Attualità
Culp 2021: I cambiamenti intervenuti sul piano del lavoro e della gestione
Nello storico edificio di Aldo Loris Rossi le tracce del passato e del presente
di Emilia Leonetti
Calata Marinella, lato terra, la strada che dal Carmine, fiancheggiando gli stabilimenti Camed, Palumbo, Megaride, porta ai terminal container, è dominata, all’altezza del fascio di binari, ora dismesso, dall’edificio grigio, a nove piani. La casa del portuale, progettata negli anni ‘60 del secolo scorso dall’architetto napoletano Aldo Loris Rossi, così denominata perché sede della CULP. La Compagnia Unica dei Lavoratori Portuali, divenuta, come previsto dalla riforma portuale del 1984, art.17, cooperativa portuale (a seguito di aggiudicazione di gara, bandita nel 2008 dall’Autorità Portuale).
La cooperativa, costituita da 65 soci (61 operai e 4 amministrativi), fornisce lavoro temporaneo alle imprese del porto, soprattutto del settore container, merci, crociere.
La cooperativa occupa tre dei nove piani della casa del portuale, alcuni sono abbandonati, altri sono, da alcuni anni, occupati dalla società di costruzioni navali “Palumbo” e dalla società TFG ( Terminal Flavio Gioia).
Una volta, negli anni ‘80 e ‘90 del 900, la compagnia contava 1.200 soci, di cui 150 amministrativi e il resto operai.
Una volta la compagnia occupava l’intero edificio. Ogni piano aveva una sua funzione: al quarto, ad esempio, era collocato un calcolatore IBM per elaborare i dati relativi alle buste paga, agli avviamenti.
Le sale risuonavano delle voci degli operai che si riunivano prima di avviarsi, in gruppi di 4-6, sotto le stive delle navi per scaricare o imbarcare la merce. Le banchine, da quelle dell’area orientale del porto a quelle dei moli occidentali, si animavano dei volti degli operai della compagnia: operaio generico, gruista, conduttore di mezzi meccanici, commesso di banchina. Questi i principali compiti cui erano addetti.
L’appuntamento con il Presidente, Pierpaolo Castiglione, è di prima mattina, all’ingresso della sede. Pierpaolo Castiglione è al suo terzo mandato (scade nel 2022). È in carica dal 2013. Ha iniziato a lavorare nel 1998, all’età di 16 anni. Rappresenta la quinta generazione di portuali. La compagnia portuale, ora cooperativa, prevede che i figli dei soci possano essere assunti, sempre che la dotazione dell’organico lo consenta.
“Da almeno dieci anni la situazione è cambiata -racconta- innanzitutto perché il lavoro in banchina è mutato. L’introduzione di mezzi “digitali” ha modificato e velocizzato i processi di movimentazione della merce, riducendo l’impiego di manodopera temporanea. In più c’è stata una significativa flessione del mercato che ci ha impedito di utilizzare il monte turni annuale fissato nel nostro contratto di aggiudicazione, impedendo alla nostra cooperativa, che è una cooperativa di produzione lavoro e i cui costi principali sono legati ai salari del personale, di chiudere i bilanci in attivo. Questo è stato anche dovuto ad alcune imprese che non hanno utilizzato la CULP, a vantaggio di manodopera interna o di esterni inseriti in alcuni segmenti del ciclo operativo.”
Dalla fase d’oro degli anni ‘80 si è, gradualmente, passati ad una di ridimensionamento del peso e del ruolo della compagnia portuale nell’affiancare gli operatori del porto di Napoli nelle attività di imbarco e sbarco della merce, di rizzaggio/derizzaggio mezzi a bordo navi Ro-Ro e porta container, di movimentazione bagagli dei passeggeri delle navi da crociera.
La prima significativa riduzione della Culp è avvenuta alla fine degli anni ‘90. Un esodo incentivato per i lavoratori che, in base ad una legge nota come legge “sull’amianto”, venuti a contatto con il materiale che negli anni ‘60 e ‘70 veniva utilizzato nelle costruzioni e che era spesso presente in polvere nelle stive delle navi, hanno potuto abbandonare il lavoro, andando in pensione.
La stanza del Presidente è al terzo piano. Dall’esterno si può riconoscere perché ha la forma circolare di un ponte di comando, con vetrate che favoriscono l’illuminazione degli ambienti stretti da colonne di cemento.
Perché ha lasciato la scuola a 16 anni per venire a fare l’operaio? “Perché c’è un legame forte, difficile da spiegare tra noi portuali. Forse perché era il lavoro di mio nonno e di mio padre. Perché il porto è nella storia della mia famiglia, come di tutti coloro che fanno parte della compagnia. Siamo tutti operai. Anche se nel tempo il nostro è divenuto un lavoro specialistico, mi riferisco alla guida dei mezzi, alle operazioni di rizzaggio e derizzaggio. Alcuni lavori, come il commesso di banchina, sono scomparsi. Soprattutto siamo diventati flessibili. Il nostro lavoro, sino ad una decina d’anni fa, era più o meno programmato. Da tempo, invece, abbiamo abbandonato un modello rigido che ci aveva caratterizzati, per andare incontro alle esigenze del cliente negli orari di lavoro e nei turni.“
Flessibilità significa lavorare a “chiamata”: quando un’impresa, che opera nel porto di Napoli, ha bisogno di manodopera esterna, invia la richiesta e la compagnia organizza la squadra. E’ stato un cambio di passo avvenuto da circa due-tre anni e che si è reso indispensabile per assicurare il lavoro alla cooperativa.
“Il cambio di organizzazione-spiega il Presidente- ci ha consentito di chiudere il bilancio del 2019 in pareggio. Nel 2014, quando ho assunto la presidenza, la compagnia aveva un bilancio passivo (oltre un milione di perdite). Negli anni abbiamo ridotto i costi, tagliato i rami secchi, esternalizzando anche alcuni servizi amministrativi.”
Per tre anni dal 2017 al 2019 tutta la compagine societaria ha sopportato tagli di salario pur di superare la crisi. Nel 2019 grazie anche all’acquisizione di nuovi lavori, in particolare con TFG, GNV e Magazzini Generali, la compagnia ha chiuso il bilancio in positivo.
“Il 2020- precisa- con gli accordi sottoscritti, sarebbe stato per noi un anno florido. La pandemia ha vanificato tutti i nostri sforzi. Il nostro bilancio non è ancora chiuso e senza il sostegno dell’Autorità di Sistema Portuale non potrà essere approvato. Il fatturato ha subito un calo del 30%, riserve non ne abbiamo, le passività sono di diverse centinaia di migliaia di euro. Per questo chiederemo l’attivazione del comma 15bis.”
E’ uno strumento messo a disposizione dal legislatore per sostenere l’occupazione, il rinnovamento e l’aggiornamento professionale degli organici dell’impresa fornitrice di manodopera portuale ex art.17, insieme allo svecchiamento dell’organico. È anche previsto, come ricorda Pierpaolo Castiglione, il ripristino dello stato patrimoniale, con fondi dell’AdSP sino al massimo del 15% delle entrate proprie derivanti dalle tasse a carico delle merci sbarcate e imbracate.
“Così- prosegue- riusciremo a pareggiare le passività dell’anno scorso. Conto anche sulla possibilità di formare il nostro personale per acquisire nuovi lavori e riportare la situazione lavorativa e di gestione della compagnia in equilibrio.”
Vuole prendere l’ascensore? Mi chiede, uscendo dalla presidenza. No, preferisco scendere a piedi così mi mostra gli altri piani. Vuoti. Al secondo piano la sala delle assemblee ha le sedie accatastate, la cappella è chiusa. Dietro una porticina, un impiegato sta seduto alla sua scrivania. Questa mattina ci sono delle squadre al lavoro? Domando. “No, oggi non è previsto nulla. Come le dicevo la situazione è complicata…”
Siamo al pian terreno. Nel salutarci, lo guardo. Si, se dovessi trovare una definizione della Culp del XXI sec., direi che ha il volto di quest’ uomo giovane e battagliero, operaio, figlio di operai, ma con lo sguardo e la mente rivolte verso un cambiamento possibile…