Mario Mattioli presenta i risultati dell’ultima assemblea di Confitarma
Sulla “Blue Ecomony”, anticipa degli aspetti del progetto: coinvolgerà tutti gli attori del sistema portuale e della logistica
di Emilia Leonetti
Mario Mattioli, Presidente di Confitarma, è uno degli armatori di spicco del nostro Paese, Presidente della holding della famiglia Cafiero-Mattioli, la società Ca.Fi.Ma.. L’ho incontrato nel suo ufficio di Napoli, alla Riviera di Chiaia, dove con disponibilità e cortesia, tratti evidenti del suo carattere, ha raccontato le principali novità che sono emerse all’ultima assemblea di Confitarma soffermandosi su alcune tematiche centrali per il settore marittimo e della logistica: dal tema della riconversione delle navi e degli scali sulla linea della “blue economoy”, alle condizioni per la crescita del sistema portuale del Mezzogiorno, al ruolo degli operatori e dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale. Un’intervista che offre una panoramica del settore e delle sue potenzialità.
1) Presidente Mario Mattioli, alcune settimane fa, la sua confederazione ha tenuto un’importante assemblea. Quali sono i risultati sul piano politico e su quello delle proposte? Quali azioni, a seguito dell’assemblea, metterete in campo nei confronti del Governo?
“Il risultato politico è stata l’attenzione dei Ministro delle Infrastrutture e l’impegno che si è assunto con noi di convocare, quanto prima, un tavolo di lavoro comune sulla semplificazione burocratica e sulle procedure. È una prima risposta ad una delle tre richieste poste dalla nostra Assemblea: il mantenimento del Registro Navale che ha prodotto in 20 anni un aumento del tonnellaggio del nostro armamento del 100%, da 8 a 16 milioni di stazza, e che registra oggi un occupazione pari a 50mila marittimi, di cui 38mila italiani e comunitari, la semplificazione di norme e procedure burocratiche, armonizzandole con quelle degli altri Paesi Europei; la creazione di un Ministero del Mare”.
2) Su quest’ultimo punto Lei nella sua relazione ha evidenziato il valore e il peso del cluster marittimo per l’economia del Paese. Rappresenta, per citare solo uno dei dati, il 2% del PIL. Una “governance dedicata” ha detto “sarebbe indispensabile per accentuarne il ruolo di volano di sviluppo”. Può chiarire a cosa pensa, in cosa dovrebbe consistere e con quali poteri?
“Dovrebbe essere un Ministero competente nel campo dei trasporti e della logistica, capace di predisporre un piano di sviluppo del settore marittimo e del sistema logistico dell’intero Paese. Attualmente assistiamo ad una frammentazione delle competenze suddivise tra diversi Ministeri: Infrastrutture, Difesa, Economia, Lavoro, Salute. Siamo all’assurdo: nel settore della sanità marittima vigono leggi risalenti al 1895.
Si tratta di concentrare in un’unica cabina di regia tutti gli aspetti legati allo shipping allargati alla logistica, come avviene già in altri Paesi europei. In Francia, ad esempio, la scelta è stata di dar vita ad un Segretariato del Mare alle dirette dipendenze del Primo Ministro. Si potrebbe anche scegliere questa strada. L’importante è che si concentrino le competenze e si diventi efficienti.”
3) Uno dei temi su cui Confitarma è impegnata, è quello della Blue Economy. Per questo sta lavorando ad un progetto che unisca le diverse componenti industriali del mare: da Assiterminal, ad Assologistica, da Assonave, ad Ucina. Può anticiparci alcuni punti qualificanti del progetto? La strategia che definirete avrà come obiettivo la riduzione dell’inquinamento o altri aspetti ambientali?
“Su questo punto devo precisare che abbiamo già raggiunto con Confindustria l’accordo di creare una sezione “Blue Economy” a cui partecipano tutte le associazioni del settore marittimo e della logistica. L’obiettivo è sviluppare un settore fondamentale non solo per una crescita “sostenibile” ma anche per le ricadute sull’economia del nostro Paese. Il dato del peso sul Pil al 2% non tiene conto della valorizzazione delle merci finite, prodotte dalle merci alla rinfusa, secche e petrolifere, trasportate dal nostro sistema logistico. Se lo conteggiassimo, il nostro contributo supererebbe il 10-12% del Pil nazionale. Per raggiungere questi livelli bisognerebbe però intervenire, ammodernando non solo la nostra flotta, ma anche le infrastrutture, a cominciare da quelle dei nostri porti.
E’ l’intera catena che va migliorata, tenendo conto anche delle esigenze ambientali. Noi armatori stiamo iniziando ad utilizzare fonti energetiche con “zero emissioni”, e navi sempre più green. In ogni caso, nel 2020 scatterà un limite di zolfo nel combustibile marino dello 0,5%. Contestualmente stiamo valutando strumenti alternativi, come lo “scrubber”, che brucia lo zolfo presente nel carburante senza emettere nell’aria alcuna sostanza tossica, o l’utilizzo di GNL.
Manca la rete di distribuzione del GNL per rifornire le navi alimentate da tale nuovo carburante. Vi sono già unità da crociera e, da qualche giorno, anche un traghetto della società Caronte di Messina, che funzionano a GNL. Il problema è il rifornimento e su questo chiediamo l’impegno delle AdSP affinché adeguino i porti con i nuovi impianti e, soprattutto, in tempi ragionevoli. Altri Paesi come Francia e Spagna sono già dotati di questa nuova rete di approvvigionamento.”
4) Quale ruolo può svolgere Confitarma per sostenere la realizzazione delle ZES?
“Il tema è la collaborazione. Mi spiego. Sulla definizione e sulla conseguente strategia da seguire per la realizzazione della ZES campana, ma anche su quella delle atre regioni coinvolte, non c’è stato alcun coinvolgimento della mia, come di altre associazioni. A mio parere sulla ZES si sarebbe dovuto creare un coordinamento di tutti i soggetti interessati per lavorare tutti insieme al raggiungimento dell’obiettivo. Mi rammarico che ciò non sia avvenuto e ritengo che questo rappresenti una debolezza del sistema. Detto questo faremo di tutto per sostenerne l’entrata in funzione. Non posso però non ricordare che Confitarma non è stata mai chiamata, e questo per ribadire che non si fa sistema.”
5) Via della seta: il Presidente di Assoporti in un’intervista a” Porti Campani in Rete” ha affermato che i porti del centro-sud devono diventare piattaforme verso i paesi dell’Africa. E’ d’accordo? Cosa manca ai porti del sud per sviluppare, sul piano dei traffici e della logistica, le attività verso i Paesi africani?
“In un recente incontro, Ennio Cascetta ha ricordato che l’interscambio dei porti italiano è per l’80% intra Mediterraneo, solo il 3 % con la Cina. Sicuramente c’è una forte dipendenza con il Nord Africa, questo è il primo dato. Dall’altro punto di vista, ragionando sul perché l’Italia è vista come parte terminale della “Via della seta”, occorre considerare la vicinanza dei porti del Nord all’Europa. Tra i porti del nord, ritengo che Genova abbia qualche chance in più rispetto ai porti dell’alto Adriatico per l’incremento dei traffici. E’ chiaro che il nord est è il terminale “ferroviario” per la Via della seta. Il punto critico, per me, sono le opere infrastrutturali che dobbiamo costruire per conservare e rafforzare la competitività dei nostri porti.
Il vero tema è: l’Italia sarà in grado di sciogliere i nodi legati all’ammodernamento infrastrutturale indispensabile per connettere i nostri porti all’Europa? Le nostre aziende produttive situate soprattutto nel nord Italia, acquistano merci alla rinfuse o semilavorati per le loro lavorazioni all’estero. Le importano facendole transitare anche per i porti di Rotterdam, Amburgo e Anversa. Quindi, non sdoganano la loro merce negli scali italiani, e determinano, secondo dati calcolati da Confindustria, un gap della “logistica” di circa 40-50 miliardi di euro, perché all’interno della UE sulle merci si paga il dazio una volta sola, nello scalo di arrivo e di sdoganamento (non in Italia). In più, per diritto di ispezione, spostiamo i controlli nei punti più impervi, spesso alla frontiera. La merce che serve alle nostre imprese non entra dagli scali italiani ma da quelli del Nord Europa perché i nostri porti sono meno efficienti. Aggiungo che le imprese hanno bisogno di tempi certi di arrivo delle merci nelle fabbriche per le lavorazioni a ciclo continuo. E’ fondamentale la rapidità e la certezza dei tempi di sdoganamento e di uscita della merce dai porti di arrivo. Noi su questo non siamo competitivi. Per esempio a Rotterdam un contenitore deve essere controllato dalla Dogana entro tre ore dallo sbarco, qui in Italia sosta anche 6-7 giorni”.
6) Presidente una parte significativa degli Armatori del nostro Paese è di origine campana, se non napoletana. Lei stesso è napoletano e ha la sede della sua società a Napoli. Non ritiene che sia un settore dell’economia che, nonostante il peso e i numeri, influisca poco sulla crescita delle regioni del Meridione? Da cosa dipende?
“Sì concordo. L’anello debole nell’area meridionale è la difficoltà di riuscire a fare sistema e squadra, consolidando anche la formazione. Nonostante vi siano diversi Istituti nautici, il tipo di formazione che viene impartita è poco collegata con quello che richiede il settore dello shipping: dalla conoscenza delle lingue ad un insegnamento che tenga conto delle competenze necessarie. Non si è riusciti a creare un valido percorso post diploma ITS (Istituto Tecnico Superiore). L’Accademia di Genova, al contrario, organizza corsi biennali strettamente legati al fabbisogno del settore marittimo con cui c’è un continuo interscambio, come avviene a Gaeta, a Trieste, a Catania e Cagliari. In Campania si fa molta formazione rivolta a tutte le qualifiche di bordo, dal training di base ai moduli più sofisticati per ufficiali, ma tutta a carico dei privati (società armatoriali o singoli marittimi). E’ per me motivo di orgoglio aver contribuito all’apertura a Castel Volturno di un centro di alta formazione che ha formato l’anno scorso circa 15.000 marittimi provenienti da 88 nazioni. Con questo centro, assieme a Confitarma, siamo partner della Regione Campania che ha finanziato corsi IFTS per ufficiali di macchina: speriamo di renderli permanenti e trasformarli in ITS. In quella sede abbiamo anche aperto un istituto nautico privato, che porterà i primi diplomati l’anno prossimo. Abbiamo potuto notare quanto faccia bene ai ragazzi impegnati nel ciclo scolastico superiore stare a contatto, ogni giorno, con chi già lavora nel settore.”
7) Come Presidente di Confitarma e esponente di spicco dell’armamento napoletano, oltre che nazionale, come valuta i porti del sistema campano?
“Esprimo un giudizio più che positivo. I progetti ci sono, e sono convinto che saranno portati a termine. Quello che osservo, come dicevo prima, è la mancanza di un impegno comune. Dipende da noi del cluster marittimo superare la visione particolare per guardare all’interesse dell’intera comunità portuale. Dipende, però, anche dall’Autorità di Sistema spingere tutti noi a una maggiore collaborazione, potenziando l’attività di coordinamento e consultazione.”