Stefano Messina: regole chiare e burocrazia snella alcune delle condizioni per la competitività
Il Presidente di Assarmatori richiama il ruolo delle Istituzioni sul piano delle strategie e dei controlli
di Emilia Leonetti
Il Presidente di Assarmatori, Stefano Messina ha in quest’intervista messo in chiaro il ruolo delle Istituzioni, del Governo e delle Autorità Portuali su diversi piani: dall’attuazione degli accordi per la “Via della Seta”, alla definizione di strategie in grado di rendere i nostri porti competitivi, al completamento della riforma portuale e soprattutto alla sue piena operatività. Precisando che il compito della sua associazione è fornire agli associati strumenti utili di comprensione per muoversi nel mercato globale. Risposte brevi ma efficaci che denotano un carattere deciso e orientato a considerare le questioni in maniera risolutiva.
- Presidente, vorrei iniziare la nostra intervista da un tema dibattuto da tempo in Italia: la via della seta vantaggi e svantaggi. Un progetto che coinvolge, oltre l’Italia, altre 64 nazioni, con investimenti stimati in oltre 50 miliardi di dollari. Una opportunità si afferma che presenta diversi criticità, a partire dalla necessità di gestire l’interscambio equilibrando la quantità di merce in export dalla Cina con quella esportata, ad esempio, dal nostro Paese verso i Paesi Asiatici. Quale ruolo, secondo Lei, in questa partita deve svolgere il Governo, quale le Autorità Portuali, quale il cluster marittimo?
“La Via della Seta rappresenta senz’altro una importante opportunità per il Mediterraneo e quindi anche per i porti italiani e il sistema logistico che su questi porti insiste. A una condizione però: che siano chiare le regole del gioco, quelle di un mercato libero e regolato. Il compito delle Istituzioni, dal governo alle Autorità portuali, è quindi quello far rispettare queste regole impedendo qualsiasi colonizzazione selvaggia”
- Passiamo ad un altro tema all’attenzione: la riconquistata centralità del bacino del Mediterraneo a seguito del raddoppio del canale di Suez e alla forte crescita dei traffici. Tale questione rimanda a due osservazioni: innanzitutto, è indispensabile richiamare l’Europa nella definizione di una strategia che guardi allo sviluppo dei porti che si affacciano sul bacino del Mediterraneo e poi, il Governo deve pianificare un’azione mirata al potenziamento infrastrutturale e dei servizi degli scali dell’Italia meridionale. Su questa partita quale ruolo ha svolto e svolge Assarmatori?
“ASSARMATORI è una associazione imprenditoriale. Nostro compito non è definire strategie commerciali, ma fornire agli associati chiavi di comprensione e informazioni utili per muoversi al meglio sul mercato. E’ giusto quindi parlare di nuova centralità del Mediterraneo. Ma sulle scelte dei grandi operatori del trasporto incidono anche altri fattori, per esempio una burocrazia snella ed efficiente, che in Italia è ancora un’utopia. Ecco perché, guardando al futuro, sarà comunque necessario non abbassare la guardia. E a questo proposito la rotta polare, con il mutamento climatico in atto, sta diventando un opzione sempre meno fantascientifica”.
- Ritardi e infrastrutture carenti sono la principale causa dello scarso incremento del traffico container nei porti italiani, nonostante nel Mediterraneo sia aumentato del 500% negli ultimi vent’anni. Se ne è parlato a Cernobbio nel corso del forum internazionale di Conftrasporto. “Manca – è stato anche precisato – una cabina di regia a livello nazionale che si aggiunge alla pesante burocrazia..” Cosa ne pensa, soprattutto considerando che l’ultima riforma portuale è dell’agosto 2016?
“Ho sempre affermato che la riforma portuale in vigore è una buona riforma. A una condizione: che venga completata e diventi realmente operativa attraverso quel tavolo nazionale di regia che ancora oggi non esiste”.
- “Blu Economy”. In un’intervista al nostro giornale Mario Mattioli, ha parlato del progetto “a cui partecipano tutte le associazioni del settore marittimo e della logistica. L’obiettivo è sviluppare un settore fondamentale non solo per una crescita “sostenibile” ma anche per le ricadute sull’economia del nostro Paese. Il cluster marittimo rappresenta il 3%, del PIL, sviluppando il sistema logistico si potrebbe toccare il 10-12%. Per raggiungere questi livelli bisognerebbe però intervenire, ammodernando non solo la nostra flotta, ma anche le banchine costruendo gli impianti di GNL”. A che punto è il progetto e cosa ne pensa?
“Ho l’impressione che sulla Blue Economy in Italia si stia giocando una partita di retroguardia. Da una parte si discute se addirittura anticipare obiettivi e scadenze per l’uso di green fuel, dall’altra si fa poco o nulla per dotare i porti di depositi di gas naturale liquefatto (gnl), cioè di uno dei carburanti a basso impatto già disponibili. E soprattutto si fa ben poco per incentivare il necessario adeguamento o il rinnovo delle flotte. Gli armatori stanno già facendo il possibile per ridurre le emissioni e questo nonostante lo shipping sia in ogni caso il mezzo di trasporto di gran lunga meno inquinante: nonostante il 90% delle merci viaggi via mare, solo il 2,6% delle emissioni di Co2 e Ghg dipende dalle navi. Quindi da parte nostra c’è il massimo della disponibilità al confronto, a patto però di voler affrontare ogni aspetto del problema, anche le ricadute economiche su un settore strategico”.
- Venendo al nuovo Governo e al Ministro delle Infrastrutture, quali sono le proposte che la sua associazione sottoporrà all’attenzione dell’on. Paola De Micheli? Sul piano, in particolare, dell’occupazione e delle infrastrutture da Lei definite “strategiche” cosa proporrete? In che modo intendente collaborare?
“Lo abbiamo ampiamente dimostrato: ASSARMATORI è sempre pronta a collaborare con le Istituzioni per risolvere i problemi e sostenere la crescita del settore. Ci comporteremo allo stesso modo con il nuovo governo e con il nuovo ministro, pronti al confronto su tutti i temi, i dossier aperti, in particolar modo quelli che riguardano l’occupazione e le infrastrutture strategiche”.
- Zes: uno strumento ideato per sviluppare le attività industriali e aumentare l’export dai porti di riferimento del Sud Italia. Da rappresentante degli armatori e da esponente di spicco del cluster marittimo genovese come valuta lo strumento? Lo ritiene adeguato all’urgenza di rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno?
“Tendo sempre a diffidare di strumenti normativi di cui si parla molto ma si fa ben poco per metterli in pratica. Le faccio un esempio: come è noto dai benefici delle Zone economiche speciali sono escluse le aziende che fanno attività di trasporto, mentre i crediti d’imposta dovrebbero valere non solo per chi ha un’attività produttiva in ambito portuale ma anche per chi gestisce magazzini di custodia e deposito e si occupa di movimento merci. Peccato però che a queste imprese sia stato attribuito lo stesso codice Ateco delle aziende di trasporto il che rende impossibile attivare la procedura telematica indispensabile per vedersi riconosciuto il diritto al credito d’imposta da parte dell’Agenzia telematica. E questa è solo una delle incongruenze che impediscono a questo sistema di decollare. Insomma, noi stiamo ancora a discutere di limiti, modalità, vantaggi delle ZES, mentre nel mondo ce ne sono operative circa 4500. E soltanto in Polonia, per limitarci a un paese europeo, hanno già prodotto circa 300 mila nuovi posti di lavoro”.
- Un’ultima domanda la vorrei riservare alle Autorità di Sistema Portuale. Ritiene che la riforma del 2016 con la creazione delle AdSP e la volontà di trasformare i porti in nodi di un sistema logistico interconnesso, vada nella direzione giusta? Soprattutto in grado di rendere i nostri scali in grado di competere con i più moderni e efficienti scali del Nord Europa?
“Ho già detto che ASSARMATORI giudica positiva la riforma portuale in atto, ma se vogliamo sconfiggere la burocrazia e far davvero concorrenza ai porti del nord Europa c’è ancora tanto da fare. Un esempio per tutti: il dibattito sulle ZES è iniziato più di 15 anni fa, ossia da quando è partita un’altra discussione senza fine, quella sullo sportello unico, non solo doganale, nei porti. Noi continuiamo a discutere, ma per il mercato internazionale il tempo non è più una variabile indipendente”.