L’ opinione
Il Forte di Vigliena deve essere recuperato all’uso pubblico
In un decreto interministeriale l’impegno dell’Autorità Portuale
Sergio Marotta *
Il Forte di Vigliena fu costruito su ordine del Vicerè spagnolo Juan Manuel Fernandes Pacheco, duca di Escalona e marchese di Villena, all’inizio del XVIII secolo. Era una batteria costiera armata di cannoni che doveva servire alla difesa della costa dagli attacchi provenienti dal mare, impedendo alle navi nemiche di fermarsi in rada.
Eppure l’episodio più importante che ha reso immortale quel luogo è legato alla sanguinosa battaglia che si svolse sulla terraferma nel giugno 1799 quando il Cardinale Ruffo, comandante in capo delle truppe borboniche lanciate alla riconquista della capitale del Regno, ordinò alle sue truppe di conquistare il Forte.
Ci furono diversi assalti condotti dalle truppe russe e turche alleate del Borbone e dal reggimento dei calabresi. Tutti gli assalti furono respinti fino a quando i cacciatori calabresi comandati dal colonnello Francesco Rapini riuscirono a entrare nel Forte dove cominciò un furioso scontro all’arma bianca. Fu allora che Antonio Toscano, nativo di Corigliano Calabro, che difendeva il Forte con le residue truppe della Repubblica, decise di dare fuoco alla santabarbara e far esplodere insieme assalitori e difensori nell’estremo tentativo di salvare la Repubblica. Era il 13 giugno del 1799.
Dopo quell’episodio il Forte non fu più ricostruito, ma fu abbandonato al suo destino. Nell’Ottocento fu addirittura usato come poligono di tiro dando un altro colpo alla sua malandata struttura.
Dopo un tentativo di fine Ottocento di farne un monumento nazionale e dopo le celebrazioni del centenario della Repubblica napoletana, la memoria del Forte fu riscoperta quasi un secolo dopo quando, alla metà degli anni Ottanta del Novecento, un prezioso volume a cura di Diego Del Rio e Salvio Esposito, pubblicato su iniziativa dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ricostruì la storia del Forte e delle vicende militari che lo videro protagonista. Da allora, però, solo in occasione del bicentenario della Repubblica napoletana del 1799 si provvide a realizzare alcuni lavori di ripristino – del tutto insufficienti – e a liberare la struttura dalla vegetazione spontanea per rendere accessibili al pubblico le rovine del Forte.
Fu in quell’occasione che il 13 giugno del 1999, su iniziativa dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e del Comitato per le celebrazioni del bicentenario della Repubblica napoletana del 1799, fu apposta sulle mura del Forte la lapide marmorea dettata da Francesco Lomonaco nel suo Rapporto al cittadino Carnot: «Chi guardando le rovine di Vigliena non sarà preso di ammirazione, è un essere che non è nato per la gloria, è un uomo a cui la schiavitù ha tolta la facoltà di pensare e di sentire. Io farei imprimere su’ rottami di quel forte l’iscrizione: “Passaggiero! Annunzia a tutt’i nemici della tirannia, a tutte le anime libere, che imitino il nostro esempio piuttosto, anziché vegetare all’ombra del dispotismo»[1].
Ma da allora il Forte è rimasto ancora una volta in condizioni di abbandono, chiuso dietro una cancellata che ne impedisce l’accesso e curato soltanto in occasione delle meritevoli iniziative dei volontari dei diversi comitati civici attivi a San Giovanni a Teduccio e, primo tra tutti, il Comitato civico guidato da Enzo Morreale che ogni anno il 13 giugno provvede a organizzare qualche evento anche solo per ricordare il sacrificio di quei giovani che trovarono la morte tra quelle mura.
Eppure non doveva andare così. Nei numerosi progetti di recupero dell’area di Napoli Est era previsto che il quartiere di San Giovanni a Teduccio dovesse ricostituire il proprio rapporto con il mare: il Forte di Vigliena avrebbe dovuto svolgere un ruolo fondamentale per riportare i napoletani a frequentare di nuovo la zona di Napoli Est dopo due secoli di pesante industrializzazione.
Non solo, ma ancora nel 2008 il decreto interministeriale che autorizzava i lavori per la Darsena di Levante prevedeva espressamente, tra le opere compensative, il recupero del Forte di Vigliena che doveva essere cofinanziato dall’Autorità portuale. Il Forte ha avuto, infatti, data la sua originaria collocazione sulla spiaggia, la sfortuna di trovarsi proprio sulla linea di espansione delle attività del porto di Napoli. Così come in passato si trovava al centro di una zona fortemente industrializzata, stretto tra la vecchia centrale elettrica di Napoli Est e lo stabilimento della Cirio mentre l’area attorno al Forte veniva divorata dall’espansione dei capannoni di diverse attività industriali.
Così mentre una parte del rivellino del Forte attende ancora di essere liberata dal terrapieno che l’ha ricoperta, la struttura mostra oggi una parte delle mura, quelle che una volta erano rivolte verso il mare, ancora visibili ai passanti a lato dello Stradone di Vigliena dietro una cancellata e una rete metallica.
Ma i Comitati, le Associazioni, i cittadini di San Giovanni, i napoletani tutti che ancora coltivano il culto dei luoghi simbolo della memoria pretendono oggi che il Forte di Vigliena venga recuperato perché la forza che è contenuta in quelle mura è ancora intatta e le vite che si sono consumate in quei luoghi attendono ancora di essere ricordate. E non solo le vite dei martiri della Repubblica napoletana del 1799, ma anche quelle dei giovani dell’esercito borbonico e quelle degli operai che si sono consumati nel duro lavoro della fabbrica e del carico e scarico delle merci nel porto pretendono oggi che quei luoghi siano di nuovo accessibili.
Così anche solo per il breve spazio di qualche istante durante la visita del Forte i visitatori potranno tornare a pensare che vi sono dei luoghi in cui la fede negli ideali della libertà e della solidarietà umana possono ancora avere un senso persino in un’epoca come la nostra in cui tutto si distrugge e si consuma e poco o niente si edifica.
E il Forte di Vigliena è uno di questi luoghi e, forse, il più importante per la nostra città.
* Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
Facoltà di Scienze della Formazione
[1] Rapporto fatto da Francesco Lomonaco patriota napoletano al cittadino Carnot ministro della guerra, Seconda edizione corretta ed acresciuta dall’Autore, Milano, Anno IX Repubblicano, p. 89.