Pietro Spirito: i miei primi tre anni alla guida dell’AdSP
Il maggior impegno: far ripartire gli investimenti e integrare i tre porti. Il nodo delle procedure
di Emilia Leonetti
E’ una consuetudine: il primo numero del nuovo anno si apre con l’intervista al Presidente Pietro Spirito. Come ogni anno facciamo il punto sullo stato dei progetti, sulle opere realizzate e anche sugli ostacoli incontrati. Perché questo è il tema principale: le difficoltà dovute alla farraginosità delle procedure, alle norme del codice degli appalti che presentano diverse incongruenze. L’incontro, nel suo studio al primo piano dell’Autorità, rivela la ferma volontà di Pietro Spirito di portare a compimento la riqualificazione del molo Beverello, ma anche il dragaggio nel porto di Salerno e di definire, per il porto di Castellammare, la progettazione per l’utilizzo dei 35 milioni di euro stanziati dal CIPE.
- Partiamo dal bilancio dei tre anni. E’ riuscito a raggiungere gli obiettivi che si era prefisso? Quali sono i maggiori ostacoli incontrati e come li ha superati?
“In questi tre anni dovevamo affrontare diverse questioni rilevanti. La prima è stata far ripartire gli investimenti per i porti della Campania tra cui il piano dragaggi, i collegamenti stradali e tutto ciò che è funzionale alla funzionamento dei porti campani; il secondo tema è stato quello di iniziare un percorso di integrazione tra i porti di Napoli e Castellammare da un lato e il porto di Salerno dall’altro. Partito nel 2018, è un impegno che deve ancora proseguire perché il processo di integrazione richiede tempo. Il terzo tema è stato quello di comprendere che l’integrazione tra il porto e il territorio è un elemento rilevante sia per il traffico passeggeri e sia per quello merci. Ragionare, dunque, come sistema portuale, non solo come nodo, ma come rete estesa di connessioni in una logica che consideri la città per il settore passeggeri e i centri logistici per quello merci, è a mio avviso uno dei temi fondamentali su cui continuare a lavorare. Lei mi chiede quali sono le difficoltà incontrate: gli ostacoli sono di natura culturale perché serve un cambio di mentalità ed anche questo si costruisce in un arco di tempo non breve. Voglio dire che c’è un percorso di assimilazione culturale di realtà portuali che vengono da storie differenti: il porto di Napoli e il porto di Salerno hanno non solo storie ma anche caratteristiche strutturalmente differenti. Il processo quindi di armonizzazione è un lavoro che non si può esaurire nell’arco di due anni. L’altra questione è la semplificazione di carattere amministrativo. Le procedure per l’assegnazione dei lavori e per la realizzazione degli investimenti sono procedure che, richiedendo una serie di passaggi, allungano oggettivamente il tempo di realizzazione degli investimenti strategici e questo mette non solo la Campania, ma tutto il nostro Paese, in difficoltà rispetto agli altri Paesi europei.“
- Veniamo alla riforma dei porti. L’intento principale è stato integrare i porti di una stessa regione con l’obiettivo di fare sistema. In cosa si è sostanziato per i porti dell’AdSP del MTC ? Quali sono stati i passaggi principali del processo di integrazione e soprattutto, a distanza di due anni dall’ingresso del porto di Salerno, l’obiettivo è raggiunto?
“Un sistema non si crea soltanto perché c’è un’ unica struttura organizzativa che lo governa. Un sistema si crea con un percorso di armonizzazione con delle regole e delle procedure di funzionamento, che è un lavoro di medio periodo. Dobbiamo, però, partire da un presupposto: se noi guardiamo agli scali europei, tutti stanno diventando sistema perché il fronte territoriale che coinvolge le realtà portuali deve abbracciare le realtà di uno stesso territorio. Quando, però, parliamo di fronte territoriale, dobbiamo considerare anche le aree retroportuali. C’è una doppia realtà territoriale che cresce: quella che guarda al mare e quella che guarda alla terra. Per questo affermo che bisogna provare a comprendere quello che sta accadendo in Europa e nel mondo, perché è questa la strada che dobbiamo seguire in Italia, evitando la concorrenza tra territori limitrofi. Perché il nostro obiettivo deve essere quello di guardare alla concorrenza sui mercati internazionali. Per rispondere alla sua domanda, devo dire che il primo tema da affrontare è quello delle connessioni. Si diventa un sistema in un territorio quando i collegamenti stradali e ferroviari sono integrati rispetto alla realtà portuale. Abbiamo per questo progettato con RFI, per il porto di Napoli, un raccordo ferroviario che sia competitivo; per quanto riguarda Salerno stiamo faticosamente realizzando la galleria Porta Ovest per mettere in collegamento lo scalo con il sistema autostradale. Le connessioni sono, dunque, il primo elemento su cui lavorare, perché integrazione significa capacità intermodale e capacità di interconnessione tra il porto ed il territorio di riferimento.“
- Uno dei nodi del nostro sistema portuale resta l’assenza di collegamenti su ferro. Più volte si è discusso della necessità di realizzare binari di 750 metri nell’area a ridosso del nuovo terminal di levante. Le questioni emerse sono due: i costi dell’investimento e la mancanza di una domanda che lo giustifichi. A queste considerazioni devo aggiungere che il trasporto merci su ferro è conveniente per collegamenti superiori ai 400 km. Qual è a suo parere la soluzione?
“ E’ da più di vent’anni che si discute a Napoli di un progetto che non ha alcuna possibilità di essere realizzato e cioè realizzare un collegamento a Napoli Traccia con un sottopasso e un sovrappasso, mantenendo i binari a una lunghezza di 350 m. Un intervento di questo genere è assolutamente sconveniente. Bisogna sgombrare il campo da soluzioni che non intervengono sulla competitività del servizio di trasporto su ferro, perché, se non si hanno all’interno del porto binari ferroviari di una lunghezza adeguata, i costi della manovra annullano la competitività dello scalo. Se si realizza un sistema ferroviario con un binario di 750 m si crea la competitività per le connessioni con gli interporti rispetto al trasporto su gomma. Devo sottolineare che il Governo ha destinato delle risorse per i collegamenti “dell’ultimo miglio” . Quindi, dal punto di vista del finanziamento, esiste ora un capitolo di spesa dal quale attingere per realizzare l’opera ferroviaria. Disporre esclusivamente di un sistema di trasporto su gomma significa bloccare lo sviluppo dei porti perché, o abbiamo collegamenti adeguati, come nel caso di Salerno che mettono in connessione direttamente il porto alla rete autostradale, oppure, come nel caso del porto di Napoli, dobbiamo dotarci della soluzione intermodale. D’altronde il progetto relativo alla costruzione della Darsena di Levante è legato alla realizzazione di nuovi collegamenti viari e ferroviari. Per questo, devo ricordare che il Terminal, una volta terminati i lavori senza il collegamento ferroviario non potrebbe funzionare. E’ chiaro che l’opera non si realizzerà in un tempo breve, ma bisogna lavorare per completare la progettazione e poi realizzare l’investimento.“
- Oltre alla Darsena di Levante, vi sono altre opere significative come il piano energetico, la riorganizzazione della mobilità all’interno del porto di Napoli, la riqualificazione degli edifici monumentali ex Magazzini Generali e Immacolatella Vecchia. Può fare il punto su questi interventi, sui tempi e sul loro stato di attuazione?
“ Ci sono attività che sono state avviate a diverso grado di completamento. Il restauro dell’ Immacolatella Vecchia sarà concluso entro l’estate del 2020. E’ partito il cantiere del Molo Beverello per la realizzazione della nuova Stazione Marittima. Per i collegamenti stradali all’interno del porto di Napoli che, mi preme sottolineare, sono strategici, è stata conclusa la progettazione esecutiva e si passerà a breve all’esame del Provveditorato alle Opere Pubbliche per l’approvazione finale e nel 2020 inizieremo i lavori. Per quest’ultimo progetto è previsto l’allargamento del tratto viario compreso tra il varco Carmine e il Bausan e il collegamento diretto alla nuova Darsena di Levante. Per il piano energetico è stata avviata una gara, di cui a breve vedremo gli esiti. Mentre per la rivitalizzazione degli altri edifici storici avremo un percorso graduale. In particolare, per gli ex Magazzini Generali, la primaria necessità è quella di individuare le risorse per la loro riqualificazione. In questa fase, dunque, non è possibile prevedere dei tempi perché bisogna avere certezza sui finanziamenti. Per concludere, ci sono cantieri già in corso, finanziati e in fase di realizzazione o di gara; vi sono altre attività che sono in fase di completamento della progettazione o di recupero delle risorse finanziarie per poterle avviare. “
- Porti di Salerno e Castellammare: quali sono gli interventi che potenzieranno i due scali, con che tempi, costi e modalità?
“ Per Castellammare, recentemente, il Cipe ha stanziato 35 milioni di euro che saranno utilizzati per la riorganizzazione dell’area portuale dal punto di vista della sicurezza e dell’impiantistica. E’ rilevante, perché nel porto di Castellammare insistono due importanti segmenti di attività: attività industriale rappresentata da Fincantieri e l’attività legata al traffico da diporto di mega e giga yatch. Dobbiamo ora passare alla fase di progettazione e realizzazione con lo scopo di rendere compatibile l’attività sia della parte industriale e sia di turismo diportistico. Per quanto invece riguarda Salerno, partiranno a breve i lavori di dragaggio e di allungamento del molo di sopraflutto per consentire l’ingresso di navi di maggiori dimensioni nello scalo salernitano. Altro progetto strategico è, come già precisato prima, la Galleria Porta Ovest i cui lavori dovrebbero concludersi entro il 2023. “
- Il lavoro è uno dei temi principali e sul quale l’AdSP si è impegnata, ma secondo i rappresentanti sindacali in seno all’Organismo di Partenariato: “il Piano è stato un elemento di divisione tra noi e l’Autorità di Sistema Portuale perché l’AdSP non ha colto le occasioni che il “correttivo porti” offre con la previsione del piano organico mentre del Piano di intervento per il lavoro portuale non vi è ancora traccia. Soprattutto il Piano, nel merito, non ha risposto allo spirito della norma.” Qual è la sua posizione al riguardo?
“Credo che vi sia un punto sostanziale da affermare: non è possibile avere un meccanismo automatico di intervento autoritativo sul mercato del lavoro. L’incontro tra domanda e offerta di lavoro avviene nel mercato e su questo non possono esservi dubbi. Il Piano Organico del Lavoro può tracciare interventi per la riqualificazione e la formazione dei lavoratori, può cercare di favorire l’incontro tra domanda e offerta, ma alla fine è l’incontro tra domanda e offerta che stabilisce il meccanismo con il quale funziona il mercato del lavoro. Non è possibile pensare ad interventi dirigistici. E’ questa la realtà del sistema del nostro Paese e di altri paesi che rientrano nella cosiddetta economia di mercato. L’Autorità ha cercato di fare, dal suo punto di vista, ogni sforzo per favorire l’incontro tra domanda e offerta, al di là anche dei vincoli. Si può fare di più e meglio? Sicuramente, ma mi aspetto anche da parte delle organizzazioni sindacali un apporto concreto per favorire i casi in cui sussistono delle crisi di natura congiunturale. Faccio questa affermazione perché in casi di crisi è la relazione tra gli operatori e le organizzazioni sindacali che deve essere l’elemento propulsore. Noi possiamo affiancare, favorire, ma non sostituire un impegno che compete alle organizzazioni e alle imprese.”
- Presidente in questi ultimi mesi spesso ha lamentato la farraginosità delle procedure, imputando a ciò i ritardi nella conclusione dei lavori e/o nel loro stesso avvio. E’ dunque la burocrazia l’ostacolo per le AdsP?
“Se noi pensiamo che, mediamente, servano 11 anni per completare in Italia un’ opera pubblica concludiamo che qualcosa nel nostro sistema non funziona. Questa è una constatazione. Possiamo consentirci come Paese di impiegare un così lungo tempo per realizzare opere nel settore pubblico che dovrebbero migliorare la competitività dei nostri territori rispetto a quelli di altri paesi? Il raddoppio del Canale di Suez, ad esempio, è stato compiuto in un anno. Stiamo parlando di un meccanismo di regole presenti oggi nel codice degli appalti che riguarda tutti gli interventi pubblici, non solo quelli del settore portuale. Le faccio alcuni esempi. Per quale motivo il progetto definitivo e il progetto esecutivo devono essere sottoposti a due livelli di verifica da parte di soggetti terzi? Perché quando le imprese partecipano alle gare e non presentano tutta la documentazione è prevista la possibilità di un supplemento istruttorio, rinnovando la procedura per la presentazione dei documenti? Di esempi di questo genere se ne possono fare a decine. Questi esempi, però, dimostrano che esistono ancora troppi passaggi per concludere un procedimento e che esistono troppi controlli rispetto alla necessità di giungere in tempi ragionevoli alla conclusione dei processi decisionali. Se, infatti, si hanno più controllori che esecutori, il tempo di realizzazione si allunga . Siamo un Paese che va ad una velocità incompatibile con il resto del mondo. Si tratta, dal mio punto di vista, di rendere compatibile la normativa con una velocità di esecuzione almeno accettabile. Aggiungo, per quanto riguarda i porti, che tutte le fasi autorizzatorie sono lunghissime. L’autorizzazione a iniziare i lavori, ad esempio, per effettuare il dragaggio nel porto di Salerno è durata 12 anni, nel porto di Napoli, 20. “
- Restando sul tema della realizzazione dei piani e dei programmi, quanto incide la collaborazione con le altre Istituzioni? quale ruolo in questo svolgono gli operatori del settore marittimo?
“Le istituzioni sono più efficaci quando collaborano. Devo dire che a Napoli e in Campania c’è un buon livello di collaborazione. Quello che invece, dal mio punto di vista, appare necessario è superare la frammentazione della rappresentanza nel mondo delle associazioni imprenditoriali. Abbiamo, infatti, assistito negli ultimi anni ad una disarticolazione della rappresentanza nel mondo degli operatori marittimi. Per me non è un fatto positivo perché si disperde la capacità di interlocuzione unitaria. Il mio auspicio è che gli operatori del settore marittimo recuperino una capacità di rappresentanza unitaria per rendere più forte, più chiara e più autorevole l’interlocuzione tra il mondo degli operatori e delle istituzioni.”
- Il Molo san Vincenzo. Da poche settimane si è riaperto il confronto con il Ministero della Difesa per la restituzione ai cittadini. E’ di pochi giorni fa la riunione tenutasi a Napoli tra l’ Autorità Portuale, il Comune di Napoli, la Marina Militare e il rappresentante del Ministero della Difesa. Cosa avete deciso?
“Abbiamo riavviato il dialogo con lo Stato Maggiore della Difesa, con la Marina Militare, con la Capitaneria di Porto, con il Comune di Napoli. Abbiamo deciso di coinvolgere Cassa Depositi e Prestiti come soggetto tecnico che possa individuare una serie di scenari alternativi per individuare i percorsi di utilizzazione e valorizzazione del Molo San Vincenzo. Abbiamo chiarito che il Molo San Vincenzo ha bisogno di un uso duale, da un lato per mantenere la base logistica della Marina Militare, dall’altro per consentire l’utilizzazione migliore del molo nella parte di nostra competenza. Cercheremo, anche attraverso il ricorso ad un soggetto terzo, di andare alla definizione delle funzioni, all’individuazione dei percorsi, anche economici, per disporre dei finanziamenti necessari e per comprendere le redditività in modo da definire le condizioni con le quali l’uso duale del molo si possa realizzare. Per rispondere più direttamente alla sua domanda, devo dire che nel corso della riunione si è anche discusso della possibilità di aprire un passaggio esterno che bypassando la radice del molo, in dotazione alla Marina Militare, consenta ai cittadini di utilizzare il molo senza interferire con le attività legate alla base logistica. E’ chiaro che tale ipotesi dovrà essere supportata da una valutazione di carattere economico, oltre che strutturale.“