Quattro domande a…
Porto: grande realtà per Napoli e al contempo grande incompiuta
L’ex Direttore del “ Mattino” : incapacità, conflittualità tra Istituzioni tra le ragioni dei ritardi progettuali nello scalo
di Emilia Leonetti
Alessandro Barbano, ex Direttore de “Il Mattino”, da qualche anno Presidente della Fondazione Teatro Festival, analizza le ragioni dei ritardi che contraddistinguono la storia più recente del porto di Napoli, puntando il dito sul Governo cittadino, incapace di portare a compimento opere urbanistiche come Piazza Municipio.
- Lei è stato Direttore per diversi anni del principale quotidiano cittadino. Ha per il suo lavoro sicuramente considerato lo scalo partenopeo perché rappresenta una delle principali realtà economiche e occupazionali. Che idea si è fatto? Nel tempo ha osservato delle trasformazioni?
“L’idea è che il porto è una grandissima realtà per Napoli e allo stesso tempo una grandissima incompiuta. Grande realtà perché mobilita un’economia significativa. Rappresenta, se vuole, il cuore della città perché stimola, come nessun altra attività, un imprenditorialità napoletana che nel porto ha una sua cifra culturale, una sua tradizione, uno stile. Contemporaneamente è un’incompiuta, ancorché la progettazione urbanistica della città assegna allo scalo un’importanza fondamentale. Mi riferisco, ad esempio, al progetto della Linea 1 della metropolitana, una delle poche che prevede il collegamento tra il centro della città, il porto, l’aeroporto e la stazione ferroviaria in una visione integrata e moderna. Una visione a cui non ha corrisposto una capacità amministrativa e politica in grado di portare a compimento un’opera urbanistica di così grande rilievo. Devo sottolineare che si tratta di un’incapacità che risale agli anni successivi al primo “Bassolino” e che ha raggiunto la paralisi pressoché totale negli anni della “Giunta de Magistris”.
Se consideriamo via Marina, ci sono voluti anni per iniziare i lavori e ora è riapparsa, dopo sei anni, più vecchia di prima, soprattutto inadeguata rispetto ad un progetto di riqualificazione della principale strada di accesso alla città. E’ chiaro a tutti che Piazza Municipio è ancora lì con i lavori in corso. C’è uno stallo politico-amministrativo su cui poco ha potuto l’arrivo di Ennio Cascetta alla guida della società MN e dovuta anche ad una litigiosità tra Istituzioni che contribuisce allo stallo e di cui, a mio parere, risente anche il porto. Devo, però, anche dire che lo scalo rispecchia una contraddizione interna al mondo portuale e che è dovuta all’essere Napoli una citta marinara a metà: una parte riconosce il porto ed un’altra metà lo ignora.
Quando sono stato Direttore de “Il Mattino” mi sono trovato all’interno di un conflitto, quello tra chi avrebbe voluto spostare l’area del traffico petrolifero lontano dalla città, qualcuno addirittura auspicava la realizzazione di boe a mare per l’attracco delle navi, chi invece sosteneva il contrario. Su questo conflitto si è consumato un impasse amministrativo, perché è mancata la capacità di fare sintesi, di trovare un equilibrio tra le varie anime in ragione di uno sviluppo non legato al micro interesse ma a visioni di lungo periodo. Con l’arrivo di Pietro Spirito si è dato un impulso nuovo allo scalo. Certo devo riconoscere che è un personaggio eccentrico, iperattivo e che non tutte le cose che annuncia, fa, ma che ha indubbie capacità. Ha ridato, ritengo, vivacità urbanistica, culturale e manageriale al complesso mondo portuale.”
- Da qualche tempo è Presidente della Fondazione Teatro Festival. E’ cambiato l’angolo di visuale. Come vede ora il porto? In questo tempo, prima come Direttore del “Il Mattino” e ora come Presidente di Teatro Festival, la sua relazione con lo spazio portuale ha subito dei mutamenti? Cosa è per Lei il porto o cosa dovrebbe essere?
“I ruoli sono diversi: come Direttore del principale giornale del Mezzogiorno ero un testimone critico, oggi sono un attore istituzionale e dunque la mia posizione è completamente cambiata. Devo dire che il porto è una bellissima sede per confronti di carattere culturale. Non ho più quel ruolo “giudicante” che spetta ad un giornale della città. La mia prospettiva è cambiata, il mio ruolo è quello di promotore culturale secondo le direttive dello statuto della Fondazione. Promuoviamo, come lei sa, eventi teatrali.
Rispetto al porto credo che vi siano una serie di attività che non sono strettamente “portuali” ma che in qualche modo hanno a che fare con lo scalo: l’esempio più evidente è il Molo S. Vincenzo, che riguarda la possibilità per i cittadini di riappropriarsi di questo importante spazio urbano. E’ una questione che purtroppo si trascina da diversi anni, che è aggravata da una serie di resistenze provenienti in particolare dalla Marina Militare e su cui ha, a mio parere, fortemente inciso la mancanza di impegno da parte del Comune di Napoli. Una visione di piccolo cabotaggio, di poca collaborazione tra Istituzioni ha fatto si che l’infrastruttura sia ancora interdetta ai napoletani. Devo aggiungere a queste considerazioni la constatazione che a Napoli manca la cultura del coinvolgimento dei privati in opere di interesse collettivo. Esiste una forte resistenza al ricorso dei finanziamenti privati, dovuta all’idea che “privato” significhi illegalità. E’ un limite che impedisce la risoluzione di interventi importanti come quelli che potrebbero riguardare il Molo S. Vincenzo. Milano non disdegna il profitto, lo utilizza e lo piega all’interesse collettivo. Napoli invece diffida del profitto. Il pubblico non ha le risorse che il privato potrebbe avere. Anche per questo i progetti si fermano.
Detto questo devo riconoscere che il waterfont dello scalo partenopeo è uno spazio vivace, dove con frequenza si organizzano convegni, dibattiti. Io stesso ho presentato un mio libro su una nave attraccata al Molo Angioino e ho anche moderato dibattiti tenutisi alla Stazione Marittima. Il porto ha, dunque, una sua vitalità. Resta quel senso di incompiutezza, di cui le parlavo prima e che attiene alla lentezza con cui si realizzano i progetti. Sul piano culturale, infine, lo scollamento tra porto e città non è stato mai completamente sanato perché occorrerebbe che le opere urbanistiche si completassero. Piazza Municipio è decisiva per l’integrazione tra il porto e la città perché il cantiere aperto oramai da tantissimi anni crea inevitabilmente una separazione fisica.”
- Come intellettuale, quali trasformazioni immagina per il nostro porto. In che modo lo scalo partenopeo può diventare uno spazio di connessione tra culture e mondi diversi, oltre a essere un’ importante infrastruttura per lo scambio di merci e di persone?
“In parte le ho già risposto. Aggiungo che è fondamentale dal mio punto di vista il costante collegamento con le università, con altri centri di cultura. Napoli è molto sinergica sul piano delle collaborazioni tra associazioni, università e centri culturali. Non lo è sul piano delle Istituzioni. Da questo punto di vista spazi per ampliare collaborazioni ve ne sono. Il porto può, deve, diventare quello che lei ha affermato. Può essere uno spazio aperto per la città, luogo di sintesi tra culture diverse: scientifiche, umanistiche, saperi differenti. Includo, tra i saperi, quello legato al mondo navale che informa di sé la città e che va ancora di più promosso nella sua componente anche culturale. Le scuole attualmente esistenti come gli Istituti nautici, i corsi di laurea in Ingegneria navale, potrebbero essere ulteriormente potenziati in considerazione del valore che il settore marittimo ha per l’economia del territorio e del Paese. Il porto, infine, deve, secondo me, diventare un luogo importante della cultura ma prima di tutto deve realizzare le trasformazioni urbanistiche necessarie. E’ un processo di trasformazione che deve svilupparsi e per me l’attore principale di questo processo è il Sindaco. Dobbiamo dirlo con forza: le città cambiano quando c’è una leadership sul piano amministrativo. Il Presidente del porto è un attore importante ma la visione, lo sviluppo, la spinta la imprime il Sindaco della città”.
- Come cittadino, cosa si aspetta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale?
“Ci sono stati anni di grande impasse dovuti a ragioni diverse, tra cui la difficoltà di mettere insieme le mille anime corporative presenti nello scalo e che miravano prevalentemente ai loro piccoli interessi. Ribadisco che con l’arrivo di Pietro Spirito qualcosa è cambiato, grazie prevalentemente alla sua capacità di guardare oltre i micro interessi e di superare le rivalità. Ovviamente, oltre al superamento delle rivalità del cluster marittimo ci vorrebbe una concordia istituzionale che a Napoli non c’è. Questo non lo può certamente attuare il Presidente dell’ Autorità di Sistema Portuale perché la concordia istituzionale è fatta da un Sindaco, da un Presidente di Regione, da consiglieri, da partiti, da parlamentari che sulle grandi questioni fanno squadra.”