Innovazione e ricerca: fattori imprescindibili per il successo d’impresa
Marco Zigon, Presidente Getra, obiettivo “Al Sud industrializzazione diffusa”
di Emilia Leonetti
L’incontro con il Presidente della Getra, Marco Zigon, è a Marcianise, nella sede principale dell’azienda. Mi accompagna Claudio D’Aquino, Capo Ufficio Stampa della società, a cui mi ero rivolta, conoscendoci da molti anni, per avere l’intervista. Mossa principalmente da una curiosità: affrontare con un imprenditore meridionale di successo i diversi temi ricorrenti quando si considera il gap economico del Mezzogiorno. Dal ruolo dell’imprenditore, a quello delle Istituzioni, all’importanza di saper innovare i processi e i prodotti industriali, ai temi dei servizi e dunque dell’infrastrutturazione del territorio. L’intervista ha risposto a quella curiosità, grazie anche alla professionalità, serietà e disponibilità della persona.
- Lei è Presidente di una delle aziende più innovative e di rilievo internazionale presenti in Campania. Ha per impegno diretto conoscenza delle opportunità che si aprono per imprenditori capaci di investire in settori trainanti. Dal suo osservatorio come valuta lo stato dell’industria e delle possibilità di sviluppo dell’economia meridionale?
“L’economia meridionale si basa su un tipo di industria manifatturiera che esprime aziende di eccellenza in grado di competere sui mercati globali. Imprese che hanno saputo interpretare al meglio l’opzione di Industria 4.0 e, prima ancora, le sfide dell’innovazione. Il punto critico è che nel Mezzogiorno tali industrie non sono numericamente sufficienti per ottenere lo sviluppo di Pil e occupazione di cui questa area avrebbe bisogno. Ed è evidente che, senza un Mezzogiorno in grado di recuperare la forbice rispetto al resto del Paese e alla media europea, l’Italia non potrà raggiungere in futuro significative posizioni di crescita economica. Bisogna quindi lavorare molto affinché al Sud le industrie competitive fungano sempre più da traino, con l’obiettivo di una più diffusa industrializzazione, accompagnata dall’affermazione di una cultura d’impresa che sia anche cultura all’innovazione”
- Il Mezzogiorno, Lei afferma, è importante per l’intero Paese. Viviamo, però, in un momento storico in cui si continua a considerare il Sud un’area “residuale”. Quale ruolo devono, per questo, svolgere le imprese meridionali, le Istituzioni, le associazioni imprenditoriali, le forze sociali, per riportare il Mezzogiorno all’attenzione di cui Lei parla?
“L’indirizzo di politica economica viene definito dai Governi in carica. Dovrebbero esserci tuttavia linee guida permanenti, che vengano perseguite al di là di chi di volta in volta è al timone. Accade invece che chi sopraggiunge alla guida del Paese smonta ciò che altri hanno costruito fino a quel momento, e ciò determina una grave discontinuità. A parte questo, si tratta a mio parere di cominciare a parlare di Mezzogiorno in chiave propositiva. Per farlo, dovremmo essere in grado di aprire come Sud un dialogo costruttivo con la capacità di coinvolgere l’intero Paese. Devo dire che Confindustria, sotto la guida di Vincenzo Boccia, sta svolgendo un ruolo estremamente attivo in questa direzione. Il concetto da portare avanti, in una fase in cui si pone grande attenzione al tema della autonomia differenziata, è che il Mezzogiorno ha avuto nei decenni passati disponibilità di grandi finanziamenti. Un tempo in cui, grazie alla Cassa del Mezzogiorno, è riuscito a realizzare parte della sua dotazione di infrastrutture, passando da economia prettamente rurale a una struttura economica di tipo industriale. Non possiamo nasconderci tuttavia che sono state male utilizzate molte risorse. Questo è un aspetto ineludibile nel dibattito in corso, sicché ora si tratta di analizzare e riconoscere gli errori commessi e ripartire con un piano di ampio respiro in grado di colmare un gap infrastrutturale ad oggi persistente. Occorrono progetti che tengano conto del ruolo attuale del Mezzogiorno in un’area euro-mediterranea. Alle classi dirigenti del Sud spetta il compito di giocare la carta dell’innovazione a tutto campo, non solo nel settore manifatturiero, ma in quello turistico come nelle energie rinnovabili, e in generale in tutti i settori legati allo sviluppo sostenibile. Tutto ciò richiede la capacità di lavorare tutti insieme ad un progetto cui destinare ingenti risorse. Un progetto che, diversamente dal passato, sia credibile, condiviso, in grado di garantire il corretto impiego delle risorse, fissando gli obiettivi da raggiungere nei tempi e nelle modalità previste.”
- La Getra destina il 4% del fatturato alla ricerca, settore che sviluppa con la società “Getra Engeneering e Consulting” la quale si avvale di collaborazioni con Università e centri di ricerca internazionali. Tornando quindi ai fattori che incidono sul successo di un’impresa, quale peso ha l’attività di ricerca?
“Innovazione e ricerca sono fattori imprescindibili. Nelle economie occidentali non c’è più spazio per imprese “labour intensive”, presenti invece nei Paesi a minore costo di manodopera. Pertanto dobbiamo puntare alla crescita di tecnologie e competenze in grado di rendere competitive le nostre aziende negli scenari globali. Il concetto di innovazione, lo ribadisco, non va inteso in relazione solo alla componente tecnologica ma anche, ad esempio, al campo del marketing, al mondo delle infrastrutture, ai collegamenti, all’intermodalità. Ci vuole anzitutto innovazione del territorio, perché per confrontarsi con gli scenari globali è necessario che sia anzitutto il contesto a risultare vincente”
- Getra opera da sempre nell’area di Caserta. Come avete superato il gap di infrastrutture e servizi rispetto a chi lavora nel Nord dell’Italia? E più in generale quale peso ha per un imprenditore essere in un territorio maggiormente connesso e con la possibilità di accedere a servizi pubblici efficienti e trasparenti?
“Abbiamo affrontato il tema del disallineamento infrastrutturale cercando soluzioni competitive e adeguate. Facciamo l’esempio dei trasporti che, per i nostri prodotti di grandi dimensioni, sono un elemento cruciale. Per noi è fondamentale avere a disposizione un sistema portuale efficiente, dove le compagnie di navigazione, che ci collegano ai mercati di nostro interesse, offrano servizi di qualità a prezzi competitivi. Non v’è dubbio che le infrastrutture, in termini di collegamenti e tecnologie di rete, siano essenziali. Se vogliamo far crescere il nostro tessuto industriale dobbiamo assicurare servizi di connessione per accedere ai mercati di sbocco. A Napoli abbiamo avuto un lungo periodo difficile da questo versante, ora la situazione è migliorata.”
- In una recente intervista al nostro giornale, il Direttore per il Mezzogiorno di Banca Intesa San Paolo, Francesco Guido, ha osservato che “le infrastrutture sono indispensabili, il credito è utile, ma sono convinto che l’aspetto principale sia il cambiamento della cultura d’impresa. Mi riferisco ad un approccio coraggioso e sistematico da parte degli imprenditori. Dobbiamo aumentare il numero di grandi imprenditori e questo è più importante delle infrastrutture e della quantità del credito.” E’ d’accordo?
“Non v’è dubbio che per ottenere l’effetto di un aumento del PIL del Mezzogiorno dobbiamo fare crescere le imprese trainanti. La capacità d’impresa e la cultura industriale sono entrambe necessarie. Potremmo infatti triplicare il numero delle aziende competitive, ma se il nostro territorio dovesse continuare a conservare un notevole gap rispetto ad altri territori, sarebbe uno sforzo vano.”
- Veniamo alla recente scelte di dar vita alla ZES. Uno strumento creato per invogliare imprenditori italiani e stranieri a investire in Campania e in altre regioni del Sud, cosa ne pensa?
“Se è vero che dobbiamo promuovere la crescita del sistema imprenditoriale per avere uno sviluppo duraturo, allora disporre di aree attrattive anche sul piano della semplificazione delle procedure amministrative è una scelta obbligata. Le ZES sono uno strumento importante. Però non mi risulta che, ad oggi, si siano registrati insediamenti significativi nelle loro aree. Lo dico perché per il successo dell’operazione il fattore tempo è determinante.”
- Il sistema portuale campano: dal 2016 con la riforma si è creato il sistema dei porti di Napoli, Salerno e Castellammare. Come valuta a tre anni dall’avvio della riforma la scelta, soprattutto quali differenze nota in termini di governo, di programmi e di risultati rispetto alle gestioni precedenti?
“Ho apprezzato i risultati raggiunti in tre anni. Ho constatato che i traffici sono cresciuti e questo è importante anche per la nostra azienda, che da tempo utilizza il porto di Napoli per il trasferimento dei nostri prodotti in varie aree del mondo. Dobbiamo, però, migliorare il sistema di collegamento, e soprattutto l’intermodalità. Lo dico perché spesso riscontriamo costi legati alla logistica nettamente superiori a quelli di altri Paesi europei. E tale elemento incide inevitabilmente sulla competitività di tutte le imprese che esportano merci e prodotti verso i mercati del mondo”.