Approfondimenti in pillole
Punto debole di Napoli è stato il distacco tra città e cluster marittimo
L’integrazione secondo Massimo Clemente urbanista e membro Comitato di Gestione
di Emilia Leonetti
E’ stata una conversazione ricca di spunti interessanti su uno dei temi cruciali per le città portuali: il processo di integrazione che a Napoli, a differenza di altre città, non è ancora concluso per ragioni culturali ma anche per le difficoltà incontrate nell’avviare e realizzare le opere di trasformazione del waterfront portuale. Massimo Clemente è un urbanista, Direttore del CNR-IRISS di Napoli, studioso e ricercatore nel campo delle dinamiche legate alle relazioni porto-città.
Ci incontriamo, in periodo post Covid19, in uno spazio all’aperto per un’intervista sui temi a Lui più cari e che lo hanno condotto, nel tempo, a entrare in contatto stretto con il cluster marittimo non solo campano e poi ad essere designato dal Sindaco rappresentante della Città Metropolitana in seno al Comitato di Gestione dell’AdSP Mar Tirreno Centrale.
- Partiamo dal disegno di legge urbanistica predisposto dalla Giunta Regionale e che contiene un articolo sulla copianificazione porto-città. Può spiegare di cosa si tratta? Quali novità introduce per la città e per i suoi porti?
“Il disegno di legge regionale può rappresentare un passaggio importante per la nostra città e per il nostro sistema portuale grazie all’articolo proposto dall’Autorità di Sistema Portuale che prevede la copianificazione per le aree d’interazione porto-città. Si tratta, da un lato, di quelle aree interne al porto ma in stretto legame urbanistico con la città e non necessariamente funzionali alle attività portuali e, dall’altro lato, di quelle aree esterne al perimetro portuale ma funzionali alle attività marittime come, ad esempio, le aree di stoccaggio dei container.
Le aree d’interazione porto-città sono storicamente afflitte da un conflitto di competenza urbanistica che vede contrapporsi la pianificazione comunale e la pianificazione portuale.
Il disegno di legge prevede la copianificazione su iniziativa della Regione sia per le aree d’interazione porto-città interne sia per quelle esterne al porto. La copianificazione coinvolge il Comune e l’AdSP con priorità di uno dei due soggetti in funzione della prevalenza funzionale. In realtà, si tratta dell’attuazione delle previsioni nazionali contenute nella legge 84/94 modificata nel 2016 che aveva in nuce già delineato il percorso legislativo affidato alle Regioni anche se solo la Campania si sta attivando.
La copianificazione è un’opportunità per situazioni come quella degli ex Magazzini Generali, da anni interessati da proposte di valorizzazione con diverse destinazioni d’uso ipotizzate, sino ad ora con un niente di fatto. Se venisse approvata la Legge Regionale, la scelta delle funzioni e del percorso amministrativo per realizzarle sarebbe facilitata dalla copianificazione, promossa dalla Regione Campania, tra Comune di Napoli e AdSP. Potremmo essere, se la legge regionale verrà approvata, il primo porto e la prima città in Italia a realizzare la copianificazione tra Autorità, Comune e Regione nelle scelte di aree d’interazione porto-città.”
- Lei, prima di essere nominato nel Comitato di Gestione in rappresentanza della Città Metropolitana, ha ricoperto e ricopre diversi ruoli, alcuni come quello di Direttore scientifico di “Rete” (Associazione per la collaborazione tra Porti e Città), legati al settore marittimo. In questi anni quale idea ha maturato sul tema relazione porto-città? Cosa è mancato, nello scalo partenopeo, perché si realizzasse una compiuta integrazione?
“L’esperienza che ho vissuto certamente è ricca e variegata. Essere nato e vissuto in una città di mare come Napoli mi ha spinto, da studioso, ad osservare la città dal mare, da una prospettiva marittima. Sono entrato così in contatto con la comunità portuale e dello shipping, integrandomi sempre di più.
Ho potuto, allora, comprendere i meccanismi profondi del rapporto mare-città-comunità portuale. Il punto debole di Napoli, in passato, è stato il distacco tra il cluster marittimo e il resto della comunità locale. Negli ultimi anni, però, grazie ad associazioni come Propeller, il legame si è rafforzato e sviluppato. Dieci-venti anni fa i due mondi erano separati. Stiamo assistendo ad una convergenza d’interessi perché si è compreso quanto il porto sia fondamentale per lo sviluppo sociale, economico e ambientale della città.
Da ricercatore ho sempre cercato di agevolare i rapporti favorendo la reciproca conoscenza e suggerendo i possibili campi di collaborazione. C’è stato, per rispondere alla sua domanda, una lentezza nel processo evolutivo che in altre città portuali come Genova è stato più rapido. I contesti storici, economici, sociali hanno determinato la più lenta integrazione tra mondo portuale e città. Ma ora siamo sulla giusta rotta.”
- Quali sono le azioni che supportano le sue affermazioni?
“Vedo un’attenzione della politica al rapporto porto-città, che è confermata, a livello metropolitano, dalla mia nomina a componente del Comitato di Gestione. Uno studioso di urbanistica che siede nell’organismo deliberativo dell’AdSP è un segnale importante. Così come vedo segnali significativi da parte della Regione con l’articolo specifico sulla copianificazione urbanistica di cui parlavamo prima. Noto, infine, una notevole attenzione da parte degli armatori e in generale degli operatori marittimi. Vi sono sempre maggiori occasioni di confronto pubblico e di collaborazione tra gli imprenditori dei diversi settori. Si è, finalmente, compresa la potenzialità non dello scalo o della città, ma l’importanza dell’unicum porto-città come sistema complesso, chiave di sviluppo sostenibile del territorio metropolitano e regionale.”
- La realizzazione, quindi, della nuova Stazione Marittima al molo Beverello e il termine dei lavori a piazza Municipio della Linea 1 della metro, potranno ulteriormente favorire l’integrazione? Oppure l’integrazione sarà determinata anche da altre componenti?
“Quello che sta accadendo è molto importante, un buon segnale, Mi riferisco alla costruzione della nuova Stazione Marittima al Beverello finalizzando il percorso avviato nel 2004 con il concorso di progettazione, grazie alla caparbietà dell’attuale vertice dell’AdSP.
E’ fondamentale che, quando vi sono dei cambi ai vertici di un Ente come l’AdSP, i progetti d’interesse per la città vadano comunque avanti, non si può cambiare la programmazione ad ogni cambio politico. Il ridisegno del waterfront deve continuare e deve essere portato a termine e questo deve essere un impegno dell’AdSP così come del Comune, della Città Metropolitana e della Regione.
L’area passeggeri è, tra le aree in cui si suddivide lo scalo partenopeo, quella che ha maggiore interazione con la città. Per questo bisogna agire sui suoi spazi e sulle architetture: il Beverello, la Stazione Marittima al molo Angioino che dovrà essere sempre più una cerniera tra la città e lo scalo, i Magazzini Generali ancora in attesa di un futuro definito, l’Immacolatella Vecchia il cui restauro è in via di conclusione, la valorizzazione del Molo San Vincenzo.”
- Molo San Vincenzo, Lei è Presidente dell’associazione “Friends of Molo San Vincenzo”, da alcuni anni. Ad oggi non pare che vi siano risultati. Primo tra tutti l’apertura ai cittadini. Non siamo a conoscenza di progetti sulla più antica banchina del porto. Perché? Si muove qualcosa? O tutto continua ad essere fermo?
“Il caso del Molo San Vincenzo è molto interessante e mi consente di aprire una riflessione più ampia sui processi di trasformazione del waterfront. I processi di trasformazione non sono rapidi in nessuna parte del mondo, tranne in pochi casi. Cito spesso il waterfront di New York, un caso emblematico, dove il processo di recupero del waterfront di Manhattan iniziò negli anni ’50 con un’interrogazione al Municipio di New York sul degrado presente nelle aree portuali, cui poi si ispirò il famoso film “Fronte del porto” con Marlon Brando. Dopo circa 50 anni il processo si è finalmente concluso con il recupero dei vari moli e la loro destinazione a spazi aperti alla pubblica fruizione.
Si è arrivati al termine del percorso dopo molti anni, anche grazie anche all’associazione “Metropolitan Waterfront Alliance”a cui ci siamo ispirati per la nascita dei nostri Friends of Molo San Vincenzo.
Qual è oggi la situazione? Siamo riusciti insieme all’Università Federico II, al CNR IRISSe ad altre associazioni come VIVOANAPOLI e Sii turista della tua città, a stimolare le Istituzioni e a far partire, grazie alla volontà della Marina Militare, un tavolo di confronto, cui partecipo in rappresentanza della Città Metropolitana e dell’AdSP. Il tavolo sta verificando le convergenze su cui fondare per realizzare un percorso che porti alla passeggiata pubblica lungo il molo. Il percorso inter-istituzionale non è semplice ma l’importante è considerare ciascun attore non come fattore di complicazione ma come attore per la soluzione.”
- Per il suo lavoro Lei ha viaggiato e visitato molti scali europei e italiani. Quali differenze ha notato rispetto al nostro porto in termini sempre di integrazione e relazione con il territorio?
“L’integrazione nasce dalla reciproca conoscenza e penso che la strada intrapresa dalla nostra AdSP sia quella giusta. Mi riferisco, in particolare, all’evento “Porto aperto” che potrebbe essere accompagnato, durante l’anno, da altre iniziative simili, organizzate in collaborazione con le università, le scuole, le associazioni, per far conoscere il porto e i portuali.
Sarebbe molto bello e utile creare un “Urban-Port Center” dove si possa visitare, anche virtualmente, il porto, permettendo così ai ragazzi, ma anche agli adulti, di conoscere la bellezza e il valore dell’interazione porto-città.”