L’ opinione
“Porto di Salerno: una storia lunga dieci secoli”
Dalla storia spunti per comprendere il presente e disegnare il prossimo futuro
di Alfonso Mignone*
Il saggio ricostruisce le vicende storiche dello scalo dall’epoca romana fino ai giorni nostri con una appassionata ricerca sulle origini marinare della città di Salerno che diventò non solo capitale di un potente Principato, ma anche e, soprattutto, dopo la fine dell’indipendenza amalfitana e la conquista normanna, emporio di rilevanza internazionale in un Mediterraneo conteso tra Arabi, Bizantini e le Repubbliche Marinare di Genova, Pisa e Venezia.
Un antico e famoso motto popolare, recitava così: “Se Salierno avesse ’o puorto, Napule bello sarria muorto” (che tradotto: “ Se Salerno avesse il porto, Napoli bella sarebbe morta”).
Come tante altre città costiere, Salerno ha avvertito da sempre l’esigenza di un porto stabile ed efficiente che conciliasse le necessità dei flussi mercantili e gli interessi dell’economia locale ma realizzarlo non è stata impresa agevole.
Molteplici furono i fattori che hanno limitato lo sviluppo dell’infrastruttura come il ciclico fenomeno dell’insabbiamento, dovuto alle caratteristiche geomorfologiche del litorale salernitano e le tante difficoltà per far fronte alle ingenti spese necessarie al suo completamento.
Salerno, posta in una favorevole posizione geografica, dopo essere stato scalo di transhipment durante l’egemonia amalfitana, beneficiò del traffico di linea di genovesi, pisani, catalani, bizantini e arabi diventando crocevia dei traffici marittimi nel Mediterraneo.
Nel XIII secolo – quello che più studiosi definiscono come secolo della “rivoluzione commerciale” – Salerno emerge come centro prospero che raccoglie le produzioni del territorio circostante rendendole disponibili anche per gli operatori “stranieri” che le trasportano altrove e che, a loro volta, forniscono ai mercati locali le proprie produzioni. Il territorio si ritaglia un ruolo di una certa caratura nello scenario guadagnandosi un palcoscenico internazionale con la Fiera Mercantile di San Matteo, fortemente voluta dal Magister della prestigiosa Scuola Medica Giovanni Da Procida, già Gran Consigliere di Federico II, e uomo di fiducia di Re Manfredi, voluta anche dalla Chiesa e che permise alla città di Salerno di divenire “piazza” per mercanti provenienti dal Vicino Oriente, Egitto, Mauritania, Grecia e Marsiglia che giungevano a Salerno in nave. Una volta ampliato il molo e sfruttato il pescaggio a Salerno approdavano galee per il carico e scarico delle merci.
Il progetto di Giovanni Da Procida fu quello di rendere Salerno porto commerciale internazionale per lo short sea shipping verso i porti del Nord Africa e del Vicino Oriente.
Da lì le mercanzie attraversavano le principali vie percorse dalle carovane e dalle flotte navali per giungere ai lontani luoghi di produzione e di smercio dell’Estremo Oriente.
Il successo della Fiera fu decisivo per l’ampliamento del porto nel 1260 e a testimonianza del quale vi è una lapide che ancora oggi si trova nella Cattedrale Primaziale di Salerno. Di essa è conservata un’epigrafe conservata ad imperitura memoria, custodita, sin dal 1565 nel Duomo di Salerno – Abside delle Crociate – ove fu collocata dal sindaco Agostino Guarna per proteggerla dai marosi. La fiera cittadina divenne strumento in grado di espandere in maniera esponenziale l’economia locale grazie anche alle franchigie doganali che furono assicurate ai mercanti che vi partecipavano.
Considerato che l’obiettivo principale della Zone Economiche Speciali è attrarre investitori stranieri interessati al business nel territorio garantendo un trattamento di favore in termini fiscali, economici, finanziari e logistici possiamo ben comprendere come le dinamiche odierne siano le medesime di un tempo in cui tale trattamento era consentito ai mercanti d’oltremare.
Nel corso dei secoli successivi lo scalo salernitano ha sofferto fortemente la vicinanza del Porto di Napoli e dopo numerose traversie che hanno accompagnato la sua evoluzione infrastrutturale solo di recente ha ritrovato, una volta integrato nel “Sistema” dei porti del Mar Tirreno Centrale, la sua centralità nelle rotte marittime fra Occidente e Oriente, quelle che un tempo arabi e i bizantini si erano contese per secoli senza riuscire ad instaurare una propria talassocrazia e che ora entrano a far parte della Silk Maritime Road dopo il raddoppio del Canale di Suez. Quest’ultimo rappresenta un’imperdibile occasione per il Mezzogiorno, considerata la sua vocazione naturale ad essere la piattaforma logistica del Mediterraneo.
Ma come dovrebbe collocarsi lo scalo nella nuova dimensione “di Sistema” voluta dalla riforma portuale del 2016? Salerno sembra difatti un porto non catalogabile né tra quelli definiti di transhipment e men che meno tra quelli denominati gateway per un motivo fondamentale: non ha aree retroportuali e collegamenti ferroviari e se non verranno rapidamente realizzate le prime non avrà alcuna possibilità di sviluppo logistico nonostante le Zes. Un futuro incerto? Tutt’altro. Con l’attuale gestione “virtuosa” delle banchine e il futuro dragaggio potrà sicuramente recitare un ruolo di primo piano non solo nel Sistema Portuale Campano ma anche nel Mediterraneo in virtù del suo consolidato ranking raggiunto negli ultimi decenni.
- Presidente Propeller Club Salerno