L’Opinione
La relazione tra il porto e la città di Castellammare di Stabia
Serve un colpo di reni per cambiare. Parole d’ordine «sinergia» e «rete di eccellenze»
di Raffaele Schettino*
Sette chilometri di costa bagnati da un mare di occasioni sprecate. Dalla foce del Sarno, che resta il fiume più inquinato d’Europa, ai capannoni di Fincantieri, sotto i quali si vive di precarietà. Eccola Castellammare di Stabia, tutto ciò che poteva essere e non è stato, un puzzle di progetti disconnessi, spesso col fiato corto, a volte nati già in terapia intensiva. Qui la storia d’avanguardia d’inizio Novecento a un certo punto s’è fermata e le lancette hanno iniziato a girare all’incontrario. Una lenta involuzione politico-amministrativa e l’inevitabile ripercussione sugli aspetti economici e sociali. Ovviamente, Castellammare non è un’eccezione lungo la fascia vesuviana che sorge dalla Penisola Sorrentina e tramonta a Napoli Est. Amministrazioni miopi e talvolta chiacchierate, imprenditori incapaci di fare sistema, campanilismi esasperati, nemmeno uno straccio di progetto comprensoriale. Il terreno fertile di un disarmo preoccupante che va fermato chiamando a raccolta le forze sane.
Qui va rifondata la filosofia di sviluppo simmetrico del territorio, va insegnato il concetto istituzionale e sociale di città Metropolitana che non è mai decollato, va cullata una grande visione. Non si può immaginare di salvare un pezzo di terra abbandonandone un altro perché ognuno influenza l’altro e sebbene cambino le sfumature dei colori, da Ercolano a Castellammare le tinte del futuro restano drammaticamente fosche.
L’antica Stabiae può essere la locomotiva della provincia sud di Napoli: ha le risorse, le eccellenze, la storia. Tuttavia il tempo scorre inesorabile e i treni dello sviluppo passano senza fermarsi. Se è vero che oggi la città vive in cima a un piano inclinato col fiato sospeso, mentre una commissione d’accesso spulcia atti e delibere a Palazzo Farnese in cerca di presunti condizionamenti della malavita, è altrettanto vero che da anni si trascinava nei suoi stessi malesseri. Gli equivoci urbanistici; la pressione della camorra, che ha ammazzato due consiglieri comunali; l’assenza di infrastrutture, che tarpa le ali al commercio e alla ristorazione; il mancato risanamento ambientale dell’arenile, del Sarno e dei rivi trasformati in fogne che sono zavorra per il turismo; la precarietà del centro storico; le barriere di cemento, come i giganteschi silos inutilizzati, che dividono la città dal mare; l’atavica battaglia per il waterfront che blocca lo sviluppo di Marina di Stabia, la messa a sistema delle attività da diporto e la riconversione delle strutture di archeologia industriale; lo spreco delle fonti salutari e l’impasse sulle Antiche Terme; lo stesso futuro di Fincantieri che tiene sulle spine 900 famiglie.
Serve un colpo di reni per cambiare il corso della storia. «Sinergia» e «Rete di eccellenze» devono diventare dogmi. Serve il coraggio per uno slancio culturale e ideologico che superi l’arte del dividersi in odiose questioni di cortile, la visione provinciale e quell’esasperato senso di appartenenza che diventa ostacolo all’autocritica.
L’approvazione del Piano regolatore portuale, per esempio, può diventare un appuntamento con la storia dal momento che deciderà la città del futuro. Va discusso, partecipato, modellato. Va immaginato in sinergia tra le istituzioni e le imprese, senza demonizzare i capitali privati. Lo sviluppo è un’idea e le idee nascono dal confronto. Basta una scintilla, magari come quella provocata da Andrea Annunziata, nuovo presidente dell’Autorità portuale di Napoli. Ha immaginato «una stazione crocieristica a Castellammare» e l’ha raccontata attraverso le colonne di Metropolis. Un’idea semplice e illuminante al tempo stesso. Un sogno a portata di mano: Castellammare trasformata nella porta d’accesso via mare per tutta l’area archeologica vesuviana, per le straordinarie attrazioni turistiche della Costiera e per l’immenso patrimonio naturalistico dei Monti Lattari e del Vesuvio.
Una grande visione che ha bisogno di uomini che sappiano guardare l’orizzonte.
*Direttore Metropolis