sud in un momento in cui il Mediterraneo segna aumenti di traffici molto rilevanti, è il modo più sostenibile, di accompagnare questa crescita anche dal punto di vista ecologico ottimizzando la necessità di rispettare vincoli ambientali imposti dall’ esigenza “vitale” di far fronte al problema dei mutamenti del clima. Da un punto di vista di medio e lungo periodo l’ opzione Mediterranea è l’unica sostenibile rispetto all’ alternativa -oggi dominante- dei porti del Nord Europa, sia che si guardi ai consumi energetici, o all’ inquinamento con le sue pesanti ricadute. Visto che si parla tanto di sostenibilità, sarebbe tempo di definire procedure e stabilire le priorità. Una di queste, del tutto ovvia, è di regolare ecologicamente il traffico, facendo oggettivamente emergere se e quando è opportuno puntare sui porti del Sud per ottemperare ad obiettivi via, via più stringenti di sostenibilità e di inquinamento che l’Europa con molta enfasi proclama. Noi dovremmo, farci portatori di queste esigenze di ribilanciamento, il che potrà realizzarsi se e solo se saremo in grado di superare con l’ evidenza delle realizzazioni la resistenza di chi si oppone argomentando l’ assoluta carenza organizzativa e strutturale dei nostri “porti di ingresso”.
- L’ultima domanda la vorrei riservare al sistema portuale campano. Come valuta le scelte e le attività svolte dall’AdSP del Mar Tirreno Centrale in questi due anni? Sul piano generale del rafforzamento infrastrutturale e della creazione di un sistema intermodale, ritiene adeguati i lavori e i progetti in essere?
“Devo innanzitutto osservare che con la riforma del 2016 si è affermata una grande novità, quella che i porti fanno parte di un sistema logistico e che è all’interno del sistema logistico che bisogna operare per sviluppare la catena intermodale. La riforma della portualità e della logistica ha fatto emergere l’inerzia ventennale legata alla mancanza di una strategia nazionale sui porti. Si è dunque appena avviata una prospettiva strategica promettente; dobbiamo accompagnarla, monitorare il suo sviluppo valutandone tempestivamente il procedere e i risultati. Ritengo che il primo requisito da soddisfare sia la rapidità di implementazione e la credibilità che si riuscirà a dare ai messaggi rivolti agli operatori. Le incertezze vanno eliminate, gli obiettivi vanno specificati bene sia a livello di responsabili di progetto che del Governo nazionale. L’ auspicio è che sia finalmente maturata una visione non solo della posta in gioco su porti e sistema logistico ma anche sull’ urgenza di supportare azioni che, puntando allo sviluppo complessivo, promuovano un ribilanciamento territoriale Nord-Sud. Serve guardare al Sud non più come rituale “opportunità” ma riconosciuta “priorità”.