L’opinione
Il ruolo strategico del Sud per l’Italia e per l’Europa
di Mario Mauro*
Il ruolo del Sud è necessario per lo sviluppo del nostro Paese e dell’Europa, se questa vuole ambire ad essere un player globale decisivo nello scenario mondiale. La cosiddetta questione meridionale viene più volte derubricata a tema di politica interna; in realtà in un’ottica di sviluppo nell’area euromediterranea il Meridione acquista una diversa caratura se si inseriscono valutazioni geostrategiche. Il Sud è la parte dell’Europa che più si protende nell’area del Mediterraneo, celebre è l’affermazione di Aldo Moro: “l’Europa non è nel Mediterraneo, l’Europa è il Mediterraneo”.
Considerato tutto questo, sarà quindi decisivo come si rapporterà nel prossimo futuro il governo italiano e l’establishment europeo nel puntare sul Mezzogiorno d’Italia, affinchè il dialogo con la parte restante dell’area euromediterranea porti frutto.
Le relazioni bilaterali tra l’Italia e il Regno del Marocco sono tradizionalmente eccellenti e improntate alla massima collaborazione su temi di interesse comune, quali le migrazioni, il processo di stabilizzazione in Libia e la lotta al terrorismo. In occasione della visita del 1° novembre 2019, questa cooperazione si è concretizzata in una dichiarazione congiunta che istituisce un partenariato strategico multidimensionale tra Roma e Rabat.
Il Marocco è un Paese strategico per l’Italia, in ragione della sua crescita economica e per le numerose opportunità per le nostre imprese in termini di investimento: attualmente, sono presenti nel Paese nordafricano 252 aziende italiane. Parte di numerosi accordi di libero scambio, il Marocco si sta progressivamente affermando come porta d’accesso all’Africa, cui il nostro sistema-Paese guarda con crescente attenzione: nel 2018 il flusso complessivo di merci tra Italia e Marocco è aumentato del 5,6%, passando dai 2,89 miliardi di euro del 2017 ai 3,51 miliardi dello scorso anno. Nello stesso periodo, le nostre esportazioni verso il Paese nordafricano sono cresciute del 7,6%.
Pertanto il regno del Marocco deve essere considerato partner privilegiato per riaprire i giochi del dialogo e della crescita nella regione euromediterranea.
Il paese marocchino ha dimostrato più volte di essere garanzia di stabilità in quell’aria ed è portatore di valori che vedono nel dialogo interreligioso una vera alternativa all’integralismo: cioè la capacità di leggere la religione come fattore di sviluppo e non come strategia di affermazione del potere usando motivazioni religiose.
Dell’esperienza marocchina prendiamo in considerazione il vorticoso sviluppo del porto di Tangeri: oggi risulta essere, secondo le ultime proiezioni, il più importante porto del Mediterraneo. Il porto di Tangeri è nato ufficialmente nel 2007 dalla legge 15-02 emanata dal governo marocchino con l’obiettivo di sposare le strategie delle “zone economiche speciali” (Zes); con l’idea di ripensare il Mediterraneo come soggetto centrale dell’economia mondiale. Per decenni si è pensato che i destini del mondo si trasferissero per intero nello scacchiere del Pacifico, adesso si è spostata nuovamente l’attenzione sul Mediterraneo.
Le guerre più importanti infatti si sono combattute nell’area euro mediterranea (questione balcanica, siriana, libica). Dietro le guerre ci sono molti interessi che si muovono: la pipeline che doveva riconnettere l’area mediterranea a quella mediorientale che ha inasprito il conflitto di potere tra sauditi e iraniani è null’altro che il riecheggiare dei temi per noi fondamentali per capire la vocazione del nostro Sud, già formulati ai tempi di Enrico Mattei, e cioè riprendere iniziativa per ritornare centrali nella partita del Mediterraneo.
Il Marocco ha avuto ed ha problemi con la burocrazia, ha avuto ed ha problemi con un ristagno delle dinamiche politiche competitive, cioè di quelle che portano a fare azioni importanti per il paese. Eppure c’è stata una forte volontà politica: il re del Marocco e i vari governi che si sono succeduti avevano compreso che l’area del Mediterraneo è diventata oramai centrale nello sviluppo.
A fronte di centomila immigrati che arrivano in Italia ogni anno, duecentomila al Sud vanno via, molti con le lauree, cioè con la capacità di garantire l’ipotesi buona per il destino di una generazione. Da troppo tempo consideriamo il Sud una partita interna e questo ci impedisce di focalizzare quello che è l’interesse più importante: il Sud non è importante perché deve essere riscattato, il Sud è importante perché è il catalizzatore della rinascita italiana e del rilancio del progetto europeo come rilancio di sviluppo e stabilizzazione euromediterranea.
*Presidente Centro Studi Meseuro per un’Europa del Mediterraneo