Quattro domande a…
Gennaro Arma: le capacità umane e professionali del Comandante della Diamond Princess
La difficoltà di comunicare con persone di 55 Nazioni diverse e l’impegno per evitare il panico
di Emilia Leonetti
“Commendatore al Merito”, l’onorificenza ricevuta dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a luglio 2020, non ha cambiato e non poteva cambiare la semplicità e l’immediatezza con cui Gennaro Arma affronta la relazione con l’altro. Al contrario, forse, ha rafforzato, dopo l’esperienza vissuta alla guida della nave da crociera “Diamond Princess”, la consapevolezza che in qualunque frangente è l’aspetto umano, la capacità di entrare in relazione con l’altro che favorisce la soluzione dei problemi. Gennaro Arma è Comandante di navi da crociera dal 2015, ma da 22 anni lavora per il gruppo “Carnival Corporation” e per la “Princess Cruise”. I primi imbarchi sono stati su navi commerciali e dal 1998 è stato assunto nel Gruppo percorrendo i vari gradi, partendo da “marinaio pompiere” addetto alla sicurezza.
- Comandante, cominciamo dalla sua esperienza e dalla sua capacità di governare una nave in condizioni critiche. Ricordo che ha condotto con fermezza e calma, a marzo di quest’anno, la crisi determinatasi a bordo della “Diamond Princess” per la presenza a bordo di 600 persone colpite dal virus. Cosa l’ha guidata? Soprattutto quali competenze bisogna avere per gestire al meglio situazioni critiche?
“Ci siamo trovati, mi preme precisarlo, in un contesto nuovo. A tutte le emergenze a cui un Comandante e il suo equipaggio sono preparati a fronteggiare, questa del Covid-19 è l’unica che poteva coglierci impreparati. I positivi sono stati più di 700, alcuni sono anche morti in ospedale. Al di là del problema nuovo – una pandemia a bordo di una nave da crociera – c’era da considerare l’aspetto morale e umano. Il ruolo del Comandante è stato duplice: da un lato essere il responsabile delle operazioni a bordo e dei rapporti con le Autorità presenti nella città di Yokohama (autorità sanitaria, ambasciate, compagnia) e dall’altro essere punto di riferimento per equipaggio e passeggeri. Mi sono affidato ai valori umani, acquisiti nel corso della mia vita professionale e personale.”
- Lei ha precisato che non eravate preparati ad una pandemia. Ma se pensiamo ad esempio alla “salmonella”, quali differenze vi sono, tra diffusione di un virus come questo e quello che ha colpito la sua nave il 3 febbraio?
“Prima di tutto quest’ultimo virus non si conosceva. Dopo Wuhan, noi della “Diamond Princess” siamo stati il secondo più grande centro colpito da un virus sconosciuto. Le direttive dell’OMS a febbraio erano limitate e la difficoltà per questo è stata enorme. La “salmonella” la conosciamo, sappiamo come affrontarla. In quel momento, mi riferisco ai primi di febbraio, non si sapeva molto sul Covid. La prima azione messa in campo è stata rivolgersi all’Autorità sanitaria di Yokohama, e poi insieme abbiamo deciso come procedere. Ma – ripeto – quando si affronta una situazione del tutto imprevista, che ha lasciato attoniti per mesi diversi Paesi, non è scontato nulla. Non dobbiamo dimenticare che l’ambiente nave è un’ambiente particolare, chiuso, dove l’isolamento che si deve mettere in atto a bordo è diverso da quello che si pratica a terra. Gli spazi sono ristretti, molte cabine sono piccole e non tutte hanno un balcone.
Le problematiche sono complesse e possono influenzare il comportamento delle persone. Il mio primo compito è stato prevenire il panico. Quando abbiamo avuto conferma che il virus era a bordo, ho dovuto giocare d’anticipo iniziando dalla comunicazione. Il mio impegno costante è stato tenere informati i passeggeri e l’equipaggio su quello che accadeva, su quello che sapevo e anche su quello che non sapevo. Il mio principale scopo era conquistare la fiducia delle circa 3.700 persone che erano sulla nave, persone provenienti al 50% dal Giappone e al 50% da 55 Nazioni diverse.
Tornando alla sua precedente domanda, la scelta primaria è stata far sbarcare i positivi che sono stati, nei casi gravi, ricoverati in ospedale, o messi in quarantena in una struttura messa a disposizione dal Governo locale. Quelli che sono rimasti a bordo, sono stati monitorati sino a che siamo stati sicuri che non avevano contratto il virus. Questo ha significato che gli ultimi hanno lasciato la nave ai primi di marzo. Anche io, una volta a terra, sono stato in quarantena.”
- Quali sono le differenze sostanziali nel rivestire il ruolo di Comandante su una nave commerciale piuttosto che su una nave da crociera?
“Sono tipologie di navi completamente diverse sia tecnicamente nella guida, nella struttura, negli apparati motori e sia nel numero di persone a bordo. Per una nave merci parliamo di 30-40 persone di equipaggio, per una nave da crociera di migliaia di persone. Così come le relazioni con le persone sono profondamente diverse. Le responsabilità, invece, sono pressoché identiche. Un Comandante di nave merci, da crociera e di traghetti ha le stesse responsabilità e doveri. La differenza è nella gestione delle risorse umane.”
- Dal suo punto di osservazione privilegiato quali sviluppi intravede per quanto riguarda in particolare le dimensioni e la tipologia delle navi da crociera? Mi riferisco in particolare alla questione del gigantismo navale.
“E’ chiaro che la pandemia avrà un suo ruolo sul futuro delle navi da crociera. Bisognerà capire se sarà ancor più necessario costruire navi di grandi dimensioni, non solo per le economie di scale che genera, ma anche per gli spazi che favoriscono il distanziamento. Sarà interessante osservare come la situazione evolverà. Mi rendo conto che vi sono nel Mediterraneo, ma anche in altre parti del mondo, città storiche, piccole, con capacità e risorse limitate per ricevere navi da crociera di grandi dimensioni. Si tratta, credo, di trovare il giusto compromesso tra tutte le parti coinvolte, perché non possiamo dimenticare che il valore economico e occupazionale del settore crocieristico è notevole.”
- Lei per lavoro avrà frequentato diverse realtà portuali nel mondo. Rispetto ad altre realtà come considera ricettività e servizi del porto di Napoli?
“Devo fare una premessa: non ho mai nella mia carriera avuto il piacere di entrare nel porto di Napoli nella veste di Comandante. E’ innegabile che in questi ultimi anni sia cambiato in meglio, ma non ritengo di doverlo paragonare ad altri scali. Ognuno ha le sue caratteristiche, la sua morfologia. Detto questo per me il porto ideale per una nave da crociera è quello in cui in banchina vi sono strutture tali da poter accogliere 4-5 mila persone senza creare code e lunghe attese per salire sui bus, prendere un taxi.
Credo poi che sia fondamentale assicurare al passeggero che scende dalla nave adeguati standard di sicurezza e di accoglienza. In questo senso il mio scalo preferito è Sidney. Si trova nel centro della città ed ha un’ottima organizzazione con un terminal estremamente funzionale. Intendo spazi per la sosta di bus, Van, viabilità scorrevole per entrare e uscire dal porto, facilità per i passeggeri di spostarsi senza intoppi. Il terminal crocieristico fornisce servizi di alto livello, tanto che spesso le persone si fermano all’interno della sua area. Guardo, però, con fiducia alla possibilità di venire nello scalo partenopeo come Comandante per poter vivere l’esperienza e conoscere l’impressione che i miei ospiti ne ricaveranno.”