Il traffico container all’epoca del coronavirus
Situazione attuale e prospettive per il futuro
di Pasquale Legora de Feo*
Siamo giunti ormai a quasi due mesi da quando, travolti da una situazione di emergenza sanitaria di proporzioni mai viste prima, siamo stati costretti a ripensare completamente il modo di vivere e di svolgere le nostre attività lavorative.
Interi comparti produttivi sono completamente fermi, mentre le aziende che continuano a produrre i loro beni e i loro servizi, in quanto essenziali per assicurare le esigenze primarie della popolazione (penso all’approvvigionamento di alimenti o presidi sanitari), si trovano comunque a lavorare in condizioni ambientali del tutto inedite, che modificano le loro abitudini, quelle dei loro dipendenti e quelle dei terzi con cui interagiscono in ragione della loro attività.
Questa situazione generale si è naturalmente riprodotta anche all’interno della variegata comunità portuale, dove alcuni settori sono in ginocchio (come quello crocieristico e dei passeggeri in generale) mentre altri (come quello del traffico merci che mi coinvolge da vicino) continuano ad operare a pieno ritmo, anche se con le significative varianti di cui parlavo innanzi.
Come accennavo, il traffico container in questi primi mesi dell’anno, anche dopo l’inizio dell’emergenza, continua a mantenere i propri livelli, anzi qualche volta addirittura migliorandoli, come nell’ultimo mese di marzo dove il principale terminal del Porto, Conateco, ha registrato un incremento del 12,5% rispetto al marzo 2019, arrivando a movimentare quasi 50.000 teus.
Tutto ciò mentre ci siamo trovati a fronteggiare problemi e situazioni inedite, a cominciare dai giustificati timori del personale operativo che continuava a lavorare mentre tanta parte della popolazione restava in casa per seguire le giuste indicazioni delle Autorità.
Notevoli investimenti sono stati effettuati per tutelare al meglio la salute dei lavoratori, sia in termini di acquisti di materiali e dispositivi di protezione, sia in termini di varo di procedure di controllo, sia in termini di divulgazione, informazione e motivazione dei dipendenti.
A fronte di cotanti sforzi compiuti per assicurare la continuità, in condizioni di sicurezza, delle attività lavorative e della intera filiera logistica, ritengo sia importante, anzi necessario, che L’Autorità di Sistema venga incontro alle esigenze delle imprese.
Il c.d. Decreto Cura Italia ha previsto una sospensione del pagamento dei canoni per le imprese portuali, ma è poca cosa, trattandosi di mero rinvio di obblighi che dovranno essere comunque onorati: è il momento invece che le Autorità di Sistema, che sono gli Enti più vicini al mondo produttivo portuale e ne possono comprendere le reali esigenze, facciano uno sforzo in più.
Nei giorni scorsi ho inviato, quale presidente di Conftrasporto Campania, una istanza ai vertici dell’Autorità di Sistema e della Regione per chiedere l’adozione di urgenti misure di contrasto alla crisi finanziaria ed economica del comparto portuale, articolata in diversi punti.
In particolare come comunità portuale abbiamo chiesto l’azzeramento totale di tutti i canoni concessori a decorrere dal mese di marzo fino a tutto dicembre 2020, e anche oltre se necessario, non solo per le imprese di cui agli articoli 16/18, ma anche per tutte le altre realtà imprenditoriali e di servizi (come ad esempio le stazioni marittime, i cantieri navali, attività parcheggio, servizi di biglietteria, approdi turistici, arenili etc.), oltre al riconoscimento della possibilità di dilazionare senza interessi o more, per un periodo di almeno 36 mesi, eventuali debiti pregressi maturati, a qualsiasi titolo, dalle suddette imprese.
In aggiunta abbiamo chiesto che vengano rideterminati i canoni demaniali nella misura minima prevista dalla Circolare Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prot. 023 del 09/12/2019, e che venga avviato un tavolo tecnico, tra Enti (AdSP, Comune, Agenzia del Demanio e del Territorio) e le parti sociali/associazioni per risolvere problematiche di grande e negativo impatto quale quella dell’applicazione sugli immobili demaniali di gravose tassazioni per IMU e altro.
Passata la fase emergenziale occorrerà ripensare in maniera organica alle riforme occorrenti al settore portuale: in primis mi riferisco alla necessità di rivisitare la misura dei canoni concessori, unificandola a livello nazionale, onde evitare inaccettabili e superate sperequazioni tra porti diversi, a volte anche all’interno dell’area di competenza di una stessa AdSP.
Un’altra riforma indifferibile è quella del lavoro portuale, ove andrà superata la logica della riserva ad unico soggetto della fornitura di manodopera temporanea, aprendo il mercato alla concorrenza tra più soggetti.
In definitiva credo che il superamento della crisi potrà avvenire non attraverso misure estemporanee (che pur possono avere una utilità contingente nel breve), ma trovando il coraggio di affrontare una volta per tutte, con azione realmente riformatrice, le annose problematiche strutturali che affliggono la portualità italiana.
*Presidente e A.D. di CONATECO