Quattro domande a…
Il primo Presidente dell’AP di Napoli esprime il suo parere sui cambiamenti dello scalo
La strategia, i progetti, il ruolo del cluster marittimo: le osservazioni di Francesco Lauro
di Emilia Leonetti
1) Lei è stato il primo Presidente dell’Autorità Portuale di Napoli. Conosce a fondo il porto, il cluster marittimo. A distanza di 18 anni dalla conclusione del suo mandato, come valuta i cambiamenti intervenuti?
“Per risponderle devo ricordare che, quando assunsi l’incarico nel 1996, il porto di Napoli veniva da anni difficili segnati dal Commissariamento che pur era riuscito, grazie ai Commissari prefettizi Felice D’Aniello e Giuseppe Cappella, a tratteggiare alcune linee di intervento sviluppate poi nel mio mandato. Le riassumo, per dovere di sintesi, le tre aree di pianificazione e azione che in quegli anni definii, progettai e avviai con il contributo di collaboratori interni all’AP e di alcuni professionisti esterni: la prima area ha riguardato l’integrazione porto-città perché, come ebbe modo di farmi notare il prof. Giuseppe Galasso, i porti sono strettamente legati alle città di cui assorbono le caratteristiche fisiche; la seconda, gli interventi infrastrutturali indispensabili per far uscire lo scalo dalla condizione di immobilismo in cui si trovava; la terza, gli interventi relativi al nuovo Piano Regolatore che in quegli anni redigemmo, che avviammo ad approvazione e che ha portato all’accordo di programma per la realizzazione del Nuovo Terminal di Levante. Accordo che servì ad anticipare il Piano e che fu firmato dal mio successore.
Desidero, però, evidenziare alcuni dei progetti che sono serviti a rilanciare lo scalo partenopeo a livello nazionale e internazionale. Il primo è stato proprio il piano di integrazione con Napoli che ci ha impegnato per quattro anni perché le resistenze erano molte e provenienti da parti diverse. L’avvio è stato l’abbattimento delle cancellate che dall’Immacolatella Vecchia arrivavano sino al Beverello. Di questo ne parlai alla fiera di Miami con il Patron della Carnival, Mike Harrison, che accolse con grande favore l’idea.
Per il secondo, furono quattro le infrastrutture cui si diede avvio: il rifacimento del molo Flavio Gioia e l’adeguamento del molo Bausan, la realizzazione del terminal ferroviario e l’adeguamento tecnico-funzionale del molo Immacolatella Vecchia ( lo destinammo a terminal traghetti) . Il terminal ferroviario che inaugurammo con Ennio Cascetta, aveva alle spalle la consapevolezza della stretta connessione mare-ferro per lo sviluppo dell’intermodalità e di un sistema logistico di cui, già allora, facevano parte gli Interporti di Nola e Marcianise. Quella scelta e l’opera da me realizzata si rivelò corretta perché il terminal ferroviario e la società Ferport, che per questo fu costituita, lavorò bene per diversi anni.
Devo ricordare che, sotto la mia presidenza, si fece un importante dragaggio che consentì al porto di accogliere navi di nuova generazione in tutti i principali segmenti di traffico. Non posso non ricordare, poi, l’importante intervento sui bacini di carenaggio fulcro del settore delle riparazioni navali. Come è cambiato? Mi chiedeva. Non certo come sarebbe stato auspicabile e come mi sarei aspettato. Molti sono i ritardi accumulati. Devo però riconoscere che il Presidente Spirito è riuscito con determinazione, capacità, intelligenza, a ridare consistenza progettuale e capacità risolutiva agli interventi necessari, non solo per il porto di Napoli ma anche per quelli di Salerno e di Castellammare.”
2) Tra i suoi obiettivi vi era l’integrazione del porto con la città. Uno dei progetti che rientra nella riqualificazione del waterfront, quello sul Beverello che a breve andrà a gara. A suo parere la strada che abbiamo imboccato è funzionale all’integrazione tra porto e città?
“Si, ritengo che la strada sia quella giusta, anche considerando l’impegno che, sotto la mia presidenza, si profuse non solo per abbattere il muro che separava il porto dalla città, ma soprattutto per far crescere una nuova mentalità aperta alle trasformazioni e a percorsi innovativi rispetto allo status quo. Quello che ancora manca, a mio parere, è una certa lungimiranza da parte di Istituzioni, come la Marina Militare e la stessa Amministrazione cittadina, per aprire il Molo San Vincenzo alla città e per destinarlo a nuove funzioni. Ho incluso anche il Comune di Napoli perché è mancata, secondo me, una forte pressione sul Governo e una continuità nel mantenere viva la pressione per giungere al risultato.”
3) La difficoltà, come Lei sottolinea, nel processo di trasformazione del waterfront e in particolare nella restituzione del molo san Vincenzo alla città, è stata dovuta anche ad uno scarso impegno del cluster marittimo? in altre parole il cluster ha fatto tutto quello che era in suo potere nei confronti della Marina Militare, ma anche del Comune di Napoli?
“Domanda interessante. Credo sia mancata la giusta determinazione e una condivisione degli sforzi da fare per riuscire ad ottenere l’attenzione necessaria per sbloccare la situazione. Devo ovviamente riconoscere al mio amico Umberto Masucci una capacità non comune, che è servita a smuovere l’immobilismo delle Istituzioni. Il Molo San Vincenzo però è ancora chiuso. Soprattutto non si è affermata l’idea di Giuseppe Galasso che il porto è la città”
4) Lei riunisce da diversi anni a Napoli il mondo dello shipping internazionale e anche della finanza. All’estero come viene considerato lo scalo partenopeo e in generale il sistema portuale campano?
“Il porto di Napoli per la sua configurazione, stretto com’è tra il mare e una città densamente popolata. non potrà mai essere un porto hub, può però diventare sempre più un regional port moderno, non solo per la dotazione infrastrutturale ma anche per il sistema di collegamenti su ferro e su gomma. Il bacino che serve è quello campano, del basso Lazio, della Puglia, della Basilicata: l’Italia Centro Meridionale. Perché faccio queste affermazioni? Perché all’estero non c’è una particolare visione del nostro scalo. Siamo noi che dobbiamo valorizzare le potenzialità ancora inespresse di Napoli. Mi riferisco in particolare al settore passeggeri che, con i suoi 8,5 milioni di passeggeri, con le autostrade del mare, ha ancora forti margini di crescita e di espansione verso la Sicilia, la Sardegna. Per non parlare delle possibilità che offre l’Africa. Ma su questo il Presidente Pietro Spirito è già chiaramente orientato.”