ZES: nasce un nuovo modello di porto
Deandreis: “Finalmente in linea con i porti più avanzati”
Di Emilia Leonetti
Massimo Deandreis è Direttore Generale di SRM (Studi e Ricerche del Mezzogiorno): il centro ricerche collegato al gruppo Intesa Sanpaolo. Uno dei principali think tank italiani, che ha tra i suoi ambiti di ricerca la maritime economy, con particolare attenzione allo stato ed alle prospettive di sviluppo del settore portuale.
SRM affianca e supporta sinergicamente l’Autorità Portuale di Napoli, ora AdSP del Mar Tirreno Centrale nella fondamentale attività di analisi dei mercati e dei flussi di traffico nell’area del Mediterraneo.
Le ragioni dell’intervista sono legate alla nascita della ZES, zona economica speciale, l’ultima significativa novità sul piano dell’attivazione di investimenti in attività produttive nelle aree portuali di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, cui SRM ha fornito contributi importanti nella definizione del “piano strategico” ora all’esame del Governo.
- Massimo Deandreis, partiamo dal piano strategico sulle ZES della Campania, presentato di recente al Governo dopo l’approvazione da parte della Giunta Regionale. Cosa prevede? Quale scenario si apre per l’economia e lo sviluppo anche occupazionale della Regione?
“Iniziamo col dire che le ZES sono un intervento molto importante e, in questa fase, limitate solo all’economia del Mezzogiorno. L’aspettativa, infatti, è favorire un effetto occupazionale significativo. Il concetto stesso di ZES richiama un modello portuale innovativo, moderno, più simile ai modelli portuali efficienti di altre parti dell’Europa e del Mediterraneo. Siti in cui il porto non è solo un luogo dove le merci arrivano e partono e dove ci si deve occupare dell’efficienza del carico e scarico, ma è un polo di sviluppo e innovazione. Nei modelli portuali avanzati, il porto è un hub di sviluppo dove la funzione primaria di passaggio di merci e persone si inserisce in un territorio dove si insediano attività produttive collegate direttamente o indirettamente all’attività portuale, ma anche attività di ricerca, incubatori oppure addirittura Università. Non posso non sottolineare che un nostro partner, la Kuhne Logistics University specializzata in economia dei trasporti e della logistica della Germania, ha la sua sede in prossimità del porto di Amburgo, segno di una sinergia fondamentale che deve esserci tra mondo della ricerca e mondo dei trasporti marittimi. Siccome in Italia i porti sono stati concepiti negli anni passati come un luogo di partenza e arrivo di merci e persone, aver dato vita alle ZES significa aver affermato un cambio di paradigma.
Le ZES prevedono nell’ambito di un territorio delimitato delle agevolazioni burocratiche e fiscali per le aziende che si insediano e anche per società di servizi e del terziario, un concetto diverso e più ampio di quello delle Zone Franche. L’idea è avere un pacchetto di vantaggi che non è tutta nell’area portuale ma che si estende anche su altri spazi purché connessi al porto. Una scelta che abbiamo condiviso perché i porti, come quelli di Napoli e Salerno, non hanno spazi enormi alle spalle e quindi comprendere nell’area ZES una pluralità di punti dà la possibilità di espandere il raggio di azione e di pianificare meglio gli interventi di sviluppo. La sfida è importante anche perché entriamo in un panorama competitivo dove già molti porti dell’area MED hanno le Zone Economiche Speciali e dobbiamo almeno essere al loro pari”.
- La interrompo perché prima di esaminare le sfide che ci attendono, vorrei soffermarmi sulle differenze tra “Free zone” e “ ZES” a cui lei faceva riferimento e a cui vi siete in qualche modo ispirati.
“La differenza è sulla dimensione dell’area alle spalle di un porto ed anche sul piano fiscale. Le faccio un esempio: negli Emirati Arabi, la free zone di Dubai e Abu Dhabi prevedono che le imprese abbiano vantaggi fiscali e doganali. Nel senso che è possibile importare merci all’interno della free zone per sottoporle a ulteriori cicli di lavorazioni e poi riesportare le stesse merci senza applicare dazi doganali. E’ un concetto più esteso e in Europa sono tendenzialmente vietate per evitare la concorrenza sleale. In Italia qualcosa di simile c’è a Trieste ma solo perché di origine storica risalente a prima della nascita dell’Unione Europea.”
- Tornando allo scenario. SRM ha lavorato al piano strategico, con l’auspicio che il Governo lo approvi. Quale scenario si apre per la Campania?
“Il nostro impegno è ora di collaborare insieme ai nostri partner bancari, nel favorire le relazioni con imprese che potrebbero essere interessate a investire. E’ un’attività di marketing territoriale che porteremo avanti insieme all’AdSP, per rendere note le opportunità di fare investimenti vantaggiosi nella ZES Campana. Come gruppo bancario noi siamo presenti di fatto in ogni parte del mondo ed in Italia con il Banco di Napoli copriamo tutto il Sud per cui ci preoccuperemo di aiutare anche le altre Autorità di Sistema delle regioni meridionali. E’ nel nostro interesse riuscire a promuovere l’utilizzo di uno strumento innovativo di politica industriale e logistica.”
- A novembre 2017, l’AdSP ha firmato un accordo con il Banco di Napoli. L’accordo, come è precisato nel documento, “deve consentire una relazione di lungo periodo e di stretta collaborazione con le ADSP per sostenere le imprese che attorno ai sistemi portuali realizzeranno lavori di riqualificazione e potenziamento, nuovi insediamenti con nuovi posti di lavoro, crescita dei sistemi logistici a beneficio dei settori economici circostanti. L’obiettivo è sostenere la mission delle nuove ADSP del Mezzogiorno perché garantiscano al sistema manifatturiero del Meridione nuove e potenziate capacità di intercettare flussi commerciali internazionali, ampliando così i mercati di sbocco dei prodotti e delle eccellenze territoriali” Quali sono i passi da compiere per attuare quanto previsto?
“Il Banco di Napoli ha messo a disposizione un plafond di 1 miliardo e mezzo di euro per sostenere imprenditori pronti a investire nelle ZES. Ci muoveremo tenendo conto che il piano strategico prevede lo sviluppo di settori che SRM ha sempre analizzato come eccellenze come l’energy, il farmaceutico, e poi le 4A: automotive, aerospazio, agroalimentare e abbigliamento. I settori sono quelli sui quali punteremo per attrarre nuovi investimenti produttivi o per espandere realtà già esistenti che mostreranno interesse, in questa fase, a sviluppare l’ attività, sfruttando vantaggi fiscali, e che siano soprattutto orientate all’export che possano quindi interagire con l’area portuale. Perché altro obiettivo del piano strategico della ZES è rafforzare la portualità come perno di un sistema logistico che faccia tutt’uno con industria e commercio. Per svolgere questa attività noi, come le dicevo, definiremo incontri con imprenditori partendo dalla nostra rete. Abbiamo già tenuto diversi meeting alla presenza di colleghi della nostra divisione “Corporate” che sono quelli cui fa riferimento una importante rete di imprese, nel mondo, di grandi dimensioni. Abbiamo fornito loro elementi utili perché informino i loro clienti circa l’opportunità di investire nell’area ZES.”
- Il Banco di Napoli mette a disposizione, lo ha ribadito Lei prima, un plafond di un 1,5 miliardi di euro perché ritiene che le ZES possano diventare autentiche aree di eccellenza e motori di sviluppo sostenibile dell’economia del Mezzogiorno. Quali sono le condizioni perché ciò avvenga?
“Noi crediamo molto nel ruolo che i porti hanno come motori dello sviluppo del Mezzogiorno e del Paese. Il plafond è la dimostrazione che puntiamo sui porti della Campania e di tutto il Mezzogiorno. L’AdSP del Mar Tirreno Centrale è stata la prima a siglare l’accordo con il Banco di Napoli e questo è motivo di grande soddisfazione.”
- In che modo l’istituzione della ZES potrà favorire anche lo sviluppo dell’imprenditoria locale?
“Per rispondere alla sua domanda devo fare una premessa: Le ZES hanno caratteristiche non assimilabili alle free zone. Giusto per fare un esempio il porto di Tangeri, è dotato di un’area retroportuale immensa che ha consentito, grazie all’accordo con il Governo francese, di trasferire buona parte della produzione della casa automobilistica “Renault” a Tangeri che in quel sito produce le Dacia. Le ZES, invece, non sono concentrate in un’unica zona ma consentono con un’operazione a macchia di leopardo, di insediare nuove attività e/o di sviluppare quelle già esistenti. La ZES è potenzialmente conveniente anche per operatori già localizzati nell’area e che possono approfittare dei vantaggi fiscali e burocratici previsti per ampliare capannoni o attività. In teoria si delinea un quadro equilibrato tra parte dell’ economia locale e parte dell’economia estera che deve arrivare. L’attrazione è un pezzo del lavoro, l’ altro pezzo è far capire a chi è insidiato il vantaggio di investire o espandere l’attività. Tale compito compete, principalmente, alle Istituzioni locali. Il plafond che abbiamo previsto è per chiunque faccia investimenti seri e credibili. La nostra parte l’abbiamo fatta sia come SRM, dando un sostegno in termini di definizione di scenari economici e marittimi, sia come Gruppo Bancario prevedendo un supporto economico per chi voglia investire.”
- Quale ruolo svolgeranno gli Interporti di Nola e Marcianise ? Le faccio questa domanda perché al tema delle ZES è collegato lo sviluppo di una rete intermodale di trasporto e l’esistenza di un sistema logistico per lo stoccaggio e la movimentazione della merce. Che ruolo dunque avranno gli Interporti?
“Gli Interporti sono presenti nel piano strategico come area ZES. Il primo passo sarà migliorare le connessioni tra porti e interporti, creando i collegamenti ferroviari. Gli interporti avranno poi un ruolo importante come aree di smistamento e di stoccaggio della merce non solo nella fase in cui le aree portuali si satureranno, ma in generale in tutte le attività di logistica di cui gli Interporti dovranno farsi carico. E dovranno anche avere un ruolo importante nella fase di marketing territoriale cercando di catalizzare investimenti. Tutti dobbiamo lavorare in tal senso.”
- Lei è a capo di uno dei principali centri di ricerca nazionali sul settore marittimo. In base alle vostre analisi, da qui ai prossimi dieci anni, quale peso avranno i porti di Napoli e di Salerno nell’economia meridionale, a quali condizioni, alla realizzazione di quali interventi infrastrutturali? Quanto peso avrà nel successo la governance dei porti?
“La visione sul Mediterraneo ce l’abbiamo da tempo ed è stata alla base della proposta che ha portato alla nascita delle ZES. Esse sono nate perché, per tempo, si è visto cosa accadeva pensando a come attrezzarsi. Con la Cina che cresce, con il raddoppio di Suez ed altri fenomeni come il gigantismo navale il Mediterraneo ha assunto un ruolo centrale. Punto chiave è capire in che modo l’Italia che si trova al centro del grande traffico, possa intercettare le merci e diventarne base logistica per lo smistamento in uscita e in entrata verso l’Europa. I porti del nord già sono collegati con il cuore dell’Europa, mentre quelli del Sud possono servire tutta l’economia fino alla pianura Padana. La logica è questa e avviene se si crea massa critica. Per questo più insediamenti produttivi vi sono meglio sarà per il territorio. E’ un circolo virtuoso che si deve attivare. Le ZES sono il primo robusto mattone del processo. Le infrastrutture sono importanti soprattutto quelle ferroviarie. L’intermodalità è l’elemento che favorisce il sistema perché la connessione fornisce flessibilità, indispensabile per il successo dei sistemi portuali. Anche la governance dei porti è importante. Oggi i principali Presidenti dei porti sono persone competenti, che conoscono il sistema portuale e dei trasporti ed hanno una visione condivisa sul tipo di sviluppo. Il punto chiave però resta per me la flessibilità e la duttilità rispetto ad uno scenario in cui, l’Italia si trova in una posizione geografica favorevole anzi unica”.