Il ruolo di Francesco Nerli sul piano nazionale a favore della portualità
Le sue capacità di ascolto, di confronto, di politico formato alla scuola del PCI
di Francesco Saverio Lauro*
Conobbi Francesco Nerli nell’ottobre del ’96.
Io avevo quarant’anni, Francesco quarantotto. Da pochi giorni ero stato nominato Presidente dell’Autorità portuale di Napoli, che per oltre due anni e mezzo aveva atteso questa nomina per via di una contrapposizione politica che vedeva da una parte il presidente della Regione Rastrelli e dall’altra il sindaco Bassolino col governo centrale. La mia era stata una nomina tecnica, intesa appunto a sbloccare questa impasse, mentre Francesco (che si era già insediato da tempo alla guida dell’A.P. di Civitavecchia e aveva assunto la presidenza di Assoporti dopo la legge di riforma portuale n.84/94) veniva da una lunga carriera di dirigente sindacale e politico e aveva svolto un ruolo significativo sia sui banchi della Camera sia su quelli del Senato.
Il Consiglio direttivo Assoporti era allora formato dalla prima generazione dei presidenti delle autorità portuali italiane. A Trieste regnava il decano Michele La Calamita, già presidente di Finmare e amico personale dell’allora Presidente del consiglio Romano Prodi. Il presidente di Genova, Giuliano Gallanti – anche lui recentemente scomparso – pur essendosi accostato da poco al mondo marittimo, già spiccava per intelligenza e visione d’insieme. A Venezia c’era l’ottimo Claudio Boniccioli, già amministratore delegato del Lloyd Triestino, mentre a Livorno dettava legge il sanguigno Nereo Marcucci, instancabile oratore, anche lui proveniente una lunga militanza di dirigente sindacale e di partito e protagonista di accesi dibattiti su temi del lavoro portuale con l’assai professionale Giorgio Bucchioni di Spezia (come me, tra gli ultimi presidenti ad essere nominati e anche uno dei pochi a cui non fu concesso il secondo mandato), il quale, pur da posizioni di minoranza, difendeva senza timori reverenziali la sua visione marcatamente liberistica della portualità. Notai subito che Francesco, pur su posizioni contrapposte, dialogava con Giorgio con grande civiltà e rispetto per l’onestà intellettuale e per il coraggio dimostrato dal suo interlocutore.
Nerli fu infatti sì uomo di parte ma, nel solco della migliore tradizione del Partito comunista italiano, fu sempre restio a demonizzare i portatori di contrapposti interessi e posizioni ideologiche. Nel confronto era capace di ascolto e, appena la situazione lo consentiva, non perdeva occasione per lanciarsi alla ricerca di pragmatiche soluzioni di mediazione. Certo sapeva vendersi bene, forse proprio grazie a una facondia linguistica tipicamente toscana e, maliziosamente incalzato in proposito da me, soleva vantarsi del fatto che secondo lui per ragioni biografiche il suo italiano fosse figlio di entrambe le patrie della nostra lingua: Firenze e Siena.
Tuttavia, man mano che avemmo modo di conoscerci meglio, scoprii che il Nerli ex senatore e cosiddetto “ministro ombra” della portualità italiana era nel privato un uomo molto semplice. Un po’ alla volta Francesco si aprì con me nel racconto della sua gioventù priva di grandi mezzi, della difficoltà dei suoi inizi e una volta mi confidò anche del terribile stato di scoramento in cui cadde quando si trovò inaspettatamente a non essere rieletto in Parlamento.
Con lui iniziai a divenire amico durante un lungo viaggio in Estremo Oriente nel ‘97, al seguito della delegazione dell’allora ministro dei trasporti Claudio Burlando, dove strinsi contemporaneamente un’istintiva amicizia anche con il suo amico di una vita Franco Mariani. Franco venne quindi poco tempo dopo in “missione” a Napoli, nell’ambito di un’iniziativa condivisa con Francesco, proprio per rimediare al mio isolamento di “non organico” all’interno dell’establishment politico allora vigente nella città. In occasione di una fiera della logistica tenutasi a Pechino nel ‘98 tenni, grazie alla sponsorizzazione di una banca, un grande ricevimento offerto dalla Autorità portuale di Napoli.
Al mio tavolo sedevano il nostro Ambasciatore, il napoletano Bruni, e alcuni presidenti degli altri porti italiani, tra cui Francesco che, a un certo punto, mi tirò da parte e mi disse:
“Sai, tu avresti tutti i requisiti per essere conservatore però in te c’è qualcosa di diverso, forse un pizzico follia, che ti rende uno di sinistra come noi”.
Questo breve collage impressionistico di ricordi personali non vuole certo tracciare un’analisi storica della figura e del ruolo svolto da Francesco Nerli. Intendo tralasciare altri ricordi, pur particolarmente vividi, che abbracciano la sua nomina dopo di me alla presidenza dell’Autorità portuale di Napoli e il successivo periodo lungo otto anni da lui trascorso in quel ruolo.
Vorrei soltanto ricordare che durante i quattro anni del mio mandato – ottobre ‘96/novembre 2000 – Francesco ebbe un significativo ruolo, dalla cabina di regia della presidenza Assoporti, nel supportarmi per far sì che il porto di Napoli, abituato in precedenza a ricevere soltanto briciole rispetto a Genova e agli altri principali scali del Nord, vedesse premiata la propria capacità progettuale con un’allocazione record di fondi statali per gli interventi di ampliamento e ammodernamento infrastrutturale che, insieme ai rilevanti finanziamenti che ebbi modo di conseguire in seno all’intesa Stato-Regione, pose per la prima volta lo scalo partenopeo non soltanto in testa ai porti italiani ma lo dotò anche di preziose e utilissime infrastrutture.
E forse proprio grazie a quel pizzico di follia che Francesco mi attribuì durante quella magica sera a Pechino che con un solo ingegnere in organico, il compianto Giovanni Russo, qui dall’Autorità portuale di Napoli riuscimmo a elaborare una così feconda stagione di progettualità, i cui interventi infrastrutturali furono tutti approvati e divennero esecutivi nel quadriennio della mia presidenza, al termine della quale Francesco, preso il testimone, avrebbe proceduto a bandire le gare di appalto per l’esecuzione di quelle numerose e importanti opere che sono le uniche ad essere state completate nell’ultimo ventennio.
Francesco Nerli va ricordato innanzitutto per il suo equilibrio nello svolgere per molti anni un ruolo di trasmissione tra il sistema politico con i suoi addentellati sindacali e le innovazioni nel modo di concepire la portualità, intesa non come un mondo a parte ma come un elemento del più ampio sistema logistico e produttivo italiano secondo la visione che ci ha guidato fin dall’inizio.
Sono lieto di averlo incontrato circa un anno fa a un convegno a Roma assieme al suo fedele amico Mariani. Non sapevo della sua malattia ma ricordo che ci siamo istintivamente abbracciati con l’affetto di un tempo, purtroppo per l’ultima volta.
*Presidente Autorità Portuale di Napoli dal 1996 al 2000