Vito Grassi, bene piano Sud 2030, ma metodo va esteso all’intero Paese
Il Vice Presidente di Confindustria richiama il Governo a varare riforme indifferibili
di Emilia Leonetti
Vito Grassi è stato nominato Vice Presidente di Confindustria con delega alle Regioni e alla Coesione Territoriale. Incarico di notevole rilievo per le innumerevoli questioni aperte, dal tema dell’autonomia differenziata, a quello delle differenze territoriali, all’urgenza di un generale allineamento del Paese sull’innovazione, non solo delle imprese. Temi che chiamano in causa il Governo e la capacità di pianificare e realizzare interventi infrastrutturali ma anche riforme, come le definisce il Vice Presidente nella nostra intervista, “indifferibili”. Un nuovo clima si respira a Viale Dell’Astronomia, inaugurato dal neo Presidente Carlo Bonomi, e che Vito Grassi, per carattere, esperienza professionale, capacità, condivide come testimonia l’intervista rilasciata al nosto giornale.
- Partiamo dalla sua nomina a Vice Presidente di Confindustria con delega alle Regioni e alla Coesione Territoriale, quali sono i punti che caratterizzeranno il suo ruolo? Mi riferisco in particolare al gap infrastrutturale e economico che separa le Regioni del Nord Italia da quelle del Sud e alle scelte che dovranno favorire la “coesione territoriale” non solo nord-sud ma all’interno delle stesse aree meridionali.
“Una partita strategica per il Paese è senza dubbio quella relativa all’impostazione e all’avvio del nuovo ciclo 2021-2027 della politica di coesione europea, della programmazione del Fondo di sviluppo e coesione e della attuazione del Piano Sud 2030. In questa direzione dovremo valorizzare sia la capacità progettuale delle rappresentanze regionali di Confindustria, sia assicurare un efficace coordinamento tra livello nazionale e regionale per far sì che la nostra azione sia frutto di una sintesi efficace delle istanze provenienti dai vari territori. Sono convinto che la coesione territoriale si rafforza se le politiche di sviluppo, anche quelle che promuovono il recupero di divari territoriali, siano espressione di una visione unitaria, declinata in un piano di crescita complessiva del Paese”.
- Il Ministro Giuseppe Provenzano ha prima del lockdown presentato un piano per il Sud al 2030 che prevede un investimento di 123 miliardi. Stabilisce 5 obiettivi da raggiungere: un piano per i giovani (formazione/edilizia scolastica); un piano per connettere e includere (mobilità-logistica); un piano per un economia ecologica; innovazione (ricerca/industria); un Sud aperto al Mar Mediterraneo (porti). Cosa ne pensa? Sono azioni che intende condividere, supportare nella sua veste di Responsabile per la Coesione Territoriale e per le Regioni?
“Non solo ci ritroviamo nelle opzioni strategiche indicate dal Piano, ma abbiamo contribuito a definirle, visto che il Ministro, e di questo gli si deve dare atto, ha fatto precedere alla stesura un confronto costruttivo con le parti sociali. Un dialogo che è continuato poi, a piano approvato, in pieno periodo di lockdown. La nostra preoccupazione, se mai, è che questo strumento di programmazione diventi nei fatti un punto di riferimento per tutto il Governo. Lo vedremo nelle prossime settimane, basterà verificare se alcuni punti fondamentali, come ad esempio il rispetto della clausola di destinare almeno il 34% degli investimenti pubblici al Mezzogiorno, verranno applicati”.
- Il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi in una recente intervista ha sottolineato che “serve una strategia, una visione, un’idea di quale Paese vogliamo costruire”. Ha aggiunto che, in linea con il Governatore Ignazio Visco, bisogna puntare sulla crescita investendo in infrastrutture, nell’innovazione e nella ricerca… La “ricetta Provenzano” è, dunque, in linea con la visione di Confindustria? E’ per voi sufficiente per recuperare il gap, le diseguaglianze, le differenze non solo Nord-Sud, ma anche tra centro e periferia delle città? Cosa propone?
“Il Presidente Bonomi ha sottolineato la necessità di una svolta. Il Governo ha una opportunità storica, può disporre di risorse molto superiori a quelle degli esecutivi che l’hanno preceduto. In questo senso, nella tragedia, la pandemia ha determinato una sorta di rivoluzione, in particolar modo per la rimozione di vincoli europei che sembravano montagne insormontabili e che invece sono crollati sotto la pressione di un’emergenza mondiale. Se era plausibile che il Governo si limitasse a sostenere l’economia con sostegni e assistenza nella cosiddetta fase 1, ora è venuto il tempo di procedere a riforme non più differibili, se si vuole salvare il Paese da un dramma sociale ancora più grave di quello luttuoso vissuto a livello sanitario. Il Piano Sud 2030, in questo scenario, è una tessera importante di un puzzle che si completa soltanto estendendone il metodo (quello di una seria pianificazione pluriennale) all’intero Paese”.
- E’ di questi giorni la presentazione da parte dei parlamentari merdionali di “DEM” di una proposta di legge per prevedere un regime fiscale vantaggioso ( riduzione Irpef e Ires) per imprese e/o società che si insediano in aree ZES del Sud. Le faccio questa domanda perché le ZES, come quella campana, sono in una fase di stallo e perché in questi mesi sono emerse diverse proposte: il Ministro Provenzano, ad esempio, propone la nomina di Commissari, insieme alla semplificazione amministrativa; l’ex Ministro Claudio De Vincenti sostiene che sarebbe meglio un Commissario unico a livello nazionale e al contempo fissare tempi ristretti espliciti per ognuna delle procedure. Cosa ne pensa? Come si esce da quest’impasse?
“Nessun imprenditore può criticare una proposta che tende ad ampliare dei vantaggi fiscali. Faccio tuttavia presente che le Zes sono in teoria già parzialmente operative, nel senso che sono fruibili i crediti d’imposta già previsti. Quello che manca è la cosa più importante: la semplificazione amministrativa. Che a questo traguardo si pervenga con un commissario unico o con più commissari non importa, purché il risultato vada nella direzione auspicata. D’altra parte il problema della sburocratizzazione investe la pubblica amministrazione nel suo complesso, e quindi va risolto radicalmente con la grande riforma prospettata dal Governo con il decreto semplificazione. Accelerare tempi e snellire procedure consentirebbe del resto di realizzare opere fondamentali per il decollo delle Zone economiche speciali, come i raccordi tra i porti e gli altri snodi della viabilità ferroviaria e stradale”.
- Presidente Grassi, Confindustria come si pone nei confronti della decisione del Presidente del Consiglio Conte, di indire gli “Stati Generali dell’ Economia”?
“Abbiamo fornito un contributo di proposte, augurandoci che da questa assise si uscisse finalmente con la svolta riformatrice reclamata da operatori economici, forze sociali, cittadini tout court. La questione non è se porsi a favore o contro iniziative quali la task force coordinata da Vittorio Colao o i più enfatizzati Stati Generali, la questione è se queste iniziative producano o meno gli esiti sperati. Lo verificheremo in questi prossimi giorni”.
- Lei è stato sino a poche settimane fa, Presidente dell’Unione degli Industriali di Napoli e provincia, vorrei un suo parere sul recente studio di Anci- Cerved che prevede, nel biennio 2020-2022 una perdita del 90% dell’economia locale , in termini di fatturato tra i 15 e i 20 miliardi in meno. Come ritiene si debba affrontare la crisi post pandemia?
“Dobbiamo promuovere le condizioni della ripresa economica. Per farlo bisogna puntare sui fattori della crescita, a cominciare dall’innovazione, favorendo ad esempio la formazione di profili professionali capaci di abilitare i processi di digitalizzazione delle nostre aziende. Ma Napoli, come il Sud in genere, hanno bisogno anche di infrastrutture efficienti e integrate in una logica di sistema, cosa che, nell’epoca della connessione, significa ‘dialoganti fra loro’. Più in generale, il Sud sconta un gap clamoroso su fronti fondamentali come il trasporto e in particolare l’alta velocità. Il rilancio dell’investimento pubblico, in tal senso, è una condizione ineludibile per lo sviluppo del Mezzogiorno e, di conseguenza, dell’intero Paese”.