“Stella Maris” una storia, iniziata nel 1922, che continua nel porto di Napoli e nel mondo
L’impegno di volontari e religiosi per assistere marinai di ogni nazionalità e fede
di Emilia Leonetti
“La cappellina”, così la chiamano gli uomini addetti al controllo dell’area crocieristica dello scalo partenopeo. D’altronde la stanza, posta accanto alla sede della polizia, sotto la galleria della Stazione Marittima, è una piccola cappella.
Sconosciuta ai più, perché una grande porta in ferro chiude l’accesso e impedisce, a chi non ne conosce l’esistenza, di capire che, oltre la porta, c’è un luogo di culto e che, entrando e percorrendo il corridoio sino all’altare, sulla destra, un’altra stanza, cieca, accoglie i marinai di passaggio nel porto di Napoli su navi da crociera e mercantili.
Stella Maris è il nome dell’associazione nata per sostenere e aiutare gli uomini di mare nei loro brevi soggiorni nei porti, costituita da volontari e guidata da un cappellano. In Campania sono attive ben quattro “Stella Maris”: Napoli, Salerno, Ischia e Torre del Greco. Quella di Napoli, la “cappellina”, è guidata da don Sabatino Perna, insieme al Diacono Eugenio Capezzuto e a Giovanni Santilli, Presidente dell’associazione.
Sono operativi, all’interno dello scalo, dal 2010. Prima la sede era l’antica chiesa di Porto Salvo, da tempo in corso di ristrutturazione. Bisogna, infatti, considerare che si tratta di un’attività pastorale, che si è, sin dal suo sorgere nel 1922 a Glasgow, sviluppata sotto l’egida della Chiesa Cattolica e testimoniata dalla scelta del nome dell’associazione che si rifà ad uno dei più antichi titoli attribuiti alla Vergine Maria, appunto Stella del Mare.
Don Sabatino Perna è un giovane parroco di Pollena Trocchia, da circa quattro anni cappellano di Stella Maris, scelto dal Vescovo di Napoli anche per i suoi trascorsi marittimi. Per 12 anni è stato cappellano sulle navi da crociera. Ogni domenica, alle 8.30, celebra la messa nella cappella, lì sotto la galleria della Stazione Marittima.
Ma l’impegno è, prima che religioso, umano. L’associazione è nata e vive per offrire aiuto materiale e spirituale, solidarietà agli uomini che girano il mondo sulle navi, spesso lontani da casa e dagli affetti per mesi e mesi. Per questo, ogni volta, che toccano terra possono trovare ascolto nei volontari e nei preti che a Napoli, come a Genova, a Trieste e in tante altre città portuali italiane e del mondo, occupano spazi a loro dedicati.
L’attività, come spiegano Don Sabatino Perna e il Diacono Eugenio Capezzuto, si può suddividere in due momenti: l’accoglienza a terra nella sede dell’associazione e a bordo della nave dove, talvolta si officia la messa, più frequentemente si incontra l’equipaggio per raccogliere le eventuali richieste o semplicemente per uno scambio verbale.
“Devo ammettere– spiega Don Sabatino Perna- che, in altri porti, c’è una maggiore attenzione nei nostri confronti e soprattutto della missione cui siamo dedicati. Nel porto di Napoli c’è una certa difficoltà a far passare l’idea che l’accoglienza è un valore da sostenere. La Curia di Napoli ci sostiene. In questi anni abbiamo attrezzato il nostro spazio con pc, stampanti, tv anche per entrare più facilmente in contatto con le navi e il loro equipaggio, ma la burocrazia spesso frena il nostro impegno. Mi riferisco alla possibilità di salire a bordo e agli innumerevoli permessi richiesti. A questo si è aggiunto che dovremo spostarci e abbandonare lo spazio che con sacrificio abbiamo attrezzato. Siamo in attesa. Mi auguro che l’Autorità Portuale ci convochi, quanto prima, per definire il nostro spostamento.”
Nell’attesa, come sottolinea Eugenio Capezzuto, l’associazione continua ad essere punto di riferimento per i marinai di qualunque nazionalità e religione. “La nostra- dice- è una storia antica che nasce in Scozia e che si è propagata nel mondo. Oggi sono 300 i porti, nel mondo, sedi di “Stella Maris”. La nostra forza è data, non solo dall’attività che svolgiamo, ma anche dalla rete che abbiamo creato tra tutte le associazioni e con cui condividiamo impegno, iniziative, e con cui periodicamente ci incontriamo.”